martedì 7 marzo 2017

GIANCARLO TRANFO

Gesù di Nazareth sincresi di un’infinità 
di archetipi
 Giovanna Canzano
intervista
di Giancarlo Tranfo
22/02/2008

…“Il nascente cristianesimo, per garantire a se stesso la straordinaria diffusione
che poi di fatto ebbe tra popoli di fede e cultura diverse,
prendendo a pretesto un fatto politico e locale (del quale abbiamo fondati indizi negli scritti di Giuseppe Flavio) e riconvertendolo in evento universale e trascendentale,
assimilò in una gigantesca sincresi un’infinità varietà di archetipi appartenenti agli antichi culti pagani e misterici sui quali costruì il personaggio di Gesù di Nazareth,
dando così l’avvio alla realizzazione di quelle fondamenta teologiche che due secoli dopo saranno poste a base del credo niceano”. (Giancarlo Tanfo)

CANZANO 1– Alcuni agnostici ed atei affermano che escludendo "qualche oscuro riferimento in Giuseppe Flavio e simili", non ci sono prove storiche della vita di Gesù al di fuori della Bibbia. Nonostante l'evi denza dell'accuratezza e della fedeltà storica del Nuovo Testamento della Bibbia, tu escludi che tali prove sono vere?

TRANFO - E’ bene innanzitutto intendersi sui termini. A tal proposito devo precisare che il linguaggio e la cultura comuni al nostro tempo riconoscono immeritatamente al Nuovo Testamento il valore di una testimonianza storica che il tempo ha conservato inalterata dall’accadimento dei fatti narrati ai nostri giorni, tanto è vero che “Vangelo”, nella comune accezione, è divenuto sinonimo di “verità”.
In realtà non c’è nulla di più falso. I Vangeli a noi noti non sono che il frutto di secolari manipolazioni, tagli, aggiunte e correzioni di parti preesistenti.
Lo storico Celso nel suo Discorso Veritiero, già nel II secolo, rivolgendosi ai cristiani ebbe a dire: “La verità è che tutti questi pretesi fatti non sono che dei miti che voi stessi avete fabbricato senza pertanto riuscire a dare alle vostre menzogne una tinta di credibilità. È noto a tutti che ciò che avete scritto è il risultato di continui rimaneggiamenti fatti in seguito alle critiche che vi venivano portate".
Gli antichi redattori e i successivi “correttori” degli scritti neotestamentari, dovettero tener conto, oltre che delle esigenze così ben rappresentate dalle parole del loro contemporaneo Celso (che li spinse ad adeguare progressivamente la propria “testimonianza” all’evangelizzazione di popoli votati a culti e tradizioni diversi) anche della necessità di distanziarsi dal variegato microcosmo delle sette eretiche che si sviluppò nei primi secoli della nostra era, minacciando l’univocità della costruzione teologica faticosamente realizzata e posta a base della fede cristiana. Un’operazione di tale complessità (considerando anche il lungo arco di tempo durante il quale si svolse) non poté che favorire l’insorgenza di errori e disarmonie tra i racconti, che da sempre il “pulpito” si guarda bene dall’evidenziare e che per lo studioso serio (esegeta, critico testuale o storico che sia), costituiscono motivo di riflessione ed approfondimento. 
Non mi riferisco soltanto alle insanabili contraddizioni biografiche nella rappresentazione del personaggio di Gesù di Nazareth che, secondo il Vangelo preso a riferimento, nacque nel 4 a.c. o nel 6 d.c., che dovette fuggire in Egitto o rimanere dov’era, che ebbe genealogie tra loro non sovrapponibili, apostoli di numero diverso e con nomi differenti, che fece miracoli diversi, che fu crocifisso alla presenza di persone diverse e resuscitò lasciando sbigottite dinnanzi al sepolcro vuoto testimoni diversi (potrei continuare per molto ma preferisco fermarmi qui).
Non mi riferisco, dicevo, soltanto a tali scoordinate attestazioni ma anche a quegli scomodi residui testuali o scorie spurie che, dietro al mite “Agnello di Dio” o “Salvatore del Mondo” lasciano intravedere un agitatore politico di stampo nazionalistico e fede messianista. E’ grazie ad essi che siamo a conoscenza del nomignolo con il quale Gesù appellò i propri apostoli: “Boanerghes” che significa “figli del tuono” o, secondo alcuni  esperti di lingua aramaica “della vendetta”. Grazie agli stessi sappiamo che il mite San Pietro era chiamato “Barjona” che tradotto significa “latitante alla macchia” e che, molto tempo dopo aver staccato un orecchio con un colpo di spada ad una guardia del tempio sul Monte degli Ulivi (Giovanni, 18:10), soppresse i coniugi Anania e Zaffira, rei di non aver versato alla comunità il ricavato della vendita di un loro terreno (Atti, 5:1-11).
Ancora grazie agli stessi incontriamo un Gesù che invita i suoi discepoli ad armarsi: “L'ora è venuta, chi non ha una spada venda il mantello e ne compri una… ed essi dissero: "Signore ecco qui due spade" (Luca, 22:36), che istiga il popolo alla disobbedienza fiscale: “Abbiamo trovato quest'uomo che sovvertiva la nostra nazione, istigava a non pagare i tributi a Cesare e diceva di essere lui il Cristo re.” (Luca, 23:2), che invoca la guerra: "Sono venuto a portare il fuoco sulla terra; e come vorrei che fosse già acceso! pensate che io sia venuto a portare la pace sulla terra? No, vi dico, ma la divisione” (Luca, 12:49), che ignora le preghiere quando non provengono dal suo popolo “Io non sono stato mandato che alle pecore perdute della casa d'Israele… non è bene prendere il pane dei figli per buttarlo ai cagnolini” (Matteo, 15:24; 26). 
Anche su questi aspetti potrei continuare per mol to ma credo di aver già a sufficienza dimostrato quanta poca attendibilità storica ci sia nella testimonianza dei Vangeli e, soprattutto nella ricostruzione del personaggio di Gesù di Nazareth la cui immagine è stata ricomposta dalla dottrina cristiana in una sorta di teorico “quinto canone” nato in seno alla tradizione apostolica (condizionata fin dall’inizio dalla cultura ellenistica) e diffuso a piene mani all’ombra del campanile ad ignare folle chiamate all’estasi mistica e dissuase da sempre dallo studio della storia e dalla comprensione della verità (beati i poveri di spirito…). 
Dopo aver risposto alla seconda parte della tua domanda, cercando come ho detto di dimostrare, nei limiti di uno spazio ragionevolmente contenuto, che “i Vangeli e gli Atti degli Apostoli sono letteratura” (come dice il prof. R.H. Eisenman nel suo ultimo libro “Giacomo il fratello di Gesù”), pa sso ora alla prima parte della stessa affrontando il tema della sporadicità delle attestazioni, da parte degli storici dei primi secoli, sul personaggio di Gesù. 
Tu stessa citi Giuseppe Flavio, riferendoti a quella che sostanzialmente è l’unica testimonianza alla quale la fede cristiana ha fatto riferimento per secoli prima di arrendersi di fronte all’evidente natura apocrifa della stessa (ormai anche la Chiesa sembra aver cessato di sostenere l’autenticità del passo).
Se il Testimonium Flavianum (così è chiamato il passo in questione) fosse realmente scaturito dalla penna del più accreditato storico di fatti giudaici del I secolo, dovremmo registrare, fin dalla riga successiva allo stesso, la conversione di un integerrimo sacerdote ebreo quale era Giuseppe (di discendenza sacerdotale e di stirpe Asmonea) alla fede cristiana.
Poiché, tuttavia, tale “dichiarazione di apostasia” appare come un’isolata “nota stonata” e fuori posto nel percorso testuale e cronologico dell’opera, poiché appare per la prima volta soltanto nel IV secolo dalle “pie mani” di un noto falsario (reo confesso) che risponde al nome di Eusebio di Cesarea (gli stessi “Padri della Chiesa” che lo precedettero dimostrarono di non conoscere tale passo che, se presente, sarebbe loro ritornato più che utile), poiché, infine, nei suoi contenuti ripropone in maniera pedissequa gli stessi capisaldi del credo niceano varato sotto l’egida del potere imperiale costantiniano non meno di due secoli dopo la morte di Giuseppe Flavio (“seppure bisogna chiamarlo uomo…questi era il Cristo… Pilato lo punì di croce… apparve loro il terzo giorno”), poiché per tutti questi e per molti altri motivi, che sarebbe estremamente lungo esporre, il passo in questione non può essere considerato autentico, non resta che ammettere che su quaranta storici del tempo, tra i quali sono da comprendere Giusto di Tiberiade e Filone d’Alessandria che vissero in quei tempi e in quei luoghi (o vicino ad essi), nessuno si accorse degli straordinari prodigi dispensati da Gesù di Nazareth, a cominciare dalla sua nascita annunciata da una stella fino a terminare con la sua morte (per non parlare della resurrezione…) che, secondo Matteo, provocò oscuramenti, terremoti con epicentro il Golgota, resurrezioni dei santi e squarci del velo del tempio!
E’ come se la più straordinaria vicenda di tutti i tempi si fosse svolta sotto gli occhi di decine di storici di indiscusso credito testimoniale senza che gli stessi fossero stati in grado di vederla! 
Dal canto proprio i Vangeli ci presentano un quadro edulcorato dove fermenti sociali e tensioni (così drammaticamente rappresentate dagli storici) stingono e svaniscono in una mistica e stasi celestiale. Non appaiono mai gli zeloti (se non nell’appellativo di un apostolo rimasto per sbaglio al suo posto), sono completamente assenti gli esseni (definiti da Giuseppe Flavio “terza filosofia”), nonostante lo straordinario peso ideologico che gli stessi ebbero nell’universo culturale e fideistico della Palestina di quei tempi, non vengono registrate le sommosse e non si parla del sangue quotidianamente sparso per via delle stesse… insomma, non solo la storia, quella testimoniata dagli storici, non conosce Gesù ma la storia di Gesù non conosce quella testimoniata dagli storici.! 
Potremmo giustificare il fenomeno ricorrendo alla teoria degli “universi paralleli” ma usciremmo inevitabilmente dal seminato delle “evidenze” alle quali lo storico è tenuto ad attenersi.

CANZANO 2 – Tu cito il “Discorso Veritiero” dello storico Celso che già nel II s ecolo aveva accusato i cristiani di raccontare menzogne, ma, se già nel II secolo c’erano dei dubbi, come ha fatto il cristianesimo con queste basi a diventare il centro della cultura occidentale?

TRANFO – La nostra conoscenza della storia, con riguardo alle origini del cristianesimo, è fortemente condizionata dalle convinzioni indotte in noi tutti fin dall’età scolare.
In realtà, quello che abbiamo appreso sui banchi e all’ombra del campanile non è altro che una “rappresentazione accomodata” di eventi che, per antefatti, implicazioni e conseguenze, sono lontano anni- luce da ciò che accadde realmente.
Per spiegarmi meglio, prima di rispondere direttamente alla tua domanda ti invito a riflettere su uno degli argomenti intorno ai quali l’immaginario “subculturale” didattico, narrativo e perfino cinematografico (Ben Hur, Quo Vadis ecc.) ancora oggi fa leva p er suscitare emozione e  partecipazione: le  persecuzioni. 
Come sai l’impero romano rappresentò l’espressione più avanzata  del progresso e della civiltà cosmopolita e plurirazziale del mondo antico. Roma fu tollerante con tutte le tradizioni e le fedi dei popoli  sottomessi ai quali consentì di praticare il proprio culto ed edificare templi conservando peraltro anche gli ordini sacerdotali ad essi  preposti.
Ti sei mai domandata come mai Roma non riuscì ad essere  tollerante proprio nei confronti dei miti e pacifici oranti di fede cristiana disposti a  dare “a Cesare quel che è di Cesare”?
Perché Tacito e Svetonio espressero un così vivo disprezzo per  un’umile e innocua fede conciliante con il potere e volta a valorizzare esclusivamente il mondo celeste?
Come mai per tre secoli imperatori saggi ed equilibrati come Traiano, Antonino Pio, Marco Aurelio e molti altri, se non alimentarono le persecuzioni contro i cristiani si guardarono comunque bene dal liberalizzarne il culto?
La risposta è una sola: la nuova fede fu vista come una seria  minaccia all’ordine pubblico in quanto ispirata dal pensiero messianico-autonomista di estrazione giudaica e animata da spirito di rivalsa contro le  istituzioni del potere imperiale.
Se c’era una cosa nei confronti della quale Roma non conosceva  tolleranza alcuna, questa era proprio la minaccia nei confronti  dell’ordinamento istituzionale.
Fino almeno alla seconda metà del II secolo i “perseguitati” non ebbero nulla a che fare con la fede in Gesù Cristo (il cui personaggio degiudaizzato e reso universale era in corso di coniazione  esclusivamente in seno al giudaismo revisionista di stampo ellenistico).
A finire in catene o nell’arena non furono i miti e pacifici “santi”  come la storiografia cristiana ci induce a credere ma i giudeo messianisti  ribelli e irrassegnati di fronte al ritardo da parte di Dio nell’adempimento  di una promessa biblica che li voleva liberi e sovrani del mondo.
Soltanto nel III secolo il cristianesimo “paolino” ebbe la meglio  sui “cristianesimi secondari” che iniziarono ad essere criminalizzati e bollati come  eresie (il libro di B. D. Ehramn “I Cristianesimi perduti” presenta un esaustivo quadro del variegato planetario di infinite  espressioni del primo cristianesimo e delle dinamiche di fagocitazione di quelle  “perdenti” da parte della “forma vincente” che ancora oggi regna incontrastata).
Tuttavia per almeno un secolo ancora il cristianesimo dovette  lottare sia sul fronte interno (contro la proliferazione delle forme “deviate”)  che su quello esterno (il pote re imperiale) non ancora in grado di  distinguere le vecchie forme politico insurrezionali di stampo giudaico dalla  nuova e compiuta espressione di fede universale assecondante (ora si!)  con le istituzioni. Soltanto nel IV secolo, di fronte al dilagare della nuova fede (grazie alla crisi dei valori espressi dall’obsoleto politeismo romano-ellenistico), Costantino ebbe la geniale intuizione di stabilire la più micidiale  alleanza di tutti i tempi sotto l’egida della quale nei secoli successivi sono stati sterminati interi popoli e distrutte o assoggettate straordinarie civiltà.
Non fu l’uomo (Gesù) a cambiare il mondo ma il mondo a  cambiare l’uomo per i propri fini di potere.
Questa lunga premessa è stata necessaria per poter  adeguatamente rispondere alla tua domanda.
Celso, vissuto sotto Marco Aurelio, fu un’espressione  culturalmente avanzata di quel pensiero istituzi onale che ebbe ben chiari i pericoli  connessi allo sviluppo di una mistificazione, un’autentica impostura che,  favorita dall’ingenuità e dall’ignoranza dei ceti popolari, già in quel tempo  aveva iniziato a riconvertire il fondamentalismo giudaico messianista e intollerante in “pacifismo” universale e conciliante, la spada in  ramoscello d’ulivo, la croce (simbolo d’infamia e sovversione) in strumento  salvifico e redentivo, il riscatto giudaico in promozione dell’uomo e del  mondo. Se tali “riconversioni” e “ricicli” furono chiari per Celso che ne  denunciò la fraudolenza, essi non lo furono per le masse semianalfabete e in  piena crisi di valori alle quali prevalentemente (e non a caso)  l’evangelizzazione cristiana proponeva il giusto riscatto della “vita eterna” (mutuato  dal riscatto “in terra” al quale e ra originariamente volta la lotta messianista). 
A quei tempi la cultura non circolava certo come oggi. Non c’erano giornali né internet e con ogni probabilità il  “risentimento istituzionale”, giustamente motivato dal timore delle turbative per l’ordine pubblico, fu vissuto dagli stessi destinatari della repressione  (ignari delle reali origini ideologiche della propria fede) come un ingiusto  e immotivato accanimento contro l’amore universale del quale si  sentivano portatori. La denuncia di Celso restò circoscritta ad un ambiente che già ne  conosceva i contenuti e ne condivideva l’orientamento, ecco perché non  arginò minimamente lo straordinario sviluppo che il cristianesimo ebbe successivamente.
Non avremmo mai saputo nemmeno dell’esistenza della preziosa  testimonianza offerta dal “Discorso Veritiero” se non fosse stato per Origene che  più di un secolo dopo pensò bene di ripescare questo “scheletro”  dall’”armadio” degli scritti censurati dalle “pie mani” della Chiesa per confutarne  parola per parola il contenuto in un’opera apologetica di otto libri titolata “Contro Celso”.
Le intenzioni di Origene erano “buone” dal punto di vista della  difesa della dottrina cristiana, tuttavia non penso che la Chiesa (che peraltro  nel VI secolo lo rinnegò) gli sia mai stata grata per tale “felice idea”…

CANZANO 3– Nella teologia <http://it.wikipedia.org/wiki/Teologia>  cristiana, la verità dogmatica che discende dalla rivelazione divina viene considerata talmente evidente che coloro che non la accettano si pongono al di fuori della chiesa <http://it.wikipedia.org/wiki/Chiesa_(istituzione)>  stessa e sono tacciati di eresia <http://it.wikipedia.org/wiki/Eresia> , al punto che una loro proposta di discussione o revisione per il cristianesimo può portare all'esclusione dalla partecipazione al culto. Quando e come sono nati i dogmi?

 TRANFO - Nell’economia delle poche righe delle quali dispongo non è facile rispondere in maniera esaustiva a questa domanda. Cercherò, pertanto, di seguire “in volata” il percorso storico che ha portato la Chiesa a far vincere la  propria “verità rivelata” contro tutte le “deviazioni” teologiche che, soprattutto nei primi secoli,  ne minavano il primato.
Ho già accennato alle origini della fede cristiana colloca ndone la nascita e il successivo sviluppo in epoca non anteriore alla metà del II secolo, quando il messianismo giudaico e insurrezionale dell’”attesa”, una volta tramontata ogni possibilità di successo, iniziò a riconvertirsi in cristianesimo “gesuano” dell’”avvento”,  proponendo come “storica” una lettura mistica e leggendaria dei fatti accaduti in Palestina almeno un secolo prima.
Il nascente cristianesimo, per garantire a se stesso la straordinaria diffusione che poi di fatto ebbe tra popoli di fede e cultura diverse, prendendo a pretesto un fatto politico e locale (del quale abbiamo fondati indizi negli scritti di Giuseppe Flavio) e riconvertendolo in evento universale e trascendentale, assimilò in una gigantesca sincresi un’infinità varietà di archetipi appartenenti agli antichi culti pagani e misterici sui quali costruì il personaggio di Gesù di Nazareth, dando così l’avvio alla realizzazione di quelle fondamenta teologiche che due secoli dopo saranno poste a base del credo niceano.  
Ciò, tuttavia, non fu sufficiente, almeno all’inizio, a garantire alla nuova fede una “corsia privilegiata” di affermazione rispetto alle innumerevoli sette esistenti. Per avere un’idea dell’enorme variegazione di orientamenti diversi in seno al nascente cristianesimo, e conseguentemente della fatica che il cristianesimo “paolino” dovette affrontare per affermarsi sugli altri, basti pensare che le attuali diversità tra riti, confessioni e chiese in seno alla fede cristiana non esprimono che in minima parte quello che fu il panorama  di quel tempo.
In una tale “selva ideologica” di “cristianesimi diversi”, alcuni tesi a valorizzare l’avvento messianico in forma apparente ed incorporea (docetismo) altri incentrati sulla n atura esclusivamente umana e non divina di Cristo, uno solo si rivelerà “vincente”, giungendo ai nostri giorni in veste di “unica” e “indiscutibile” verità rivelata, proprio grazie all’intolleranza verso qualsiasi diversità teologica e fideistica.
La strada scelta impose innanzitutto la stesura di un canone scritto, per evitare che i “punti fermi” della verità “rivelata” si diluissero e svanissero nella fluidità delle tradizioni orali in perenne metamorfosi evolutiva.
Dalla scelta di quattro tra innumerevoli altri Vangeli, nacque così il Nuovo Testamento (successivamente oggetto di interventi correttivi e interpolazioni ancora stratificate nel tessuto narrativo) nel quale la biografia di un erede davidico giustiziato dai romani sulla croce per il reato di “lesa maestà”, fu mescolata con le parole di un “illuminato di nome Yeshua (Gesù ) condannato dal sinedrio alla lapidazione avvenuta a Lydda negli anni successivi alla guerra del 70 d.c.
Sul nuovo uomo/dio, come accennato,  fu modellata la fisionomia di tutti i “Soter” pagani (maternità virginale, nascita in una grotta al solstizio d’inverno, morte e resurrezione dopo tre giorni, ascesa al cielo, promessa di un ritorno alla fine dei tempi ecc.).
Tutti coloro che non si riconobbero nei canoni (frutto di arbitrarie a fallaci scelte umane) furono isolati, maledetti e successivamente perseguitati.
Così nacque l’eresia, parola la cui originale accezione greca (αιρεσις, scelta)  è ben lontana dal significato negativo al quale siamo stati condizionati dalla tirannia culturale esercitata dal cristianesimo perfino in campo lessicale.
Con questa espressione divenuta simbolo d’infamia, venne etichettato quel multiforme mondo ideologicamente non all ineato (per un aspetto o per l’altro) alla “verità rivelata direttamente da Dio”.
Gli eretici furono perseguitati dalla Chiesa perfino quando essa stessa era ancora a propria volta perseguitata in quanto, nonostante ormai nemica giurata del giudaismo e assecondante con il potere di Roma, continuava ad essere dallo stesso ritenuta  erede ideologico di quell’antico fondamentalismo sviluppatosi nella più ingovernabile delle province e  non ancora dimenticato.
Ignazio di Antiochia, Ireneo di Lione, Ippolito di Roma, furono perseguitati e subirono il martirio dopo aver lasciato a loro volta al mondo una testimonianza di irriducibile avversione contro qualsiasi “devianza” o semplice diversità teologica o dottrinaria dall’unica “verità rivelata”.
Tuttavia non servì a molto lasciare fuori dalla porta le “diversità”, in quanto all’interno stesso della Chi esa l’eresia continuò a svilupparsi insidiando l’univocità del “verbo”.
D’altra parte il secolare processo che portò alla definizione della “verità rivelata Dio” (frutto in realtà di prevaricazioni e compromessi tra uomini…) fu così profondamente condizionato dalle lotte intestine (nelle quali furono coinvolti ideologi ed ecclesiastici) che, prima di assumere la attuali forme, detta “verità” assunse mille volti diversi: in un tale frenetico divenire, un pensiero quale può essere l’investitura divina di un Cristo precedentemente umano (adozionismo) o la diversità di sostanza tra il Figlio e il Padre (arianesimo), poteva, da un concilio all’altro, passare dall’”altare” alla “polvere”.
Per Ignazio Gesù derivò sia da Maria che da Dio, Ireneo preferì l’idea dell’incorporamento, O rigene quella della mescolanza (krasis), Ippolito quella dell’irradiazione ecc.
Il concilio di Nicea del 325, voluto da Costantino, servì proprio a dare una connotazione stabile e definitiva all’impianto teologico cristiano.
Nacque così il “credo”, ancora oggi coralmente recitato dall’assemblea dei fedeli radunata dinnanzi al pulpito: un allucinante surrogato di assurdità maldestramente fissate in quella circostanza e successivamente integrate, corrette e riformulate nei concili successivi per contrastare le nuove eresie e per meglio adattarsi alle nuove esigenze delle sacre alleanze con l’impero o, più tardi, con le grandi monarchie.
Ogni singola espressione presente nella nota preghiera, ha una storia ed un fine preciso che non ha nulla a che vedere con la testimonianza di qualsiasi  verità né con alcuna umana logica.
L’incredibile miscuglio di allucinanti elucubrazioni cam uffate da affermazioni di fede, in frequenza ininterrotta e in reciproca contraddizione, fu frutto dell’immaginario schizofrenico, ma… illuminato dallo spirito santo (sic!), di una chiesa alla disperata ricerca di un’identità dogmatico- teologica da definire e da opporre alle pericolose “devianze” espresse delle eresie, mediante la sua “professione di fede” spacciata per “verità” in barba all’umano buonsenso! 
Se qualsiasi fedele di media intelligenza si soffermasse per un momento a riflettere sulle “sante” e familiari parole che almeno domenicalmente pronuncia (ma al fedele è chiesto di non riflettere…), si accorgerebbe di aver da sempre recitato, senza rendersene conto,  un insensata e delirante adesione a quello che può essere definito un autentico manifesto della follia recante la firma contraffatta di Dio!
Gli autori di tale “contraffazione” son o gli stessi che ancora oggi difendono ed ostentano il proprio primato apostolico a sostegno del quale fanno pretestuosamente valere il verso di Matteo 16:18 “E anch'io ti dico: tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia chiesa, e le porte dell'Ades non la potranno vincere” da loro stessi maldestramente introdotto nel canone neotestamentario.
In base a questa assurda pretesa di rivestire il ruolo di ambasciatore di Dio in terra,  “Sancta Romana Ecclesia” da quasi duemila anni pronuncia e interpreta la parola di Dio… a proprio ed esclusivo fine di potere e il dogma non è che l’aspetto più sfrontato ed arrogante dell’esercizio abusivo di tale ruolo.
Nei secoli, con il ricorso a tale strumento, le più straordinarie assurdità sono state proclamate “verità assolute e indiscutibili” come se fossero state pronunciate dalla viva voce di Dio.
La prima espress ione concreta di tale intollerabile abuso fu quella della “consustanzialità” del Figlio rispetto a Padre (Nicea, 325), successivamente integrata dall’indecifrabile “unità trinitaria” (Costantinopoli, 381), cervellotico compromesso tra l’ostentato monoteismo di ebraica derivazione e l’evidente politeismo di un culto incentrato sull’adorazione del “Figlio” oltre che del “Padre”.
A complicare ulteriormente le cose intervennero poi le pronunce su Maria che finì, di fatto, con l’assumere il ruolo di “quarta persona trinitaria”.
La sua “carriera” iniziò nel Concilio di Efeso del 431 (precedentemente il suo nome non trovava posto nemmeno tra quelli dei santi pronunciati nelle litanie) grazie a Cirillo d'Alessandria che fece in modo che fosse definita "madre di Dio", adoperandosi con ogni mezzo (lecito e illecito) per la promulgazione de l dogma della maternità divina.
Esiste addirittura un elenco di regali (eulogias) che lo stesso distribuì ad alti funzionari imperiali per ingraziarsene i favori allo scopo di evitare il suo arresto, legittimare il Concilio contro un altro di orientamento nestoriano in contemporaneo svolgimento e, soprattutto,  ottenere il riconoscimento del dogma al quale teneva tanto.
Seguì poi la proclamazione della sua perpetua verginità (Costantinopoli, 553). 
Dopo più di un millennio, nel 1854, venne stabilita la sua nascita in assenza di macchia (immacolata concezione) mentre soltanto nel 1950 se ne proclamò l’assunzione in cielo anima e corpo! 
E’ da notare che quando Pio XII, parlando a nome di Pietro asserì quest’ultima verità rivelata (da chi... visto che gli stessi Vangeli non ne sanno nulla?) ”infallibilmente" (grazie ad altro dogma simile a quello in base al quale i parlamentari aumentano lo stipendio a se stessi…),  in cielo volavano già gli aerei (dai quali la Madonna non fu avvistata…), qualcuno pensava alle prime missioni spaziali, da un capo all'altro del mondo si parlava con il telefono, in America già esisteva la televisione e quattro anni dopo arrivava anche in Italia.
Eppure fu creduto e, cosa più grave, lo è ancora!
Sull’esistenza di questo straordinario “telefono senza fili” che congiunge il “trono di Pietro” con l’”alto dei cieli” non mancano le conferme talvolta immediate: Pio IX non aveva ancora nemmeno riposto la penna con la quale nel 1854 firmò “per conto di Dio” (sic!) l’immacolata concezione di Maria, che nel 1858 a Lourdes una contadinella ignorante di nome Bernadette Soubirous se la ritrovò davanti con il biglietto da visita in mano “Io sono l’immacolata concezione”: &egrav e; come se io, dovendomi presentare, dicessi “io sono il concepimento di Giancarlo Tranfo”!
Per brevità trascuro le altre straordinarie perle di saggezza “divina” (quali l’istituzione del purgatorio o la transustanziazione), per soffermarmi ancora un momento sui dogmi cristologici e su quelli mariani e proporre una riflessione sulle assurdità  che derivano dalla loro interazione: se Gesù, perfettamente umano e divino (Calcedonia, 451)  è uno con il Padre (Costantinopoli, 381) e Maria è madre di Dio (Efeso, 431) e cioè di Gesù, allora è anche madre del Padre (uno con il figlio) e figlia di suo figlio (uno con il Padre) che dunque è anche suo padre e che, essendo nato prima dell’inizio dei tempi è nato prima di sua madre...
In questo incesto alla rovescia con andata e ritorno nel tempo… chi può illuminarmi sul ruolo del povero Giuseppe e su come lo stesso abbia potuto trasmettere la propria discendenza davidica al “Re dei Giudei”?

BIOGRAFIA

Giancarlo Tranfo è nato a Roma nel 1956. Provenendo da una nobile famiglia di integerrima fede cattolica e di antica tradizione forense, per onorare la proprie origini  si è laureato in Giurisprudenza, dedicandosi tuttavia successivamente allo studio del cristianesimo delle origini.
Circa dieci anni fa decise di cimentarsi in una ricerca storica, condotta sulle fonti ellenistico- romane e neotestamentarie, volta a confermare la tradizione cristiana e, in particolare, il personaggio di Gesù di Nazareth al quale, fin da bambino, si sentiva molto legato.
Gli esiti di tale impegno furono, tuttavia, diametralmente opposti alle premesse e il suo lavoro, arricchendosi nel contempo dell’apporto di nuove conoscenze sui culti del mondo antico, approdò, dopo varie tappe intermedie, ad una prospetti va di radicale negazione delle origini storiche del personaggio di Gesù.
Soltanto nel 2005, a seguito di un travaglio di coscienza dal quale si dice non ancora uscito, Tranfo ha deciso di pubblicare il suo primo studio in internet realizzando il sito web www.Yeshua.it , del quale è tutt’ora unico curatore, che in meno di tre anni ha ricevuto circa duecentomila visite.
Negli ultimi tempi Tranfo ha acquistato una certa notorietà, soprattutto nel mondo web, a seguito di due iniziative che hanno avuto vasta eco: una pubblica sfida epistolare a dimostrare la storicità di Cristo, lanciata agli avvisi del prof. F. Bisconti, segretario della Commissione Pontificia di archeologia sacra, e una pungente recensione del libro di J. Ratzinger “Gesù di Nazareth”, ripresa da centinaia di siti web e blogs, pubblicata da riviste specializzate in indagini storiche “di frontiera&rdq uo; e inserita in appendice al secondo libro di Luigi Cascioli “La Morte di Cristo, cristiani e cristicoli”. 
Ad aprile 2008 Tranfo pubblicherà il suo primo libro “La Croce di Spine- Gesù: la storia che non vi è ancora stata raccontata”, edito da Chinaski Edizioni di Genova, che sarà facilmente reperibile  presso le principali librerie italiane o che, in alternativa, potrà essere ordinato presso lo stesso sito www.Yeshua.it .
Nel suo libro Tranfo, avventurandosi in lungo percorso testuale di circa 450 pagine,  affronta la spinose problematiche connesse allo studio storico del cristianesimo primitivo, avvalendosi dei criteri di ricerca suggeriti dalla metodologia scientifica.
L’immagine di Cristo che questo lavoro restituisce al lettore è quella di un personaggio leggendario, frutto di una creazione letteraria ispirata ai semidei dell’antichità pagana, iniziata nel secondo secolo e completata in quelli successivi.
La biografia evangelica del Messia cristiano  sarebbe stata costruita attingendo alla vicenda reale di due personaggi storici realmente esistiti: il figlio primogenito di Giuda il Galileo, discendente davidico della famiglia Asmonea e fondatore della setta degli zeloti, arrestato dai romani sul Monte degli Ulivi e crocifisso per il reato di lesa maestà  e  Yeshua (Gesù) detto ben Panthera, il figlio illegittimo di un soldato romano di stanza in Palestina tra il 6 e il 9 d.c., divenuto un “illuminato” profeta, elevato dal popolo al rango di messia sacerdotale, successivamente condannato dal sinedrio ebraico per i reati di apostasia e stregoneria, lapidato a Lydda (vicino Gerusalemme) nel 73 d.c. ed appeso ad una croce.
Dall’unione del messia sacerdotale  Yeshua (Gesù) con il terribile messia davidico “Kristos” (Cristo, Unto) figlio di Giuda il Galileo, sarebbe nato l’unico Gesù Cristo che perdendo ogni originale connotazione ebraica, avrebbe nel tempo acquistato la stessa fisionomia degli antichi Soter universali di origine pagana e orientale, divenendo tra il II e il IV secolo d.c.  il “Re del Mondo”.

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