martedì 29 marzo 2011

GIULIO LEONI


Giovanna Canzano
intervista
GIULIO LEONI

23 febbraio 2009



La biblioteca di Alessandria è uno dei grandi luoghi del nostro immaginario collettivo. E' una sorta di archetipo:
 dall'età di Tolomeo, passando per Borges fino a internet, noi siamo affascinati dall'idea che possa esistere una sorta di grande contenitore di tutto il sapere possibile, uno spazio dove l'albero del bene e del male abbia messo radici e possa essere a nostra disposizione senza timore di angeli vendicatori.
Ci affascina tutti, forse perché nel profondo la sentiamo come una sorta di barriera contro la morte.
(Giulio Leoni)



CANZANO - Un Dante Alighieri che indaga, ('I delitti del Mosaico' Mondadori), e, nella severità di investigatore, si perde nella sensualità della bellezza di Antilia, un'altro Dante Alighieri, ma solo attraverso la sua opera, La Divina Commedia, è protagonista del romanzo se posso dire, esoterico di Matilde Asensi, 'L'ultimo Cantone', Sonzogno, come si puoi coniugare Dante e la sua Divina Commedia in due romanzi completamente diversi tra di loro?

LEONI - Di certo perché la personalità del Poeta è talmente ricca di sfumature da consentire, come per la sua opera, una lettura a livelli diversi, e anche contrastanti tra di loro. E poi per un motivo, diciamo così, più tecnico: all'estero per forza di cose Dante viene identificato con la Divina Commedia, che però è opera della maturità, successiva al lungo periodo del suo impegno politico in Firenze e a tutto il travaglio morale che poi verrà riassunto nell'allegoria della "selva oscura". A me interessava invece il Dante più giovane e "perduto", quello delle rime petrose e della tenzone con Forese Donati, del Fiore e del Detto d'amore. Un uomo insomma nella cui mente risuonassero più le grida e il furore di Campaldino, che non le mistiche armonie dei cori angelici.

CANZANO - Nel suo libro 'I delitti del mosaico' a p. 311 della edizione Oscar Mondadori, parla della comunità ebraica di Alessandria e della famosa biblioteca che, oltre alle mappe, celava tra i suoi scafali anche altri libri segreti, perchè non dedicare a questa biblioteca un'intero libro? Dal momento che lei può sulla base di argomenti veri costruirci un romanzo dove i particolari li può decidere lei?

LEONI - La biblioteca di Alessandria è uno dei grandi luoghi del nostro immaginario collettivo. E' una sorta di archetipo: dall'età di Tolomeo, passando per Borges fino a internet, noi siamo affascinati dall'idea che possa esistere una sorta di grande contenitore di tutto il sapere possibile, uno spazio dove l'albero del bene e del male abbia messo radici e possa essere a nostra disposizione senza timore di angeli vendicatori. Ci affascina tutti, forse perché nel profondo la sentiamo come una sorta di barriera contro la morte. Quanto a un possibile romanzo, non è da escludersi: anche se l'argomento è già stato trattato autorevolmente, sia in trasposizione simbolica come nel Nome della Rosa, o direttamente come in Tesoro di Cussler. Del resto, c'è sempre un modo nuovo di fare le cose antiche, no?  

CANZANO - 'Una terra sconfinata a forma di clessidra...' che era il grande segreto custodito nelle mappe in possesso dagli ebrei, come mai gli ebrei già sapevano dell'estitenza  delle Americhe?

LEONI - Sulla possibilità che i popoli antichi possedessero una conoscenza del mondo più ampia di quanto comunemente ritenuto si è molto discusso, e si continua a discutere. A partire dall'opera ormai canonica di Hapgood, Maps of the Ancient Sea Kings, si è sviluppata negli anni una vastissima letteratura sull'argomento, di cui anche la storiografia più ortodossa comincia a tener conto. Il punto è che l'Atlantico è tutto sommato abbastanza facile da attraversare, anche con imbarcazioni relativamente semplici come quelle fenice. Farlo è più una questione di volontà che di tecnica, ed è davvero ingeneroso nei confronti degli antichi navigatori pensare che mai nessuno abbia tentato di spingersi oltre le colonne d'Ercole prima di Colombo. Che qualcuno l'abbia fatto sembra invece provato dalle numerose mappe che circolano in Europa a partire dai primi del 500, famose tra tutte quelle di Piri Reis e di Orontius Finaeus. In cui appaiono dei tratti sconcertanti:non tanto la rappresentazione delle estreme coste americane e dell'Antartide, ancora ufficialmente sconosciute, quanto la notevole esattezza della mappatura di quelle zone, accostata invece alle imprecisioni ancora presenti nella rappresentazione del bacino mediterraneo e dell'Asia, molto meglio conosciuti.
Esiste solo una spiegazione logica: chi realizzò le carte rappresentava l'Europa e l'Oriente sulla base delle sue conoscenze dirette, utilizzando i portolani e le testimonianze di cui disponeva, e avvalendosi di un sistema di proiezione spesso grossolano e impreciso. Mentre nella rappresentazione delle terre sconosciute si limitò a riportare passivamente quello che aveva trovato in carte più antiche, senza apportare alcuna variazione personale. Di qui l'apparente paradosso. Il fatto poi che nella mappa di Orontius l'Antartide sia molto più grande della realtà non è a mio avviso una prova della della falsità della teoria. Sin dai pitagorici si credeva che per problemi di equilibrio del globo, le terre meridionali dovessero essere pari a quelle settentrionali: è possibile quindi che il cartografo abbia volutamente ingrandito l'area del continente di cui non sapeva nulla, in modo da soddisfare le presunte esigenze di carattere fisico. 
Ora mi sembra abbastanza plausibile immaginare che queste antiche mappe, se sono esistite, siano transitate per la biblioteca d'Alessandria: e posto che alcune di esse siano sopravvissute alla sua distruzione, facilmente passarono nelle mani della comunità ebraica egiziana, fortemente ellenizzata e culturalmente in grado di apprezzarne il valore. Come poi siano giunte nelle mani dei cartografi europei è fonte di speculazione: senza voler tirare in ballo gli onnipresenti Templari, immagino che abbiano raggiunto gli ebrei spagnoli e lì, alla corte di re Alfonso di Castiglia, sia cominciato quel lungo processo di analisi e di studio che, per vie traverse e tuttora sconosciute, arrivò forse allo stesso Colombo. Questo per quel che riguarda l'aspetto psudoscientifico della cosa: a me come narratore ovviamente bastava molto meno, anche la sola leggenda delle Isole Felici, per raccontare la mia storia.  


CANZANO - ROMA GIALLO FACTORY (RGF) è un gruppo di autori romani di Giallo e Noir (G&N) di recente costituzione e nasce ad opera degli scrittori Luigi De Pascalis, Giulio Leoni, Massimo Mongai, Massimo Pietroselli, Biagio Proietti, Maurizio Testa, Nicola Verde.
RGF si propone di incontrare, conoscere, aggregare autori d’area romana che abbiano pubblicato almeno un romanzo giallo o noir con scrittori di cinema, TV, fumetti, ma anche con operatori d’altre forme d’arte, purché interessati al Giallo ed al Noir.
Gli  scopi di RGF sono:
1.- Promuovere in tutti i modi l’incontro fra professionisti della scrittura G&N
2.- Creare occasioni di verifica, confronto, scambio di opinioni e pareri tra autori del genere
3.- Dare vita ad occasioni d’incontro con lettori, media, giornalisti, editori, produttori cinematogra-fici e televisivi, autorità ed enti interessati alla produzione culturale.
4.- Sostenere e promuovere in ogni sede la letteratura italiana di G&N.

PARLAMI DI TE - Sono nato a Roma nel mese di agosto, intorno alla mezzanotte, il sole nel Leone. In quel momento sorgeva all’orizzonte la costellazione dei Gemelli, signori della curiosità  discontinua.
Dopo una laurea in Lettere sui linguaggi della poesia visiva mi sono occupato per qualche anno di Organizzazione aziendale, prima di giungere alla conclusione che al mio temperamento si addiceva meglio una totale disorganizzazione di cose e persone, in modo da poterne fare oggetto di narrazione.
In anni giovanili mi sono appassionato alla rara materia esoterica, appresa in primis alla cattedra di Filosofia del Rinascimento. Da questi studi ho tratto alcune cognizioni in materia astrologica e chiromantica, e insieme passione per l'affascinante arte dell’Illusionismo, cugina profana dei più seri riti iniziatici.
Divido equamente il tempo tra molti altri interessi. Per esempio la letteratura del Duecento e le avanguardie artistiche del secolo appena trascorso. Ho scritto alcune cose in proposito, ma quello di cui sono più orgoglioso è stata la creazione e la direzione di Symbola, rivista di poesia e letteratura sperimentale.
E' soprattutto il mondo dell’insolito e del non finito ad appassionarmi. Gli aspetti controversi della storia, le sue leggende, i suoi spettri. Quello spazio suggestivo tra la verità dei fatti e l'incertezza del possibile.
Qui trovo i personaggi di cui mi innamoro in ogni racconto, e che cerco di far vivere nelle parole: sperando di divertire e interessare il lettore allo stesso modo in cui mi diverto io a immaginarli.
Nel 2000 ho vinto il premio Tedeschi, con DANTE ALIGHIERI E I DELITTI DELLA MEDUSA, in cui per la prima volta venivano rivelate le straordinarie doti investigative del Sommo Poeta, coinvolto in un complotto dalle proporzioni inimmaginabili.
Successivamente, ne LA DONNA SULLA LUNA, ho svelato i torbidi retroscena delle riprese dell’omonimo film di Fritz Lang, funestate dal delitto e dalla follia esoterica del Nazismo.
Nel 2003 ho narrato in E TRENTUNO CON LA MORTE, sulle sfondo dell’impresa fiumana di d’Annunzio, le circostanze inattese della morte dell’enigmatico dottor Zoser, l’uomo capace di fotografare il futuro, arso dall’elettricità in una stanza sigillata.
Ulteriori ricerche effettuate su materiali del Trecento mi hanno consentito nel 2004 di scrivere I DELITTI DEL MOSAICO, un’altra avventura di Dante in cui il poeta scoprirà, in un’insospettata città del male nascosta sotto Firenze, le tracce di un segreto sconvolgente. 
E' stata poi la volta di una nuova avventura nazi-cinematografica, ambientata sul set della grande Leni Riefenstahl: IL TRIONFO DELLA VOLONTA'.
Nel 2005 è uscito I DELITTI DELLA LUCE, romanzo che chiude la trilogia delle avventure fiorentine del Poeta, seguito da una storia scritta per i lettori più giovani, IL DESERTO DEGLI SPETTRI.
Di tanto scrivo anche racconti, in molti dei quali ho ripreso alcuni dei personaggi dei romanzi. Inoltre collaboro sin dalla sua nascita con IL FALCONE MALTESE, rivista di noir e narrativa gialla. Alcuni articoli li potete trovare sul sito.
Tutte le mie opere più recenti sono edite da Mondatori.


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FILIPPO FORTUNATO PILATO



La religione olocaustica

Giovanna Canzano

intervista

FILIPPO FORTUNATO PILATO
                                                                                             24 giugno 2009

“La religione olocaustica, dove tutto il popolo giudaico moderno viene sacralizzato attraverso l'olocausto massimo della shoà, è la sintesi di un ben congegnato meccanismo di ricatto e mantenimento in perenne soggezione, delle masse occidentali in particolare. Mentre da un lato si rendono sacre solo le sofferenze dei giudei e non di altri popoli, dall'altro si pretende la perenne espiazione di colpe mai commesse da parte di popoli assogettati a sensi di colpa che non dovrebbero avere. Con questo ricatto e con questi falsi sensi di colpa, indotti da un esercito di  nani e ballerine al servizio di Sion, stampa, editoria, cinema, finanzieri e politicanti, ed ahimè...purtroppo anche religiosi di Santa Romana Chiesa poco prudenti (ad essere gentili), se non proprio compiacenti (ad essere sinceri), Israele si è potuta permettere per oltre sessant'anni di agire impunita compiendo i peggiori crimini contro l'umanità, uccidendo, rubando, espropriando, imprigionando, rendendo la vita impossibile alla popolazione indigena arabo-palestinese, come a tutti i popoli confinanti.  Io, che mi reco per motivi umanitari spesso in Palestina, ho potuto vedere e provare anche sulla mia pelle l'arroganza e la disumanità che guida le menti dei capi e dei gregari sionisti”. (Filippo Fortunato Pilato)


CANZANO 1- I termini come ebraismo, giudaismo e sionismo, nonchè semitismo, perchè non devono essere confusi, specialmente oggi?

PILATO Perchè è nella confusione dei termini che si creano falsi ideologici, spingendo l'opinione pubblica ignara (più per cattiva volontà e distrazione, che per una reale incapacità d'intendere) a credere quel che gli si vuole far credere.
Sinteticamente, se per ebraismo ci possiamo riferire al ceppo razziale veterotestamentario (quello, per sommi capi, delle 12 tribù), parlando di giudaismo si intende identificare piuttosto quella confessione religiosa che venne abbracciata succesivamente anche da popoli non di ceppo ebraico (è il caso delle popolazioni africane, falascia e sefarditiche in generale, come di quelle del nord caucasico meglio conosciute come kazare, convertitesi in massa nel primo millennio d.C.) non necessariamente definibili, o comprovabili razzialmente nel loro dna, come ebraiche.  Il sionismo invece è un''ideologia politica, originariamente laica, scaturita dalla mente di alcuni membri della comunità giudaica verso fine '800. Esso, il sionismo, facendo leva sulla cultura settaria rabbinica, ben radicata e inculcata sin dalla tenera età nella mente dei membri della comunità, anche se non credenti e praticanti, è invece la giustificazione ideologica del colonialismo israeliano moderno, operante ben prima ancora che la religione olocaustica fosse imposta, come senso di colpa indotto, a tutti i popoli del pianeta. Infine il semitismo, che volontariamente i sionisti o filo-sionisti inducono ad essere co nfuso e parificato con i termini precedentemente citati, per poter poi criminalizzare come "razzista antisemita" chiunque osi criticare i crimini di guerra e contro l'umanità della colonia sionista in Terra Santa, è l'identificazione nel ceppo razziale originario semita comune a diversi popoli afro-orientali, tra cui gli Arabi, ma anche gli Accadi di Mesopotamia, gli Amorrei, gli Aramei, i Cananei, gli Ammoniti, i Moabiti, gli Idumei, ed infine gli ebrei. 

CANZANO 2-  E’ vero che c'è un forte legame che unisce e rende dipendenti da un rapporto di causa-effetto il giudaismo e il sionismo?


PILATO – Certamente. Hanno poco da raccontarci la storiella che il sionismo è un movimento laico, che i kibbutz erano e sono (anche se in calo vertiginoso in quanto ad attrattiva tra i giovani, e pure tra gli emigranti di madre giudea che preferiscono insediarsi nelle colonie, dove non fanno praticamente nulla a parte infastidire i contadini arabi e dove sono sicuri di poter contare su forti sovvenzioni statali e private) laici di matrice praticamente socialista, che l'aspetto religioso è indipendente da quello politico, e frottole del genere: tutto fumo negli occhi. La realtà è che senza l'indottrinamento rabbinico, che è alla base dell'etica deviata giudaica, anche di quella laica, gnostica o ateizzante, e senza la fissazione di essere "il popolo eletto", carnalmente, non esisterebbe una così radicata convinzione, da parte dei coloni come da parte delle autorità di Tel Aviv (che furono coloni anch'essi, e pure i primi fondatori di gruppi terroristici) che tutto ciò che fanno, anche le carognate peggiori ai danni della popolazione autoctona che lì vive e lavora da secoli ininterrottamente, è lecito e giustificato da una causa superiore, addirittura da Dio. La causa fondante del sionismo politico risiede nel giudaismo-rabbinico talmudico. Ho servizi fotografici interi di rabbini che benedicono carri armati, bombe e cannoni che saranno utilizzati per massacrare civili palestinesi e libanesi, come abbiamo testimonianza di come i rabbini capi d'Israele dessero, anche durante la recente carneficina di Gaza, a cavallo tra il 2008 ed il 2009, dispense e benedizioni per poter bombardare i villaggi palestinesi durante il sabato giudaico, lo shabbat shalom.  



CANZANO 3- Non esisterebbe il sionismo, come ideologia laica di Stato, senza le radici e le aspirazioni apocalittiche rabbinico-giudaiche (intese come espressione di un messianismo spurio) su cui fonda la sua ragion d'essere?

PILATO – A questa domanda, involontariamente ho già dato parziale risposta precedentemente, ma posso aggiungere che il progetto originale sionista prevede solo come inizio tattico l'occupazione graduale di vaste porzioni di territorio arabo-palestinese, ma ciò a cui punta è in realtà l'estensione del controllo geografico a tutta quell'area compresa tra il Nilo e l'Eufrate, il così detto Eretz Israel, il Grande Israele biblico (che tale in realtà non fu mai, neppure nel tempo di massimo splendore e potere da parte delle tribù). Questo progetto venne compreso solo in ritardo dagli Stati arabi confinanti con la Palestina, che di fronte all'aggressivit& agrave; espansionista giudaico-sionista cercarono, maldestramente ed in ritardo, di porre rimedio e freno. Ma i capi sionisti, ben armati e organizzati in previsione di una reazione araba inevitabile al loro espansionismo, giocarono sempre d'anticipo. Senza una visione messianico-apocalittica (spuria, deviata) non si sarebbero potuti incitare gli animi di generazioni di emigranti giudei che con la terra di Palestina non avevano alcun tipo di relazione. Tutti gli emigranti giudei che provenivano, e provengono tutt'ora, dalla Russia, da paesi slavi, dal nord-Europa, dagli USA, dall'Africa, ecc., non hanno nulla nel loro dna o nel passato delle proprie famiglie, nei secoli, che li possa ricollegare in qualche modo alla Terra Santa di Palestina. Il collante è la follia millenarista giudaico-rabbinica della "terra promessa" e del "popolo eletto". Ed è tanto più evidente che si tratti di una fissazione paranoide, di un'illusione di massa, che persino gruppi cristiani, i cristianisti sionisti, americani e non, sostengono (specie quelli americani) il colonialismo sionista israeliano. 

CANZANO 4- La religione olocaustica risulta essere l'alibi teologico-razziale di questa falsa spiritualità materialistica, incarnata dal sionismo dello Stato d'Israele, che fa da collante appunto tra giudaismo "religioso" e sionismo "laico"?

PILATO – La religione olocaustica, dove tutto il popolo giudaico moderno viene sacralizzato attraverso l'olocausto massimo della shoà, è la sintesi di un ben congegnato meccanismo di ricatto e mantenimento in perenne soggezione, delle masse occidentali in particolare. Mentre da un lato si rendono sacre solo le sofferenze dei giudei e non di altri popoli, dall'altro si pretende la perenne espiazione di colpe mai commesse da parte di popoli assogettati a sensi di colpa che non dovrebbero avere. Con questo ricatto e con questi falsi sensi di colpa, indotti da un esercito di  nani e ballerine al servizio di Sion, stampa, editoria, cinema, finanzieri e politicanti, ed ahimè...purtroppo anche religiosi di Santa Romana Chiesa poco prudenti (ad essere gentili), se non proprio compiacenti (ad essere sinceri), Israele si è potuta permettere per oltre sessant'anni di agire impunita compiendo i peggiori crimini contro l'umanità, uccidendo, rubando, espropriando, imprigionando, rendendo la vita impossibile alla popolazione indigena arabo-palestinese, come a tutti i popoli confinanti.  Io, che mi reco per motivi umanitari spesso in Palestina, ho potuto vedere e provare anche sulla mia pelle l'arroganza e la disumanità che guida le menti dei capi e dei gregari sionisti. Che nesso c'è poi tra le sofferenze dei giudei europei e la punizione collettiva della popolazione palestinese? La verità è che secondo la mentalità giudaico-rabbinica, solo loro possono essere considerati uomini veri, mentre il resto dei popoli del mondo sono solo animali-parlanti di cui servirsi senza scrupolo. Il Talmud in tal s enso è pieno di citazioni che confermano quanto appena detto.  

CANZANO 5-  Essendosi perse le tracce certe del popolo ebraico, rappresentato dall'elite kazaro-askenazi attualmente dominante, è vero che l’ebraismo è diventato reperto archologico?

PILATO – Sicuramente parlare di "popolo ebraico" oggi è anacronistico. Dopo le migrazioni delle comunità ebraiche dalla Palestina, o esodi come qualcuno li definisce (ma ci sono anche diversi storici e studiosi giudei che smentiscono ci sia mai stato un vero esodo) verso est, verso nord, verso ovest e verso sud, nel corso di ben duemila anni, incontrandosi con mille popoli con i quali ci si è confusi e accoppiati, che in alcuni casi si sono convertiti in massa al giudaismo senza aver mai hanno messo piede in Palestina, come nel caso delle popolazioni nomadi dell'Impero Kazaro del Caucaso meridionale, si è perso quasi del tutto il carattere predominante del ceppo ebraico originario, per dare luogo ad una diversa tipologia antropologica, che è quella che lei ha giustamente individuato nell'elite skenazi (di chiara discendenza kazara mischiatasi con altre razze nord europee). Basta osservare i lineamenti dei coloni israeliti, o dei soldati delle milizie sioniste in perlustrazione dei villaggi o ai check-point, per riscontrare i caratteri somatici europei o afro-sefarditi. Giudei che parlano russo o inglese, con le facce da stranieri, che comandano, armi alla mano, in un luogo che non è casa loro, nè mai lo sarà, che non comprendono l'idioma della gente locale, alla quale si vorrebbe imporre di parlare...in inglese...e che spesso neppure parlano yiddish (è capitato a me, ad un check-point, in piena Palestina occupata, all'ingresso di Nablus, che un capitano israeliano, dall'accento californiano, dicesse all'amico arabo c he mi accompagnava, il quale gli si rivolgeva in perfetto yiddish, di parlargli in inglese).  Il "popolo ebreo" veterotestamentario non esiste più da un pezzo, è archeologia. Al suo posto c'è un miscuglio di razze che si rifanno al giudaismo, per lo più di cultura rabbinico-talmudica, quando non si tratta proprio di falsi giudei (è il caso di molti cristiani ortodossi russi che si procurano documenti falsi, attestanti di avere una nonna o una mamma giudea, con il solo scopo di ottenere la cittadinanza israeliana e potersi insediare in qualche residence di qualche colonia nei territori occupati e beccarsi le sovvenzioni governative o un lavoro come security: gente che arriva da situazioni già disperate e che non ha nulla da perdere e tutto da guadagnare a fingersi "ebrea"). Che il "popolo ebreo" sia un falso ideologico non sono io a dirlo, ma, tra gli altri, un noto e rispettato storico israeliano, Shlo mo Sand, docente all'università di Tel Aviv, autore di "Comment le peuple juif fut inventé", del quale potete leggere:



CANZANO 6- Il semitismo, può conincidere con il sionismo?

PILATO – No. Semitismo e sionismo sono vocaboli che esprimono diverse realtà, una razziale e biologica, l'altra politica e ideologica. Talvolta esse  possono coincidere in alcune persone, ma non se ne può fare una regola. Si può essere semiti senza essere sionisti, o essere sionisti senza essere semiti. Una mia amica americana, di sicure origini semite e giudaiche, è fortemente antisionista, mentre capita di trovare perfetti trogloditi, sicuramente non semiti, che però sono ottusamente sionisti. Ma di una cosa possiamo essere certi: in Terra Santa di Palestina, quella che vorrebbero cancellare e sostituire sulle carte geografiche con la scritta "Israele ", chi è sicuramente semita è la popolazione autoctona arabo-palestinese: inconfondibilmente. Sfido qualsiasi antropologo a dimostrare il contrario: è impossibile. Il ceppo semita ismaelita è rimasto invariato e si è conservato e radicato nei millenni in quelle aree geografiche mediorientali: i lineamenti somatici arabi sono evidentemente semiti. Non si può dire lo stesso per gli "israeliani". 

CANZANO 7- Cosa significa oggi essere antisemiti?

PILATO – Essere antisemiti oggi è essere sionisti.  Giudei o giudaizzanti fa poca differenza all'atto concreto, perchè la discriminazione persecutoria islamofobica (aizzata ad arte dal potere mediatico USA-Israele) nei confronti della maggioranza semita araba è gravemente violenta, consapevole di restare impunita. I recenti massacri di Gaza e del Libano ne sono la prova provata: se a subire tali martellanti bombardamenti fosse stato Israele si sarebbe mobilitato il mondo intero per arrestare gli omicidi di massa. Ma siccome era Israele a bombardare, il massimo della mobilitazione da parte delle autorità internazionali è stata qualche frase di sdegno e condanna tiepida, per non irritare troppo il rabbinato, israeliano e internazionale: addirittura in pieno svolgimento delle recenti attività di bombardamento al fosforo bianco a Gaza (circa 1500 morti, di cui oltre 500 bambini) un nutrito gruppo di parlamentari italiani (di destra e sinistra quando c'è da dimostrare il proprio servilismo gli italiani fanno a gara a chi sia più miserabilmente vile) festeggiava e manifestava in favore degli assassini circoncisi in kippa. Israele uccideva una popolazione pressochè inerme con armi di distruzione di massa e questi codardi parassiti di Stato gioivano: che esempio di moralità e coraggio. Un vera vergogna nazionale, cosa per la quale ogni uomo non può che sentire profondo sdegno. Il sionismo oggi è la rappresentazione non solo della quintessenza dell'antisemitismo e della discriminazione razziale in generale, ma il pericolo maggiore, insieme all'anglo-americansimo, di dittatura globale.

CANZANO 8-  In conclusione?

PILATO – In conclusione, se è incerto che il DNA, che è all'origine biologica e razziale degli emigranti americani o germano/russofoni, di confessione giudaica (o semplicemente appartenenti a famiglie di tradizioni giudaiche, anche se non praticanti),  che abitano da qualche decennio nei territori palestinesi ribattezzati "Israele", sia ebraico semita, allora criticare o esprimere qualsiasi tipo di dissenso dalla teocrazia politico-religiosa israeliana non può essere definibile come "antisemita".
La discriminazione che si fa nei loro confronti allora non è biologica, ma ideologica o teologica. 
È lecito dichiararsi ed esprimere idee che possano contrastare sia la politica d'Israele che la religione rabbinico-talmudica (mascherata come l'ideologia "sionista") che è alla base del suo operare strategico-militare geopolitico.
Esprimere dissenso teologico o ideologico, analizzare e discernere su cause ed effetti di politiche catastrofiche e mortifere, opporvisi intellettualmente e con tutte le proprie forze, anche fisiche, è un dirittto-dovere di ogni uomo libero e che tale vuole restare (garantito da dichiarazioni internazionali delle Nazioni Unite).
Diversamente, l'uccisione con armi di distruzione di massa (Gaza e Libano), l'uccisione per assedio e blocco economico, negando cure e prodotti, tecnologie e mezzi per sopravvivere (medicine, attrezzature mediche, depuratori d'acqua, ecc.), l'uccisione di civili a posti di blocco e di bambini nei loro letti e all'uscita dalle loro scuole, l'uccisione della vita della popolazione di Terra Santa nelle sue forme più elementari di speranza per un futuro migliore, l'occupazione di territori di pertinenza e proprietà arabi, l'imprigionamento di un'intera etnia, quella araba-palestinese, indubbiamente semita al 100% per non essersi mai mossa da quei luoghi nè mischiata con altre razze,  in grandi prigioni a cielo aperto (Gaza e West Bank), ed il suo lento genocidio e pulizia etnica che gli israeliani stanno coscientemente compiendo da troppo tempo, è sicuramente qualificabile come "antisemitismo".
Quando dico "gli israeliani" e non semplicemente "Israele", intendo dire che la popolazione d'Israele, nel suo complesso, dati i mezzi di comunicazione e di informazione moderni, non può non sapere, non può non capire quello che sta accadendo e che stanno facendo nel loro nome. I coloni anglosassoni, nella formazione degli USA, massacrando la popolazione autoctona e confinandola in riserve, fecero la stessa cosa. Ma oggi siamo nel terzo millennio e in un attimo si sa quello che succede nella parte opposta del pianeta. Gli immigrati giudei, così detti "israeliani", sono inescusabili. Essi sono i veri antisemiti della nostra era.


BIOGRAFIA

Filippo Fortunato Pilato, si occupa a tempo pieno e da diversi anni di rapporti con la Palestina e le sue "pietre vive", organizza viaggi/pellegrinaggi di testimonianza, raccoglie fondi per gli ospedali della Palestina occupata, intercetta le richieste per i casi più disperati di famiglie e bambini palestinesi a rischio di sopravvivenza ed insieme al gruppo della coalizione "Alleanza per la Terra Santa Libera", da lui fondata, porta personalmente solidarietà e supporto alla Palestina che soffre. Tra le forme di resistenza civile, oltre all'aiuto alle giovani vite a rischio, c'è anche il sostegno al lavoro artigiano palestinese, da Betlemme a Nablus.
La controinformazione, punto cardine dell'azione antigiudaico-sionista, viene sviluppata attraverso il sito www.TerraSantaLibera.org e una rete di siti amici e solidali, anche se su posizioni personali, confessionali, politiche diverse.
Organizza e partecipa spesso come relatore a conferenze in Italia, in Palestina ed Europa
Filippo F.P. reputa  di fondamentale importanza comprendere quale sia il maggior pericolo cui l'umanità sta andando incontro e creare una rete di opposizione, di formazione e controinformazione che sappia andare oltre i limiti personali di ognuno, per fronteggiare organicamente quello che egli considera il nemico numero uno: il giudaismo sionista, rabbinico-talmudico, massonico per eccellenza

news@jerusalem-holy-land.org


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ALESSANDRA COLLA

Giovanna Canzano
intervista
ALESSANDRA COLLA
5 gennaio 2010

Ipazia

…“è possibile che l'episodio dell'assassinio di Ipazia capitasse a proposito nell'ottica di una svalutazione della donna intrinseca al cristianesimo primitivo e destinata a perdurare e rafforzarsi nei secoli: a cavallo fra il II e il III secolo,
 il Padre della Chiesa Tertulliano dichiara che la donna è «la porta dell'inferno»,
 seguito cent'anni dopo da un altro Padre, Girolamo (che morirà nel 420,
 cinque anni dopo Ipazia), il quale aggiungerà di suo che la donna è «ogni male»;
Agostino d'Ippona, Padre della Chiesa e contemporaneo di Ipazia, decreta che «mulier non est facta ad imaginem Dei», la donna [diversamente dall'uomo] non è fatta ad immagine di Dio (concetto che verrà ripreso ufficialmente dal diritto canonico); 
e il monofisita Giovanni di Nikiu, vescovo copto d'Egitto alla fine del VII secolo,
 nella sua Cronaca giustifica il linciaggio di Ipazia definendola dedita alle arti magiche e devota di Satana...” (Alessandra Colla)


Canzano 1 – Per parlare di Ipazia abbiamo dovuto aspettare l’uscita di un film che forse in Italia non verrà proiettato. Lei invece aveva già scritto di Ipazia?

COLLA – Nel 2010 festeggerò le nozze d'argento con Ipazia, per così dire: nell'85, per le Edizioni di Ar, uscì un mio scritto al riguardo. Si trattava di un breve saggio, corredato da un paio di poemetti di Leconte de Lisle e dalle traduzioni di qualche brano della Patrologia Graeca curata dal Migne (nel corso degli anni ho continuato ad accumulare altro materiale, ma non ho più avuto occasione di metterlo a frutto). Confesso il mio orgoglio di appartenere alla sparuta schiera degli italiani che  si sono occupati di Ipazia nel XX secolo.

Canzano 2 – Chi ha paura della bella Ipazia oggi?

COLLA – Trovo che sia molto romantico benché fuorviante riferirsi ancora e sempre a Ipazia con l'appellativo di “bella”. In realtà non esistono fonti certe sulla sua avvenenza: in ogni caso, trattandosi di una donna che fu prima di tutto studiosa e pensatrice di rilievo, credo che il suo aspetto fisico possa e meglio ancora debba passare in secondo piano.
Al di là di questo, direi che non è tanto la figura di Ipazia a far paura a qualcuno, oggi, quanto piuttosto la sua fine: quell'assassinio contraddice in modo eclatante la visione canonica del cristianesimo primitivo come di un'età dell'oro tutta purezza e buoni sentimenti, in cui i cristiani erano perseguitati e oppressi a dispetto della loro mansuetudine. In realtà il cristianesimo primitivo non fu né mite né indifeso — forse non lo è il cristianesimo nella sua interezza: Luigi Lombardi Vallauri sottolinea che ci si dimentica troppo spesso di un passo evangelico basilare — Mt 10, 34-38 —, che suona testualmente «Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; non sono venuto a portare pace, ma una spada. Sono venuto infatti a separare il figlio dal padre, la figlia dalla madre, la nuora dalla suocera: e i nemici dell'uomo saranno quelli della sua casa. Chi ama il padre o la madre più di me non è degno di me; chi ama il figlio o la figlia più di me non è degno di me; chi non prende la sua croce e non mi segue, non è degno di me». E non si dimentichi che all'epoca in cui Ipazia fu uccisa, nel 415 d.C., l'Editto di Tessalonica promulgato dagli imperatori Teodosio I, Graziano e Valentiniano II faceva scuola da 35 anni: «Imperatori Graziano, Valentiniano e Teodosio Augusti. Editto al popolo della città di Costantinopoli.Vogliamo che tutte le nazioni che sono sotto nostro dominio, grazie alla nostra carità, rimangano fedeli a questa religione, che è stata trasmessa da Dio a Pietro apostolo, e che egli ha trasmesso personalmente ai Romani, e che ovviamente (questa religione) è mantenuta dal Papa Damaso e da Pietro, vescovo di Alessandria, persona con la santità apostolica; cioè dobbiamo credere conformemente con l'insegnamento apostolico e del Vangelo nell’unità della natura divina di Padre, Figlio e Spirito Santo, che sono uguali nella maestà e nella Santa Trinità. Ordiniamo che il nome di Cristiani Cattolici avranno coloro i quali non violino le affermazioni di questa legge. Gli altri li consideriamo come persone senza intelletto e ordiniamo di condannarli alla pena dell’infamia come eretici, e alle loro riunioni non attribuiremo il nome di chiesa; costoro devono essere condannati dalla vendetta divina prima, e poi dalle nostre pene, alle quali siamo stati autorizzati dal Giudice Celeste. Dato in Tessalonica nel terzo giorno dalle calende di marzo, nel consolato quinto di Graziano Augusto e primo di Teodosio Augusto». Le angherie, le prevaricazioni e le violenze contro i “pagani” (il termine ormai connotava spregiativamente i “gentili” dal 373, quando un rescritto teodosiano confermò la proibizione della pratica di ogni metodo divinatorio, assimilato a un crimine punibile con la pena capitale, sancita il 25 gennaio 357) perduravano da tempo.

Canzano 3 – Oggi è scomoda perché colta, donna e bella?

COLLA - Oggi Ipazia è soprattutto ancora poco nota, come poco nota è la realtà del momento storico in cui visse e morì. Credo che soltanto gli addetti ai lavori abbiano un'idea abbastanza precisa dei tumulti, delle lotte di potere e dei sanguinosi fanatismi che costellano la storia del cristianesimo primitivo.
Poi, naturalmente, l'essere allo stesso tempo colta, donna e bella fa di Ipazia un'entità inquietante — oserei dire aliena, se solo ci si guarda intorno e si considerano i modelli femminili che si offrono e ci vengono offerti...

Canzano 4Su un quotidiano nazionale parlando del martirio di Ipazia è stato scritto: “E’ stata il primo vero esempio di spiritualità laica e la sua morte è stata considerata ‘il buon esempio’ che i Cristiani hanno voluto dare alle altre donne.. ....che si sono ben guardate dal tentare di emanciparsi ed essere in qualche modo faro della scienza e della cultura in genere....l'hanno definita ‘la premessa di Giordano Bruno”. Lei è d’accordo?

COLLA - Non ho letto il testo che Lei cita, ma in ogni caso non sono d'accordo: non capisco cosa intenda l'articolista per “spiritualità laica”, perché anche lo stoicismo e il buddismo zen, per esempio, sono modelli di “spiritualità laica”. Poi, è possibile che l'episodio dell'assassinio di Ipazia capitasse a proposito nell'ottica di una svalutazione della donna intrinseca al cristianesimo primitivo e destinata a perdurare e rafforzarsi nei secoli: a cavallo fra il II e il III secolo, il Padre della Chiesa Tertulliano dichiara che la donna è «la porta dell'inferno», seguito cent'anni dopo da un altro Padre, Girolamo (che morirà nel 420, cinque anni dopo Ipazia), il quale aggiungerà di suo che la donna è «ogni male»; Agostino d'Ippona, Padre della Chiesa e contemporaneo di Ipazia, decreta che «mulier non est facta ad imaginem Dei», la donna [diversamente dall'uomo] non è fatta ad immagine di Dio (concetto che verrà ripreso ufficialmente dal diritto canonico);  e il monofisita Giovanni di Nikiu, vescovo copto d'Egitto alla fine del VII secolo, nella sua Cronaca giustifica il linciaggio di Ipazia definendola dedita alle arti magiche e devota di Satana... ma fra Ipazia e Giordano Bruno corrono parecchi secoli e parecchi morti ammazzati a maggior gloria del dio unico cristiano. Da ultimo, non credo che in passato le donne si siano “ben guardate dal tentare di emanciparsi ed essere in qualche modo faro della scienza e della cultura in genere”: mi pare invece che i loro tentativi in questo senso siano stati in larga misura frustrati. E' oggi, semmai, che molte donne sembrano privilegiare per la loro crescita personale e sociale ambiti assai lontani da quelli della cultura e della scienza.

Canzano 5 – “Alla porta dell'accademia dove Ipazia insegnava si affollavano scolari e curiosi, ma Ipazia, avvolta nel mantello dei filosofi - una sorta di ‘divisa’ che fu già propria delle allieve dirette di Platone - attraversava impavida la città, inquietante e turbolenta, per insegnare in pubblico il pensiero dei filosofi greci: non solo Platone, né solo Euclide o Tolomeo, ma anche ogni altra dottrina filosofica greca”. Così racconta di lei Damascio, un secolo dopo.

COLLA – Sì, questo è quanto dice Damascio nella sua Vita di Isidoro: eppure, più oltre nello stesso testo, pur riconoscendole indubbie doti etiche e intellettuali Damascio la ridimensiona drasticamente, ritenendo che Ipazia non fosse giunta ad attingere la “vera filosofia”, e dichiarandole «molto superiore [...] non solo come uomo rispetto a una donna, ma anche quale vero filosofo rispetto a una geometra» appunto il neoplatonico Isidoro di Alessandria --- il quale, incidentalmente, era il maestro di Damascio... Al di là di questo, è plausibile che Ipazia --- non sappiamo quanto intenzionalmente o quanto ingenuamente --- avesse rispolverato l'antica pratica aristotelica della peripàtesis (passeggiata) per continuare a trasmettere la sapienza greca: nell'ultimo decennio del IV secolo, ove appunto si colloca l'inizio della docenza di Ipazia, la distruzione dei luoghi di culto pagani voluta da Teodosio (l'ultimo a crollare fu il Serapeion di Alessandria, nel 391) rappresenta un oltraggio intollerabile per la raffinata cultura ellenica.
Aggiungo che la tradizionale diffidenza (questo è un eufemismo) del cristianesimo nei confronti della filosofia globalmente intesa raggiunse, nel IV secolo, vertici di assurdità: matematica, geometria ed astronomia vennero considerate come dimostrazioni di empietà. Figuriamoci come doveva apparire Ipazia --- donna, matematica, geometra, astronoma, filosofa e investita della dignità di docente al pari degli uomini...

Canzano 6 –In effetti Ipazia era una persona scomoda, era di ostacolo nella riconciliazione tra il vescovo e il prefetto e, Damascio è esplicito sulle colpe di Cirillo come possiamo leggere nell'ampio resoconto che dedica ad Ipazia nella Vita di Isidoro: “Cirillo si rose a tal punto nell'animo che tramò l'uccisione di lei in modo che avvenisse al più presto”. Cosa ostacolava Ipazia?

COLLA – In realtà non siamo ancora certi delle vere cause che portarono all'assassinio di Ipazia: sappiamo che questa donna straordinaria era tenuta in gran conto, ad Alessandria, non soltanto come importante referente culturale bensì anche come stimata “opinionista”, diremmo oggi, in fatto di politica e conduzione della cosa pubblica. Socrate Scolastico, teologo e scrittore cristiano che le fu contemporaneo, così si esprime al riguardo: «Per la magnifica libertà di parola e di azione che le veniva dalla sua cultura, accedeva in modo assennato anche al cospetto dei capi della città e non era motivo di vergogna per lei lo stare in mezzo agli uomini: infatti, a causa della sua straordinaria saggezza, tutti la rispettavano profondamente e provavano verso di lei un timore reverenziale»; e ancora Damascio riconosce che «era pronta e dialettica nei discorsi, accorta e politica nelle azioni, il resto della città a buon diritto la amava e la ossequiava grandemente, e i capi, ogni volta che si prendevano carico delle questioni pubbliche, erano soliti recarsi prima da lei, come continuava ad avvenire anche ad Atene. Infatti, se lo stato reale della filosofia era in completa rovina, invece il suo nome sembrava ancora essere magnifico e degno di ammirazione per coloro che amministravano gli affari più importanti del governo». Nel periodo che precedette il linciaggio di Ipazia, i rapporti fra il vescovo Cirillo e il prefetto Oreste erano, per esprimersi in modo garbato, piuttosto tesi: nel 412 Cirillo era succeduto allo zio Teofilo, responsabile della persecuzione dei culti pagani in Alessandria. Come dice ancora Socrate Scolastico, «per sollecitudine di Teofilo, l'imperatore ordinò di distruggere i templi degli elleni in Alessandria e questo avvenne per l'impegno dello stesso Teofilo [il quale] fece tutto quello che era in suo potere per recare offesa ai misteri degli elleni»; inoltre il prefetto Oreste (che stimava grandemente Ipazia), era stato assalito da alcuni monaci, uno dei quali l'aveva ferito: il colpevole era stato messo a morte, ma il vescovo Cirillo gli aveva tributato solenni onori funebri elevandolo alla dignità di martire, manifestando così non soltanto un aperto conflitto tra potere temporale e potere spirituale, bensì anche il dispregio per l'ordinamento imperiale. Insomma l'atmosfera in città era rovente, e pur non avendo notizia di una precisa posizione in merito da parte di Ipazia è lecito pensare che la sua figura non godesse di popolarità nella cerchia dei cristiani alessandrini più o meno fanatici.

Canzano 7 – Filostorgio ci dice che al tempo del regno di Teodosio II, Ipazia fu fatta a pezzi dai sostenitori della “consustanzialità” intendendo riferirsi, in tono sprezzante, agli "ortodossi" atanasiani, ormai vincitori e "padroni" incontrastati dell'ortodossia?

COLLA – Come ho detto prima, forse soltanto gli addetti ai lavori hanno un'idea abbastanza precisa di quello che doveva essere il cristianesimo primitivo, segnatamente nel IV e V secolo, dopo che il cosiddetto Editto di tolleranza promulgato da Costantino a Milano nel 313 (in realtà un rescritto dell'editto di Galerio del 311) aveva sancito la libertà di culto nell'Impero e soprattutto ufficializzato il culto cristiano. Di fatto, il IV secolo è teatro dello scontro all'ultimo sangue - e non è un modo di dire - tra arianesimo e cattolicesimo, mentre il V secolo vede affievolirsi la struttura imperiale (la caduta dell'Impero romano d'Occidente è del 476 d.C.) e crescere l'autorità spirituale e temporale del vescovo di Roma, a scapito del vescovo di Milano che ancora nel IV secolo era il referente cristiano più importante dell'Impero.
Quanto a Filostorgio, era un anomeo, ovvero un seguace di una corrente interna all'arianesimo, che sosteneva che il Figlio (Gesù) fosse di natura diversa e dissimile (in greco anomoìos) da quella del Padre (Dio); la sua Storia ecclesiastica, composta nel V secolo, risente della sua appartenenza dottrinale, quindi non c'è da stupirsi né che definisca gli ortodossi trinitari col termine di “consustanziali”, né che sottolinei con soddisfazione il loro coinvolgimento nell'assassinio di Ipazia.



Canzano 8 – Nel giorno di «Quaresima» dell'anno 415, Ipazia fu uccisa. La scena è quella di un sacrificio umano compiuto per il dio dei Cristiani in una sua chiesa. La chiesa si chiamava Cesario.

COLLA – Per la verità non sappiamo di preciso il giorno dell'uccisione di Ipazia: siamo sicuramente in prossimità della Pasqua, nel marzo del 415. Non so neppure se si possa parlare di “sacrificio”, dal momento che in questa tragedia manca ogni ritualità: Ipazia venne letteralmente macellata, e anche le modalità della sua cattura sono quelle di un agguato vigliacco - l'aspettarono mentre rientrava a casa. Ci vedo piuttosto uno sfregio, un oltraggio ben meditato al suo essere donna e pagana: la spogliarono delle vesti, la lapidarono in una chiesa cristiana e la fecero a pezzi per poi bruciare i resti in una piazza, agorà in greco, il luogo per eccellenza della vita civile e culturale nella società  greca.

Canzano 9 – Socrate Scolastico commenta così: “Il crimine recò infamia sia a Cirillo che alla chiesa di Alessandria”.

COLLA –  Il giudizio è condiviso da Filostorgio e da Damascio; l'Historia ecclesiastica tripartita di Cassiodoro-Epifanio aggiunge una giustificazione: «Questo fatto attirò non poco livore nei confronti di Cirillo e della chiesa di Alessandria; infatti è noto che stragi e violenze sono aliene dai Cristiani». Anche se il nome di Ipazia è stato occultato per secoli, all'epoca l'evento suscitò un certo scalpore - nel bene e nel male, Ipazia era pur sempre una personalità del suo tempo, e la violenza dei cristiani dovette riuscire sgradita non soltanto ai pagani più inveterati. Fu avviata un'inchiesta, ma non si venne a capo di nulla: sappiamo, ancora dall'Historia ecclesiastica tripartita, che l'iniziativa omicida era forse da attribuire a “un lettore di nome Pietro”, ma non risulta che venissero presi provvedimenti contro i responsabili. La faccenda, diremmo oggi, venne insabbiata e degli assassini di Ipazia si persero le tracce.

Canzano 10 – Chi oggi ostacola la proiezione di questo film in Italia? Un’altra pagina della storia come tante altre che vengono classificate con il nome di ‘revisionismo’ da non poter aprire? Ma questa volta parliamo di revisionismo in Vaticano? E allora perché in Italia che è uno stato indipendente e laico si vuole proibire la sua visione?

COLLA –  Parto dalla Sua ultima domanda: io veramente credo che l'Italia sia uno Stato né indipendente né laico: duemila anni di Vaticano sul suolo patrio non sono una realtà da ignorare o da sottovalutare, e il peso del condizionamento cristiano-cattolico sul costume e sulla società italiani si fa sentire fin troppo spesso --- penso al caso Englaro, tanto per fare un esempio recente. E' chiaro che la vicenda di Ipazia getta un'ombra assai cupa sul cristianesimo delle origini, e non stupisce che se ne sia persa la memoria per tanto tempo: più che la figura di Ipazia, credo, si è inteso occultare un'atrocità ben difficilmente giustificabile da qualsiasi punto di vista. Nonostante le numerose “scuse” porte negli ultimi anni dalla Chiesa di Roma ai soggetti più disparati, suppongo che un film come Agorà (che non ho visto, ovviamente, e sul quale non posso pronunciarmi) squarcerebbe irreparabilmente un velo che il Vaticano ha tutto l'interesse a tenere calato su un periodo così turbolento. Naturalmente si è parlato di complotto contro la Chiesa, di attacco al cristianesimo, di minaccia alle radici cristiane dell'Europa etc. etc.: più semplicemente, mi sembra che la Chiesa cerchi di mettersi al riparo da ulteriori critiche e voglia risparmiarsi l'ennesima brutta figura. Mettere in discussione le fondamenta di una struttura di potere come la Chiesa significa minarne la credibilità: le conseguenze sarebbero incalcolabili, sotto ogni aspetto. Del resto, per sua natura il revisionismo è tipico del pensiero unico --- laico o religioso poco importa.
Ora, non so se il film verrà proiettato in Italia: ma se così non fosse, immagino che grazie a Internet sarà comunque possibile visionarlo, e la Chiesa potrebbe fare ben poco per impedirlo. Mi auguro.



BIOGRAFIA

Alessandra Colla è nata a Milano nel 1958, è laureata in filosofia medioevale con una tesi su "Il problema dello Stato nel Commento di Giovanni Buridano alla politica di Aristotele", è sposata, e ha un figlio, un gatto e un cane. E’ giornalista pubblicista.
Ha diretto per oltre vent'anni la rivista "Orion", e collabora con le riviste "Eurasia" e "Terra insubre". Link utile consigliato da Alessandra: http:
//www.resistenzalaica.it/index.php?option=com_content&task=view&id=123&Itemid=38


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Giovanna Canzano - © - 2010




ALBERTO B. MARIANTONI

Giovanna Canzano
 intervista
Alberto B. Mariantoni

Un Natale senza “neonato”!


Canzano 1- Lei, come esperto di religioni del Vicino e Medio Oriente, che potrebbe dirci a proposito della ricorrenza del Santo Natale?

Mariantoni: Prima di incorrere in sgradevoli o antipatici qui pro quo, premetto che non sono un teologo, ma un politologo. Qualcuno, cioè, che studia ed analizza le religioni dal punto di vista della cultura e della storia. Lungi da me, dunque, volere tentare di scalfire, inficiare o snaturare i fondamenti morali e/o le basi spirituali di una qualunque credenza o di una qualsiasi religione. Chiunque non si ritenga uno stolto o un mero presuntuoso, infatti, sa che la ragione non è mai in grado di spiegare nessuna fede, mentre invece, la fede è invariabilmente in condizione di spiegare qualsiasi ragione. Ora, se a lei conviene una lettura culturale e storica della ricorrenza del Natale, possiamo senz’altro continuare. Altrimenti, preferisco fermarmi qui.

Canzano 2- No, no, per carità… Per me va benissimo che ci parli della ricorrenza del Natale, dal punto di vista della cultura e della storia…

Mariantoni: Da un punto di vista strettamente storico, posso dirle che – il Natale cristiano – è una “pia” ciarlataneria. Una simulazione convenzionale, nata da un plagio. Un sincretismo posticcio e raffazzonato. Una favola, insomma, che – ripetuta ossessivamente per 17 secoli – è, oggi, maggioritariamente considera e creduta una “verità storica”!

Canzano 3- In chiaro, mi sta dicendo che – da un punto di vista storico – il Gesù della tradizione cristiana non sarebbe nato il 25 Dicembre dell’anno “0” della nostra era?

Mariantoni: Vede, il celebre Yehòshuà ben Yussef o Yeshù o Jeschù (che in ebraico significa , ‘YHWH è salvezza’) o Iēsoûs o Iesus o Gesù della tradizione cristiana, non solo non è mai nato un 25 Dicembre ma, da un punto di vista storico, non è nemmeno esistito… In tutti i casi, non è mai esistito – per essere più preciso – nei termini in cui i testi del Nuovo Testamento continuano a presentarcelo.

Canzano 4- Ma come non sarebbe mai esistito? Si spieghi meglio…

Mariantoni: Certamente. Prendiamo, per cominciare, la data di nascita del Gesù della fede. Secondo la tradizione cristiana, Yehòshuà/Yeshù/Jeschù/Iēsoûs/Iesus/Gesù sarebbe nato nel corso del principato di Augusto (-31/14) e sarebbe stato crocifisso durante quello di Tiberio (14/37). In che anno, mese e giorno sarebbe nato, esattamente? Questo, nessuno lo sa, né può affermarlo con certezza. Nemmeno la Chiesa, con la sua notoria e mal celata prerogativa di assoluta “infallibilità”! Un breve giro d’orizzonte tra gli scritti degli autori che cercano storicamente di situare quell’avvenimento, ci offre l’ampiezza dell’estrema confusione che è sempre regnata a proposito dell’eventuale data di nascita (Matteo 1, 18; Luca 1, 14; 2, 7) del Gesù della fede. Per alcune Chiese orientali secondo il resoconto fattoci pervenire da Clemente Alessandrino (150-215 – Titus Flavius Clemens), in Stromates I, 21,146 – il medesimo Gesù potrebbe essere stato partorito un 25 Pashon (che corrisponde al nostro 20 Maggio) o un 15 Tybri (10 Gennaio) o un 11 Tybri (6 Gennaio). Se seguiamo, invece, le indicazioni forniteci dal De pascha computus’ attribuito a Tascio Cecilio Cipriano (199-258 Thascius Caecilius Cyprianus)   il medesimo Gesù potrebbe essere venuto al mondo un 28 Marzo. Diversamente, per Ippolito (m. 235 – in ‘Commento su Daniele’ IV, 23), quell’evento potrebbe essersi verificato un 23 Aprile. Al contrario, se teniamo conto dei punti di vista di Epifanio (315-403 – Epiphanius, Vescovo di Salamina), di Ephraem Syrus (306-373), di Cosma Indicopleuste (o ‘Viaggiatore delle Indie’ - P.G., LXXXVIII, 197) e di Abramo di Efeso (VIº secolo), l’identico Gesù potrebbe essere nato un 6 Gennaio (dalla data di quell’avvenimento, tra l’altro, si fa derivare il termine Epifania – dal greco Epiphàneja – manifestazione, nascita, comparsa, apparizione. Ed è in questa data, in ogni caso, che la Chiesa Ortodossa continua a festeggiare il Natale). Più vicino a noi, il Vescovo e teologo inglese John B. Lightfoot (1602-1675 – all’epoca vice cancelliere dell'Università di Cambridge: lo stesso personaggio che aveva minuziosamente “calcolato” che Dio avrebbe creato l’Universo alle 9 di mattina del 26 Ottobre -4004!), ci informa che il Gesù della fede potrebbe essere stato generato un 15 Settembre. Dal canto loro, Henry Browne (‘Ordo saeclorum’, Londra, 1844) e Thomas Lewin (‘Fasti Sacri’, Londra, 1865), considerano più volentieri che la nascita di Gesù potrebbe essere avvenuta nel mese di Agosto. Da parte sua, il Reverendo Jack Barr (vedere http://www.barr-family.com/godsword/dateborn.htm) è molto più propenso a credere che il medesimo Gesù possa essere nato tra Aprile e Settembre dell’anno -5. Roger T. Beckwith (‘The Date of Christmas and the Courses of the Priests’, in Id., Calendar  & Chronology, Jewish and Christian, Leiden, 1996, pp. 79-92), invece, pensa che quell’evento possa essersi verificato nell’ultima decade di Settembre. Identica deduzione per Corrado Maggia che parla ugualmente del mese di Settembre. (vedere: http://www.incontraregesu.it/risposte/25dicembre.htm). Alcuni astronomi, invece – basandosi sull’indizio offerto dalla famosa ‘stella cometa’ che avrebbe indicato ai Re Magi l’esatta ubicazione del luogo di nascita del Gesù della fede, e costatando che in quel periodo della storia l’unico fenomeno astro-fisico che sia stato registrato, è quello della congiunzione di Giove e di Saturno, nella costellazione dei Pesci – sono più propensi a credere che quell’evento possa essersi verificato il 13 Novembre del -7. Ultimo in data (ma si potrebbe continuare all’infinito…), Guido Pagliarino (‘Gesù, nato nel 6 a.C., crocifisso nel 30 d.C.: un approccio storico al cristianesimo’, Collana Orione, Prospettiva Editrice, Civitavecchia, 2003) – che tiene conto, sia degli studi di Keplero che delle scoperte archeologiche di Schnadel  – pretende che la nascita di Gesù possa essere avvenuta a Giugno o ad Agosto dell’anno -6. Inutile, dunque, cercare, da un punto di vista della Storia, la vera data di nascita del Gesù della fede. Insomma, l’unica cosa indiscussa che ci è dato storicamente di conoscere, è che, nel 337 della nostra era, il Papa Giulio Iº (Pontefice dal 337 al 352), per ordine (sembra…) dell’Imperatore Costantino (Flavius Valerius Aurelius Claudius Constantinus o Imperator Caesar Flavius Constantinus Pius Felix Victor Augustus Maximus – 274-337), decretò che lo Yehòshuà/Yeshù/Jeschù/Iēsoûs/Iesus/Gesù della tradizione cristiana, era nato nella notte tra il 24 ed il 25 Dicembre del 753 ab Urbe condita (a.U.c. – cioè, dalla fondazione di Roma). In altre parole, nell’Anno 0 della nostra era! 

Canzano 5- Lei, però, come ha accennato prima, tenderebbe ugualmente a negare, addirittura l’esistenza storica della figura di Gesù Cristo?

Mariantoni: Mi scusi, ma io, personalmente, non nego e non affermo nulla. Anche perché, se permette, io, in quell’epoca, non c’ero. Quindi, non posso testimoniare, né in un senso, né nell’altro! Come ogni ricercatore che si rispetti, però, non posso non tenere conto dell’insieme delle fonti storiche che esistevano, in quel tempo, nel contesto dell’area mediterranea. Tra quelle fonti, mi permetto di ricordare: Titus Livius oTito Livio (-59/+17); Publius Ovidius Naso o Ovidio (-43/+18); Philo Iudaeus Alexandrinus o Filone di Alessandria (-20/+50); Marcus Velleius Paterculus (-19/+31); Phaedrus o Fedro (-15/+50); Quintus Asconius Pedianus o Quinto Asconio Pediano (-9/+76); Lucius Annaeus Seneca o Seneca (-4/+65); Quintus Curtius Rufus o Quinto Curzio Rufo (m. 53); Aulus Perseus o Persius Flaccus o Aulo Persio Flacco (4/62); Lucius Iunius Moderatus Columella o Lucio Giunio Moderato Columella (4/70); Lucius Iunius Moderatus Columella o Lucio Giunio Moderato Columella (4/70); Gaius Plinius Secundus Major o Plinio il Vecchio (23/79); Tiberius Catius Asconius Silius Italicus o Silio Italico (26/101); Marcus Fabius Quintilianus o Quintiliano (35/100); Marcus Valerius Martialis o Marziale (38/104); Marcus Annaeus Lucanus o Lucano (39/65); Sextus Iulius Frontinus o Frontino (40/103); Dion Chrysostomos o Dione Crisostomo (40/120); Publius Papinius Statius o Publio Papino Stazio (46/96); Ploútarkhos o Plutarco (46/127); Decimus Iunius Iuvenalis (60/140); Appianos o Appiano Alessandrino (95/165); Zadok o Iustus o Justus o Giusto di Tiberiade (I sec.); Marcus Valerius Maximus o Valerio Massimo (I sec.); Pomponius Mela o Pomponio Mela (I sec.); Gaius Valerius Flaccus o Valerio Flacco (I sec.); Statius Caelicius o Stazio Cecilio (I sec.); Lucius Apuleius Madaurensis o Lucio Apuleio (123/170); Iulius Lucius Annaeus Florus o Lucio Florio (I/II sec.); Publius Aelius Phlegon o Flegone (I/II sec.); Theon di Smyrne o Teone di Smirne (I/II sec.), ecc. Come studioso di questa materia, dunque, mi pongo semplicemente queste domande: come mai la quasi totalità delle fonti storiche (ivi compreso il Cristano Eusebio di Cesarea, detto il falsario, nel suo ‘Vita di Costantino’ III, 56) riporta notizie a proposito di Apollonion Tyaneus o Apollonio di Tiana (2/98), un autentico e stimato guaritore che operava "miracoli", senza mai avere preteso di essere figlio di nessuna divinità? Mentre, invece, al contrario, nessuna delle medesime fonti, non sembra degnarsi, in nessun modo, di spendere neanche una parola a proposito del Gesù della fede, il diletto figliuolo di Dio (Matteo 3, 17; 17, 5; Marco 1, 11; 9, 7; Luca 3, 22; 9, 35; 2 Pietro 1, 17), del Nuovo Testamento? Vale a dire, quello sbalorditivo e prodigioso personaggio, cioè, che – secondo i Vangeli – avrebbe “camminato (e fatto camminare Pietro/Khefa) sulle acque” (Matteo 14, 25-29; Marco 6, 45-56; Giovanni 6, 16-21), “resuscitato – oltre che se stesso (Matteo 28, 1-10; Marco 16, 1-9; Luca 24, 1-12; Giovanni 20, 1-18) – i morti” (Matteo 9, 23-25; 11, 5; Marco 5, 42; Luca 7, 22; Giovanni 11, 41-44; 12, 9), “mondato i lebbrosi” (Matteo 8, 2-4; Marco 1, 41; Luca 5, 12-14), “guarito i paralitici” (Matteo 8, 5-13; 9, 2-5; 12, 16; Marco 1, 21; 2, 1-12; ; Luca 4, 31; 5, 23; Giovanni 5, 8, 11, 12) e gli “infermi” (Matteo 14, 14; 9, 36; Marco 6, 34; 8, 2), “sanato l’indemoniato cieco e muto” (Matteo 12, 22; Marco 3, 20; Luca 11,14), “restituito la vista ai ciechi” (Matteo 9, 27-30; 20, 30-34; Marco 10, 47; Giovanni 9, 10-11), “guarito gli storpi” (Matteo 15, 30), “cambiato l’acqua in vino” (Giovanni 2, 5-11), “realizzato il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci” (Matteo 14, 16-21; 15, 34-38; Marco 6, 30-44; 8, 1-9; Luca 9, 10-17; Giovanni 6, 1-15), ecc.? Il silenzio “assordante” della Storia su questo favoloso personaggio, non le “suona” un po’ strano?

Canzano 6- In altre parole, secondo lei, non ci sarebbe nessuna fonte storica che possa oggettivamente attestare la nascita, la vita, la passione, la morte ed i miracoli del Cristo, al di fuori del Nuovo Testamento e di altri scritti cristiani?

Mariantoni: Capisco la sua reazione. Che vuole, dopo 17 secoli di sistematica e capillare colonizzazione culturale operata dalla Chiesa su i nostri Popoli-Nazione, ed i riflessi condizionati che – per questi ultimi – ne sono inevitabilmente derivati, mi rendo conto che le mie informazioni possano essere considerate scioccanti. Ma – storicamente parlando – le posso assicurare che, a mia conoscenza, non esistono fonti extra-cristiane che siano in grado di documentare la reale esistenza del Gesù della fede. La Chiesa, naturalmente, pretende il contrario. Pretende, infatti, che quattro storici, non cristiani, abbiamo comunque parlato di Gesù. In particolare: Plinio il Giovane, in una lettera all'imperatore Traiano (Lettere X, 96-97 ); Flavio Giuseppe o Joseph ben Mathitjahu o Joseph Ben Matthias o Josephus Flavius (Antiquitates iudaicae XVIII. 63-64; XX, 200) o celebre ‘testimonium flavianum’ (vedere: http://it.wikipedia.org/wiki/Testimonium_flavianum); Publius Cornelius Tacitus o Tacito (Annales XV, 44); Gaius Suetonius Tranquillus o Svetonio (che, in un suo testo a proposito di disordini a Roma, nell’anno 50, parla di un certo "Chrestus"/”Chrestos” = in greco antico, ‘utile’, ‘buono’, ‘eccellente’; un nome che veniva spesso affibbiato a degli schiavi, e che non può essere in nessun caso confuso con quello di Christos = Mâschîàh: cioè, l’unto o il consacrato, della tradizione cristiana). Ora, se – per ovvi motivi – si esclude quest’ultimo autore, non c’è affatto da sbalordirsi se la maggior parte degli studiosi di questa materia considerino che le frasi degli altri tre storici (che, in definitiva, dovrebbero certificare l’esistenza storica del Cristo), siano delle semplici interpolazioni ad hoc che sarebbero state operate da copisti cristiani, a partire dal IV secolo. In questa sede, sarebbe troppo lungo riassumerle l’insieme delle prove che sono in grado di documentarlo. Chi è curioso, però, può sempre dare uno sguardo alle opere di un certo numero di ricercatori che si sono interessati a questa problematica. Cito a memoria: Lucas Osiander, Bruno Bauer, John M. Robertson, Alfred Loisy, Prosper Alfaric, Raoul Vaneigem, Earl Doherty, Michel Onfray, Paul-Louis Couchoud, Jacques Moreau, Charles Guignebert, Pierre Battifol, Léon Hermann, Daniel-Rops, Marie-Joseph Lagrange, Marcel Simon, Pierre-Aimé Puech, Edmond Staffer, Friedrich Pfister, Georges Las Vergnas, Emil Schürer, Serge Bardet, Guy Fau, Georges Ory, Emil Schürer, Henry Chadwick, Pierre Geoltrain, Luigi Cascioli, Giancarlo Tranfo, ecc.
 
Canzano 7- Ma, allora, come è nato il Cristianesimo?

Mariantoni: Molti studiosi, ormai, considerano che il Cristianesimo – inizialmente, una semplice Setta eterodossa del Giudaismo – possa essere scaturito da una serie di costruzioni intellettuali. Delle costruzioni che, a partire dal retroterra culturale fornito dall’Antico Testamento, abbiano realizzato – e qui, sto cercando di semplificare… – un nuovo credo che, rispetto all’iniziale fede di Mosè, tendesse ad adattarsi molto di più alla sensibilità, alla mentalità ed alle consuetudini delle popolazioni europee e mediterranee d’epoca romana. Dando vita, per questo, ad un ‘personaggio ideale’ (il Gesù della fede) e ad un artificiale e studiato sincretismo, a partire da antiche religioni misteriche che, a loro volta, si riferivano a Dei ed a personaggi mitologici, morti e resuscitati, come, ad esempio, Osiride, Dionisos, Mithra, Sol Invictus, Asklēpiós o Aesculapius (Ascepio, in greco ; Esculapio, in latino), ecc.

Canzano 8-  Ritornando alla ricorrenza cristiana del Natale, potrebbe precisarci i motivi che, secondo lei, spinsero la Chiesa del 337 ad imporre la data del 25 Dicembre, per festeggiare la nascita del suo Gesù?

Mariantoni: Ecco una delle tante prove che documentano il sincretismo di cui le stavo parlando. Come spiega Miranda Green (Le Divinità solari dell’antica Europa, Collana ‘Nuova Atlantide’, Serie Religiosità e sacro, Mito e conoscenza, Trad. di Massimo Ortello, ECIG, Genova, 1995), infatti, il 24/25 Dicembre era un’ancestrale ricorrenza che era sistematicamente e spontaneamente festeggiata dalla quasi totalità delle popolazioni dell’Europa. Nei paesi scandinavi, ad esempio, si festeggiava la nascita di Freyr, il figlio supremo di Odino (Odhinn-Wotan). Nell’estremo Nord, si celebrava Baldur (il candido e bellissimo ‘Dio della giustizia’ e del ‘bene’; un Dio che dopo essere stato ucciso, era resuscitato 40 giorni più tardi). In Danimarca, si festeggiava Trundholm (il ‘disco solare’). In Irlanda, si commemorava la venuta al mondo di Samhein (un Dio, guarda caso, che dopo tre giorni dalla sua morte, era ugualmente risorto). I Gallo-Celti glorificavano Alban Arthuan (la ‘rinascita del Sole’). I Troiani – secondo l’Iliade di Omero – adoravano il Sole-Apollo. I Greci, celebravano Helios (il ‘carro solare’ – figlio dei Titani Hypérion e Théia) ed in seguito Apollo Phoibos (‘Apollo raggiante’); ma onoravano ugualmente Adonis o Adone (allegoria della morte e della rinascita della natura) e Dionisio (figlio di Zeus e di Semele). A Roma e nel Lazio, si festeggiavano i Saturnali (feste in onore di Saturno, ‘Dio dell’Agricoltura’, dal 19 al 25 Dicembre) e la nascita di Bacco (l’equivalente di Dioniso, in Grecia); si onorava ugualmente il Sol Indiges e, più tardi – introdotto nel  273 (MXXVI a.U.c.) dall’Imperatore Aureliano (270-275) – il Dies Natalis Solis Invicti (il ‘giorno della nascita del sole invincibile’ – celebrazione fissata ante diem octavum Kalendas Ianuarias, cioè il nostro 25 Dicembre). I Germani, nello stesso periodo, solennizzavano il giorno di Yule (la ‘ruota solare’) e gli Anglo-Sassoni, l’equivalente Geola (il ‘giogo dell’anno’). Nei Balcani, tra le popolazioni Illiriche, si ossequiava  Dupljaja (la ‘figura d’argilla’) e, tra gli Slavi, Dajbog. Il tutto, naturalmente, senza dimenticare che nello stesso periodo erano ugualmente festeggiati, Giove/Zeus/Juppiter (‘Dio Supremo’, ‘Padre dei Cieli’ e ‘Re degli Dei’) e Plutone/Hadès (Pluto, ‘colui che arricchisce’, in latino; Hadès, ‘colui che rende invisibile’, in greco), nonché l’egiziano Osiride o Osiris (‘Dio della morte e dell’oltretomba’). Non parliamo del Vicino-Oriente. In quella regione, la radicata ritualità del 24/25 Dicembre è ugualmente comprovata dalla storia e dall’archeologia. In quella data, ad esempio, i Sumeri vi celebravano il culto di Utu Babba (il ‘Sole’ – ‘Dio della giustizia’) che era rappresentato dal disco solare e il numero 20. E vi commemoravano ugualmente la nascita di Dumuzi (chiamato Tammuz a Babilonia e considerato la ‘reincarnazione del Sole’), un altro Dio morto e resuscitato! Quel Dio era rappresentato, da un bambino, in braccio alla madre Semiramis e/o a Istrar (la ‘Regina del Cielo’ babilonese che aveva una aureola di 12 stelle che svettava sul capo), alla stessa stregua dell’indiana Isi con suo figlio Iswara o dell’egiziana Isis con suo figlio Horus, ecc. Nell’antico Egitto, inoltre, si festeggiava il ‘Dio Sole’ o (più tardi, Amon-Râ), il ‘Dio Creatore’ che era rappresentato dalla figura di un uomo che portava un disco solare sulla testa. Ad Heliopolis (la ‘città del Sole’), sempre in Egitto, il medesimo o veniva adorato sotto le sembianze di un falco e l’aspetto umano di Atum. Questo, naturalmente, senza dimenticare Serapide (altro nome del ‘Dio Sole’ egiziano), né il monoteistico Dio Aton voluto da Amenhotep IVº che, nel corso del suo breve e sfortunato regno, per meglio attribuirsi e dedicarsi al Sole aveva addirittura cambiato il suo nome in Akhenaton (l’efficienza di Aton). A Babilonia, nello stesso periodo, si commemorava Bel-Marduk (il ‘vitello del Sole’) e Shamash (il ‘Dio Sole’). Ad Emesa (l’attuale Homs), in Siria, si ricordava solennemente Elababalus o Invictus Sol Elagabalus (il ‘Dio Sole invitto’ – da cui prenderà spunto l’Imperatore Aureliano, per il suo Dies Natalis Solis Invicti). A Petra, tra i Nabatei, si onorava Dusares (il ’Dio Sole’). Nell’India vedica, si celebrava Surya (il ‘fuoco del cielo’ o ‘l’ultima verità’). Nella medesima data del 24/25 Dicembre, inoltre, si festeggiava la nascita del Dio Mitra o Mitra (l’invictus-aniketos, venerato ugualmente a Roma come il nome di fautor imperii), una delle più importanti divinità dell’induismo antico e dell’originaria religione persiana. In Frigia, nell’allora Asia Minore (l’attuale Turchia), si solennizzava la nascita di Attis o Atys (figlio ed amante dell’affascinante Dea Cibele o Cybele-Agditis). Identica considerazione per quanto riguarda buona parte del resto del mondo. Nel Messico pre-colombiano, ad esempio, veniva onorato Quetzalcoatl (il ‘serpente con le piume’ e ‘Dio della luce’) e Huitzilopochtli, il ‘Dio Sole’ degli Aztechi. Itzamnà (il ‘Dio del Sole’) e la nascita del Dio Bacab, nello Yucatan, erano commemorati dai Maya. Gli Incas festeggiavano Inti o Inti Raymi, un Dio che era rappresentato con una maschera d’oro, dal viso umano, ornato di raggi. In Cina, si commemorava il giorno di Scing-Shin. In Giappone, era la Dea Amaterasu o-mi-kami (la ‘grande e regale divinità che illumina il cielo’), a ricevere i medesimi onori. Dobbiamo ancora chiederci il motivo per cui la Chiesa del 337 decise di scegliere la data del 24/25 Dicembre, come data convenzionale della presunta e mai accertata nascita del Gesù della fede?

Canzano 9- Un’ultima domanda Prof. Mariantoni: lei è cristiano?

Mariantoni: Sono nato in una famiglia cattolica. Di conseguenza, sono stato battezzato e cresimato. Mi sono sposato in Chiesa. Da giovane, ho servito la Messa, ho suonato le campane e le nacchere, sono andato per questua, ho spesso accompagnato il prete – come cierichetto – nelle benedizioni delle abitazioni (a Pasqua) e nelle estreme unzioni, ecc. Ero affascinato dalle Messe cantate e dai Canti gregoriani. Mi piacevano le processioni e l’insieme delle ritualità che caratterizzavano gli aspetti formali e sostanziali di quella fede. In definitiva, così come me l’avevano insegnata da piccolo, la fede in Cristo, appariva ai miei occhi, come la Via, la Verità e la Vita. Mi sentivo (e ne ero fiero!) un Soldato di Cristo. Insomma, per farla breve – nonostante che più tardi abbia scoperto che si trattava del compendio di una semplice costruzione intellettuale – non avrei avuto nessun problema a continuare a restare cattolico. E questo, anche se la Chiesa mi avesse ufficialmente certificato che quella fede, altro non era che una bellissima favola! Il Cattolicesimo, in fondo, faceva parte della storia del mio Paese (cuius regio, eius religio) e sarebbe stato ammissibile, ai miei occhi, che avesse potuto continuare ad interessarsi degli aspetti spirituali della vita del nostro Popolo-Nazione. Poi, venne il Concilio Vaticano II. E la Chiesa divenne un’altra cosa. La Chiesa, in breve, per le ragioni che sono le sue, dopo 17 secoli di esperienza ideologico/teologica apparentemente autonoma, decise – forse obtorto collo – di ritraslocare in Sinagoga. I Cristiani accettarono di diventare i “fratelli minori”… Il tutto, naturalmente, senza che i suoi responsabili, dopo la loro radicale e contraddittoria metamorfosi, avessero avuto il coraggio o il buon senso di cancellare dal Nuovo Testamento l’insieme dei riferimenti che stigmatizzavano gli “Ebrei” come deicidi (Paolo, prima Lettera ai Tessalonicesi, 2, 14-16; Atti, 2, 23; 2, 36 ; 3, 14-15; 4, 10 ; 5, 30; 10, 39 ; 13, 28; Giovanni, 5, 18; 19, 6-7; 19, 15; Matteo 27, 25), figli dell'inferno... sepolcri imbiancati... serpentirazza di vipere (Matteo 3, 7; 12, 34 ; 23, 15, 27 ; 23, 31-38; Luca 3, 7), uccisori di profeti (Paolo, Iª Lettera ai Tess., 2, 15 ; Matteo 23, 34; 23, 37; Luca 11, 47; 11, 51; 13, 34), pieni di rapina e d'iniquità (Luca 9, 39), avversi a tutti gli uomini (Paolo, Iª Lettera ai Tess., 2, 15), oltraggiatori della legge (Marco 7, 10), abrogatori della parola di Dio (Marco 7, 13), bestemmiatori (Marco 15, 29-32), progenie del demonio (Giovanni, 8, 44), Sinagoga di Satana (Apocalisse 2, 9; 3, 9); ecc. Infine, in Chiesa, tra le tante “innovazioni” che ci venivano suggerite, ci incominciarono a dire che il Cristianesimo non era più ‘La Verità’, ma ‘una’ delle “verità”… A quel punto, mi chiesi: tra le tante “verità” esistenti, per quale ragione dovrei remissivamente continuare a professarne una che – in realtà – non ha niente a che fare o che vedere con l’originaria Civiltà del mio antico Popolo-Nazione? Visto che avevo l’imbarazzo della scelta, perché, allora, non ritornare ai nostrani Dei dei Patres o ‘Indigetes’ (tradizionali): vale a dire, Giano, Giove, Marte, Quirino e Vesta? Attenzione: non che abbia, o abbia mai avuto, la pretesa di considerare la Religione romana più “vera” delle altre. Ma almeno, era quella dei miei antenati!

Canzano 10- Insomma, per concludere, è diventato un miscredente, un agnostico o un pagano?

Mariantoni: Mi consideri come meglio crede… Per quanto mi riguarda, so di essere un uomo libero. Un uomo, cioè, che, da sempre, ha fatto sua la massima che primeggiava sul frontone centrale dell’antico Pantheon romano: “Quod ceteri sacrum, nobis sacrosanctum est” (Ciò che per gli altri è sacro, per noi è inviolabile). Un uomo, per giunta, che ha perfettamente coscienza che l’essere umano, è spirito e materia. Non solo, quindi, soltanto immanenza, ma ugualmente trascendenza. Le “Sette”, però, non mi interessano più. Come sosteneva giustamente François Marie Arouet (detto Voltaire) “ogni setta della “verità”, di qualunque genere sia, e' uno schieramento del dubbio e dell'errore. Non esistono sette in geometria: non si dice mai, un "euclidiano", un "archimedista". Quando una verita' è chiara, è impossibile che ne nascano partiti e fazioni. Non si è mai disputato se c'è luce a mezzogiorno”. Ciò che può senz’altro appagare il mio spirito – conoscendo la maggior parte delle religioni esistenti – non tento più di scoprirlo nelle Gatha dei Mazdeisti; né nell’Hamifla Humfley Torà (o Pentateuco), nel Talmud o nello Zohar degli affiliati al Giudaismo; né nelle Tripitaka, nel Saddharmapundarika Sutra e/o nel Praginaparamita dei Buddisti; né nel Nuovo Testamento dei Cristiani; né nel Corano (al-Qur’ân) dei Musulmani; né nel Granth Sahib dei Sikh; né nel Tirumurai, nel Tirumurukarruppatai e nel Tiruvacakam dei Tamul; né nel Bayan, nel Kitab-E-Hukkam e/o nel Kitab al-aqdas dei Baha’is. Tanto meno, provo più a rinvenirlo e discernerlo nei Veda, nel Mahabharata, nel Ramayana, nelle Upanishad o nella Baghavad-gîta. Meno ancora, mi dilungo più a cercare di scovarlo o rintracciarlo all’interno delle pagine dei Libri Sibillini. Da tempo, infatti, per individuare e focalizzare il significato ed il senso dello spirituale, mi basta levare gli occhi al cielo, e riflettere. Come dicevano gli antichi Greci, dove c’è ordine, senza allineamento, là c’è intelligenza. E questo, a me, è più che sufficiente per soddisfare la mia sete di trascendentale ed, allo stesso tempo, continuare a vivere e ad operare in perfetta simbiosi ed armonia con il Cosmos di cui faccio parte e sono parte integrante.

Curriculum

Alberto Bernardino Mariantoni è nato a Rieti ( I ), il 7 Febbraio del 1947. E’ laureato in Scienze Politiche e specializzato in Economia Politica, Islamologia e Religioni del Vicino Oriente. E’ Master in Vicino e Medio Oriente.
Politologo, scrittore e giornalista, è stato per più di vent’anni Corrispondente permanente presso le Nazioni Unite di Ginevra e per circa quindici anni sul tamburino di «Panorama». Ha collaborato con le più prestigiose testate nazionali ed internazionali, come «Le Journal de Genève», «Radio Vaticana», «Avvenire», «Le Point», «Le Figaro», «Cambio 16», «Diario de Lisboa», «Caderno do Terceiro Mundo», «Evénements», «Der Spiegel», «Stern», «Die Zeit», «Berner Zeitung», «Il Giornale del Popolo», «Gazzetta Ticinese», «24Heures», «Le Matin», «Al-Sha’ab», Al-Mukhif Al-Arabi», nonché «Antenne2», «Télévision Suisse Romande», «Televisione Svizzera Italiana», ecc.
E’ esperto di politica estera e di relazioni internazionali, con particolare riferimento ai paesi arabi e musulmani e dell’Africa centrale ed occidentale. Ha al suo attivo decine e decine di inchieste e di reportages in zone di guerra e di conflitti politici. E’ autore di oltre trecento interviste ai protagonisti politici ed istituzionali dei paesi del Terzo Mondo e della vita politica internazionale.
Ha insegnato presso la Scuola di Formazione continua dei giornalisti di Losanna. E’ stato Professore invitato presso numerose Università Europee e Vicino-Orientali.
Ha scritto: «Gli occhi bendati sul Golfo» (ed. Jaca Book, Milano 1991); «Le non-dit du conflit israélo-arabe» (ed. Pygmalion, Paris, 1992).
Dal 1994 al 2004, è stato Presidente della Camera di Commercio Italo-Palestinese.
Nel 2009, ha collaborato, come docente, con lo I.E.M.A.S.V.O - Istituto 'Enrico Mattei' di Alti Studi sul Vicino e Medio Oriente di Roma.