martedì 20 maggio 2014

mercoledì 14 maggio 2014

Claudio Moffa - Quanto è difficile scrivere e insegnare in libertà


QUANTO E’ DIFFICILE SCRIVERE E INSEGNARE IN LIBERTA’
Giovanna  Canzano
intervista
Claudio Moffa
 26 aprile 2014

Miti e realtà della libertà di rete (prima parte)

CANZANO 1- La libertà di opinione e di pensiero è stato oggetto di suoi studi e pubblicazioni, oggi, queste libertà sono ancora garantite?
MOFFA - Sono garantite formalmente, dalla Costituzione e da alcune norme sull’insegnamento. Sono garantite anche da alcuni parlamentari coraggiosi o comunque vigili, quelli che hanno fatto saltare più volte il tentativo dei soliti noti di imbavagliare la storia. Alcuni forse sopravviveranno politicamente, altri sono stati puniti. Penso a una deputata del PD, che alla vigilia della caduta del governo Monti, nel dicembre 2012, sollevò con chiarezza il problema della libertà di opinione nel votare contro l’ennesimo tentativo di introdurre in modo surrettizio una legge liberticida alla francese o alla tedesca anche in Italia. Non è stata ricandidata. Comunque - vedi anche l’intervento procedurale dei grillini nell’ultimo assalto del gennaio scorso, e  il ruolo del Pdl nella caduta del governo Monti - la resistenza c’è o per lo meno c’è stata fino adesso.  Ma l’aggressione ai principi costituzionali contenuti negli art. 21 e 33 non avviene solo attraverso una legge, ma anche attraverso altri meccanismi di censura e grazie ad altri protagonisti della questione

CANZANO 2- Puo’ fare qualche esempio?
MOFFA - Gli esempi possono essere tanti, dalla rete ai media, dalla polizia postale al luogo di lavoro. E ovviamente alla magistratura …

CANZANO 3-  Cominciamo dal primo punto: la ‘rete’ tende ad ‘uniformare’ la cultura e a proporci un modello che piace ai ‘cosiddetti governanti’, infatti, la rete è monitorata, e, continuamente vengono ‘oscurati’ siti ‘non conformi’ alle volontà del ‘grande fratello’. Ha avuto anche Lei problemi con la rete per le sue iniziative?
MOFFA – Sì, la mia lezione su Shoah tra Storia e Politica, giudicata da magistrati che l’hanno letta priva di alcun disvalore antisemita, e anzi persino apprezzata, e oscurata ogni tanto su you tube come la video-intervista di David Cole: una icona rossa che non apre nulla e una scritta di accompagnamento che avvertiva che per il suo contenuto quel video non era visibile. E’ il delirio censorio dei soliti noti, che usano la loro ‘giustizia’ privata, non essendo ancora riusciti, in Italia, a imbavagliare la storia per legge . Questo il caso più evidente: e poi, come tantissimi blogger tutte quelle forme di mobbing informatico che ti fanno perdere tempo, ti diffamano, si infilano nei siti o su FB con amici-fakes utili a reindirizzare i dibattiti su binari ortodossi. Magari la stessa persona con due nicknames, che litigano tra loro, e tu parli di una cosa e loro spostano l’attenzione su altro

CANZANO 4- Nel tempo, questa situazione diventa insopportabile, anche a me capitano cose del genere …
MOFFA - Verissimo, ci sono tanti modi indiretti e ‘privati’ di censurare in rete: su fb 3 o 4 tag e poi ti bloccano; siti che non riesci a caricare in rete, interpelli il fornitore e non capisci perché. E allora bisogna fare una corretta analisi della ‘rete’ e stabilire un paio di principi per regolarla: l’analisi vuol dire che la rete non è sempre il preteso regno della libertà, i cui cittadini devono ribellarsi a ogni tipo di normazione. La rete ha una potenzialità liberatoria enorme e contribuisce alla crescita qualitativa e quantitativa dell’alfabetizzazione di massa, ma presenta anche rischi: vedi a proposito dell’alfabetizzazione il degrado della lingua delle giovanissime generazioni, un linguaggio-chat pieno di o, ah, aoh, zeppo di errori forse anche a causa della piccola tastiera dell’ iphone, ma che comunque, reiterati, finiscono per produrre un pessimo italiano, dove la famosa x al posto di ‘per’ da cui la nota scenetta su Bixio trasformato in Biperio, è il minimo. Quanto alla libertà della rete, il carattere privatistico dei grandi server, provider etc – peraltro sempre o quasi con sedi legali in paesi lontani - è la base di tutti gli abusi. Bisognerebbe tentare con dei fornitori autoctoni, come si provò nella Francia di Chirac anni fa, un nuovo motore di ricerca concorrente di google, un progetto ambizioso poi fallito.

CANZANO 5– Ma anche la Cina ha fatto muro contro google e ha creato un suo motore di ricerca. Ma non si puo’ dire che sia un paese libero …
MOFFA - Vero, ma innanzitutto è da chiedere ai cinesi cosa pensano della cosa. E poi noi siamo in Europa, si potrebbe pensare a un mega motore di ricerca europeo, e ad altri servizi di eguale spessore, altrimenti gli abusi continueranno a dilagare grazie al monopolio di fatto esistente.

CANZANO 6– E dunque quali principi bisognerebbe applicare?
MOFFA – In primo luogo, a monte, bisogna affermare e pretendere il principio di responsabilità e di identificazione di chiunque pubblichi sulla rete; a valle, chiedere che le leggi dello Stato vengano applicate anche sulla rete. Esistono ovviamente leggi ingiuste o da riformare, come la stessa legge Mancino del 1993, ma il terreno di scontro va spostato in Parlamento, senza cercare e sperare di fare della rete una zona franca, un’isola felice dove pensi di poter scrivere quello che vuoi, perché così ci si rimette soltanto: tu ti dichiari a favore dell’abolizione della Mancino, o fai una lezione innocentissima e priva di risvolti antisemiti, o scrivi un articolo sull’Iran o sulla Palestina, e ti ritrovi da una parte insultato, diffamato, minacciato da veri o presunti soggetti in rete, e dall’altra emarginato con le censure di cui sopra. Dunque i codici penali e civili vanno applicati anche su internet, contrariamente a una tendenza finto-libertaria e fino-anarchica in rete, e gran parte della giurisprudenza che reputa i reati compiuti on line meno gravi di quelli su cartaceo. Non è vero, semmai certi reati sono ancora più gravi in rete, per almeno due motivi: perché sono reiterati nel tempo: se ti diffama un quotidiano, la cosa resta lì, un giorno o una settimana e poi torni a respirare. Ma in rete le cose restano a volte persino oltre la circolazione ufficiale - ad opera dell’autore - dello scritto diffamatorio o minatorio.
Secondo motivo, perché chi li compie si nasconde meglio …

CANZANO 7– Dunque siamo arrivati al principio di responsabilità e di identificazione di chi pubblica in rete …
MOFFA – Proprio così: una prima regola etica da diffondere è che bisogna chiedere a tutti di assumersi la responsabilità pubblica delle proprie prese di posizione. Alcune volte comunque ciò è impossibile, ci sono professionisti – penso agli stessi avvocati -  che possono necessitare di un nickname. Oppure qualcuno si diverte a firmare con un soprannome simbolico. Tutto bene: ma se  quel qualcuno commette un qualsiasi reato, deve poter essere identificato sia dalla vittima, sia dalla magistratura. L’IP del computer dovrebbe essere la base di questa identificazione, un po’ come il telaio delle auto, una carta d’identità del computer su cui è stato commesso il reato. A difesa della vittima e delle vittime, non a lesione della ‘libertà della rete’ come pretendono certi furbi o ingenui.
C ANZANO 8-  Ma non mi pare così semplice, il computer puo’ essere rubato, oppure puo’ entrarci un hacker per attribuire al malcapitato il reato da lui commesso …
MOFFA – Ma intanto c’è la base da cui partire, in parallelo si deve pensare a vere difese dagli hacker con l’aiuto di altri poteri forti ma democratici e liberali, quale potrebbe essere lo stesso Stato-governo italiano … Gli ostacoli veri dunque non sono questi, ma altri due: da una parte c’è Aruba che si è messa inventare una pluralità di IP per caricare i siti, IP però che non dovrebbero essere quelli anagrafici del computer stesso. In questo modo si creano però molte ambiguità di rintracciamento degli autori dei post su quel sito, che potrebbe essere stato infiltrato da un hacker. Dall’altra ci sono i PM archivia tutto, quando chi compie il reato appartiene a giri forti, alle caste intoccabili che imperversano nel nostro paese. Tre miei esempi, a cui potrebbero aggiungersi in un dossier di centinaia di pagine quelli di tantissimi altri navigatori della rete: la Polizia postale di Viale Trastevere che afferma che non si puo’ far nulla contro le intrusioni di hackers  nella mia pagina FB, segnalatemi da Facebook con tanto di luogo di compimento dell’incursione! Un Pm del Giudice di pace, che ripete la stessa cosa, dopo aver individuato e interrogato l’autore di un messaggio contenente una minaccia di aggressione (e forse di morte, visto il richiamo alla solita “resistenza”). E due PM, uno romano e uno teramano, che alle prese con un sito di sedicenti anarchici (alla Pinelli o alla Bertoli?) che mi aveva minacciato e diffamato se avessi partecipato a un dibattito sulla Palestina, chiedono e alla fine ottengono (quello di Teramo) l’archiviazione. Eppure a disposizione del GIP e dei due PM c’erano due indirizzi postali a Firenze e a Milano, un conto corrente postale, forse un numero di telefono … niente le ulteriori indagini non si fanno: l’IP dei computer non vale nulla …
CANZANO 8– Forse però l’IP del computer non è sufficiente, esistono dei margini di errore
MOFFA - Forse sì, senonché, uno, non si capisce perché non provarci ed escluderlo invece a priori; due e soprattutto, un giorno apro TG1 mattina e vedo un funzionario di polizia che racconta della scoperta e arresto di una banda di pedofili attraverso l’IP del computer. E allora? Due pesi e due misure: se quella banda fosse appartenuta ad un giro forte, non è da escludere che un altro funzionario avrebbe teorizzato il contrario. Ma attenzione, anche se così fosse, dovrebbe essere compito del legislatore esaminare attentamente la questione, e fare in modo di impedire – anche con convinzioni internazionali, e con oscuramento dei server fuori regola – che la rete continui a vivere nell’anonimato, senza possibilità di identificare chi di volta in volta, caso per caso la utilizza. Senza limiti, come è senza limiti la fantasia informatica degli hacker: cito al proposito un caso, nel sito della mia università, Teramo, la mia casella postale …



Il degrado dell’università nell’era della globalizzazione (seconda parte)

CANZANO 1- La libertà di opinione e di pensiero è stato oggetto di suoi studi e pubblicazioni, oggi, queste libertà sono ancora garantite?
MOFFA - Sono garantite formalmente, dalla Costituzione e da alcune norme sull’insegnamento. Sono garantite anche da alcuni parlamentari coraggiosi o comunque vigili, quelli che hanno fatto saltare più volte il tentativo dei soliti noti di imbavagliare la storia. Alcuni forse sopravviveranno politicamente, altri sono stati puniti. Penso a una deputata del PD, che alla vigilia della caduta del governo Monti, nel dicembre 2012, sollevò con chiarezza il problema della libertà di opinione nel votare contro l’ennesimo tentativo di introdurre in modo surrettizio una legge liberticida alla francese o alla tedesca anche in Italia. Non è stata ricandidata. Comunque - vedi anche l’intervento procedurale dei grillini nell’ultimo assalto del gennaio scorso, e  il ruolo del Pdl nella caduta del governo Monti - la resistenza c’è o per lo meno c’è stata fino adesso.  Ma l’aggressione ai principi costituzionali contenuti negli art. 21 e 33 non avviene solo attraverso una legge, ma anche attraverso altri meccanismi di censura, e grazie ad altri protagonisti della questione.

CANZANO 2-  Puo’ fare qualche esempio?
MOFFA - Gli esempi possono essere tanti, dalla rete alla stampa e alle TV, dalla polizia postale al luogo di lavoro. E ovviamente alla magistratura …

CANZANO 3- Cominciamo dal primo punto: la ‘rete’ tende ad ‘uniformare’ la cultura e a proporci un modello che piace ai ‘cosiddetti governanti’, infatti, la rete è monitorata, e, continuamente vengono ‘oscurati’ siti ‘non conformi’ alle volontà del ‘grande fratello’. Ha avuto anche Lei problemi con la rete per le sue iniziative?
MOFFA – Sì, la mia lezione su Shoah tra Storia e Politica, giudicata da magistrati che l’hanno letta priva di alcun disvalore antisemita, e anzi persino apprezzata, e oscurata ogni tanto su you tube come la video-intervista di David Cole: una icona rossa che non apre nulla e una scritta di accompagnamento che avvertiva che per il suo contenuto quel video non era visibile. E’ il delirio censorio dei soliti noti, che usano la loro ‘giustizia’ privata, non essendo ancora riusciti, in Italia, a imbavagliare la storia per legge . Questo il caso più evidente: e poi, come tantissimi blogger tutte quelle forme di mobbing informatico che ti fanno perdere tempo, ti diffamano, che si infilano nei siti o su FB con amici-fakes utili a reindirizzare i dibattiti su binari ortodossi. Magari la stessa persona con due nicknames, che litigano tra loro, tu parli di una cosa e loro spostano l’attenzione su altro

CANZANO 4- Nel tempo, questa situazione diventa insopportabile, anche a me capitano cose del genere …
MOFFA - Verissimo, ci sono tanti modi indiretti e ‘privati’ di censurare in rete: su FB 3 o 4 tag e poi ti bloccano; siti che non riesci a caricare in rete, interpelli il fornitore e non capisci perché. E allora bisogna fare una corretta analisi della ‘rete’ e stabilire un paio di principi per regolarla: l’analisi vuol dire che la rete non è sempre il preteso regno della libertà, i cui cittadini devono ribellarsi a ogni tipo di normazione. La rete ha una potenzialità liberatoria enorme e contribuisce alla crescita qualitativa e quantitativa dell’alfabetizzazione di massa, ma presenta anche rischi: vedi a proposito dell’alfabetizzazione il degrado della lingua delle giovanissime generazioni, un linguaggio-chat pieno di o, ah, aoh, zeppo di errori forse anche a causa della piccola tastiera dell’ iphone, ma che comunque, reiterati, finiscono per produrre un pessimo italiano, dove la famosa x al posto di ‘per’ da cui la nota scenetta su Bixio trasformato in Biperio, è il minimo. Quanto alla libertà della rete, il carattere privatistico dei grandi server, provider etc – peraltro sempre o quasi con sedi legali in paesi lontani - è la base di tutti gli abusi. Bisognerebbe tentare con dei fornitori autoctoni, come si provò nella Francia di Chirac anni fa, un nuovo motore di ricerca concorrente di google, un progetto ambizioso poi fallito.

CANZANO 5– Ma anche la Cina ha fatto muro contro google e ha creato un suo motore di ricerca. Ma non si puo’ dire che sia un paese libero …
MOFFA - Vero, ma innanzitutto è da chiedere ai cinesi che pensano de loro motore di ricerca. E poi noi siamo in Europa, si potrebbe pensare a un mega motore di ricerca europeo, e ad altri servizi di eguale spessore, altrimenti gli abusi continueranno a dilagare grazie al monopolio di fatto esistente.

CANZANO 6– E dunque quali principi bisognerebbe applicare?
MOFFA – In primo luogo, a monte, bisogna affermare e pretendere il principio di responsabilità e di identificazione di chiunque pubblichi sulla rete; a valle, chiedere che le leggi dello Stato vengano applicate anche sulla rete. Esistono ovviamente leggi ingiuste o da riformare, come la stessa legge Mancino del 1993, ma il terreno di scontro va spostato in Parlamento, senza cercare e sperare di fare della rete una zona franca, un’isola felice dove pensi di poter scrivere quello che vuoi, perché così ci si rimette soltanto: tu ti dichiari a favore dell’abolizione della Mancino, o fai una lezione innocentissima e priva di risvolti antisemiti, o scrivi un articolo sull’Iran o sulla Palestina, e ti ritrovi da una parte insultato, diffamato, minacciato da veri o presunti soggetti in rete, e dall’altra emarginato con le censure di cui sopra. Dunque i codici penali e civili vanno applicati anche su internet, contrariamente a una tendenza finto-libertaria e fino-anarchica in rete, e contro gran parte della giurisprudenza che reputa i reati compiuti on line meno gravi di quelli su cartaceo. Non è vero, semmai certi reati sono ancora più gravi in rete, per almeno due motivi: perché sono reiterati nel tempo: se ti diffama un quotidiano, la cosa resta lì, un giorno o una settimana e poi torni a respirare. Ma in rete le cose restano a volte persino oltre la circolazione ufficiale - ad opera dell’autore - dello scritto diffamatorio o minatorio.
Secondo motivo, perché chi li compie si nasconde meglio …

CANZANO 7– Dunque siamo arrivati al principio di responsabilità e di identificazione di chi pubblica in rete …
,MOFFA – Proprio così: una prima regola etica da diffondere è che bisogna chiedere a tutti di assumersi la responsabilità pubblica delle proprie prese di posizione. Alcune volte ciò è impossibile, ci sono professionisti – penso agli stessi avvocati -  che possono necessitare di un nickname. Oppure qualcuno si diverte a firmare con un soprannome simbolico. Tutto bene: ma se  quel qualcuno commette un qualsiasi reato, deve poter essere identificato sia dalla vittima, sia dalla magistratura. L’IP del computer dovrebbe essere la base di questa identificazione, un po’ come il telaio delle auto, una carta d’identità del computer su cui è stato commesso il reato. A difesa della vittima e delle vittime, non a lesione della ‘libertà della rete’ come pretendono certi furbi o ingenui.
C ANZANO 8-  Ma non mi pare così semplice, il computer puo’ essere rubato, oppure puo’ entrarci un hacker per attribuire al malcapitato il reato da lui commesso …
MOFFA – Ma intanto c’è la base da cui partire, in parallelo si deve pensare a vere difese dagli hacker con l’aiuto di altri poteri forti ma democratici e liberali, quale potrebbe essere lo stesso Stato-governo italiano … Gli ostacoli veri dunque non sono questi, ma altri due, il primo riguarda i server: da una parte c’è Aruba che si è messa inventare una pluralità di IP per caricare i siti, IP però che non dovrebbero essere quelli anagrafici del computer stesso. In questo modo si creano infatti molte ambiguità per il rintracciamento degli autori dei post su quel sito, che potrebbe essere stato infiltrato da un hacker. Aruba negli ultimi due anni è diventata potente e ricca, vedi la pubblicità: che relazione c’è tra questo salto quantitativo e questa stranezza qualitativa, per la quale il principale server italiano (europeo?) contribuisce a rafforzare l’ “anarchia” in rete?
Dall’altra – ecco il secondo problema - ci sono i PM archivia-tutto, se chi compie il reato appartiene a giri forti, alle caste intoccabili che imperversano nel nostro paese. Tre miei esempi, a cui potrebbero aggiungersi in un dossier di centinaia di pagine quelli di tantissimi altri navigatori della rete: la Polizia postale di Viale Trastevere che afferma che non si puo’ far nulla contro le intrusioni di hackers  nella mia pagina FB, segnalatemi da Facebook con tanto di luogo di compimento dell’incursione! Un Pm del Giudice di pace che ripete la stessa cosa, dopo aver individuato e interrogato l’autore di un messaggio contenente una minaccia di aggressione (e forse di morte, visto il richiamo alla solita “resistenza”). E due PM, uno romano e uno teramano, che alle prese con un sito di sedicenti anarchici (alla Pinelli o alla Bertoli?) che mi aveva minacciato e diffamato se avessi partecipato a un dibattito sulla Palestina, chiedono e alla fine ottengono (quello di Teramo) l’archiviazione. Eppure a disposizione del GIP e dei due PM c’erano due indirizzi postali a Firenze e a Milano, un conto corrente postale, forse un numero di telefono … quella è gente che potrebbe aver seminato anche bombe qui e là, come da notizie di cronaca degli ultimi anni: ma niente, le ulteriori indagini non si fanno: l’IP dei computer per certi magistrati alle prese con certi giri non vale nulla …
CANZANO 9– Forse però l’IP del computer non è sufficiente, esistono dei margini di errore
MOFFA - Forse sì: senonché, uno, non si capisce perché non provarci ed escluderlo invece a priori; due e soprattutto, un giorno apro TG1 mattina e vedo un funzionario di polizia che racconta della scoperta e arresto di una banda di pedofili attraverso l’IP del computer. E allora? Due pesi e due misure: se quella banda fosse appartenuta ad un giro forte, non è da escludere che un altro funzionario avrebbe teorizzato il contrario.
Ma attenzione, anche se così fosse, dovrebbe essere compito del legislatore esaminare attentamente la questione, e fare in modo di impedire – anche con convenzioni internazionali, e con oscuramento dei server fuori regola – che la rete continui a vivere nell’anonimato, senza possibilità di identificare chi di volta in volta, caso per caso la utilizza. Poteri forti democratici che devono agire senza limiti, come è senza limiti la fantasia informatica degli hacker: cito al proposito un caso, nel sito della mia università, Teramo, la mia casella postale …

CANZANO 10– Anche sul luogo di lavoro? In che senso fantasia? Che è successo?
MOFFA –  Un meccanismo che non conoscevo fino a un paio di settimane fa: il breve video di quello che accade con la posta unite  è sulla mia pagina FB: in sintesi quando apro una mail e dò solo una sbirciata ripromettendomi poi di leggere meglio dopo, e perciò la richiudo, la mail scompare del tutto dalla mia casella postale, anche dalla posta spam o eliminata. E l’ultima stranezza …

CANZANO 11–  Ma all’Ateneo di Teramo son cose vecchie, mi pare, fin dai tempi dell’invito a Faurisson, maggio 2007
MOFFA – Sì, ma adesso non c’è nessun comunicato ufficiale del Centro Simon Wiesenthal a pretendere di bloccare una lezione di Faurisson. E ci sono esternazioni di magistrati che, essendosi documentati sulla mia lezione sulla shoah del 2010, ne hanno confermato a chiare lettere l’assenza di qualsiasi carattere antisemita, anzi l’hanno persino elogiata. Ma questo per chi guida l’Ateneo non conta nulla. Non voglio dilungarmi perché il problema va inserito in un contesto generale. Elenco dunque telegraficamente: boicottaggio della mia materia a scelta, Storia del Diritto Internazionale, inserita in tabella senza crediti al contrario delle altre; non concessione della usuale proroga al solo Master Mattei nel periodo cruciale tra inizi novembre e metà dicembre, col risultato che alcuni miei potenziali iscritti sono finiti in un master concorrente; niente attivazione delle scuole superiori per i film su e di Mattei, capolavori e documenti storici che solo un imbecille puo’ disprezzare; coincidenza dell’inaugurazione del master con un convegno sui ‘campi di concentramento’ abruzzesi, una iniziativa che di scientifico non ha proprio nulla, ma la cui coincidenza col master suona come un’implementazione di una vecchia idea lanciata sul quotidiano di De Benedetti il 25 maggio 2007, e cioè: invece che chiudere Scienze Politiche bisogna(va) “organizzare in facoltà, contestualmente alla discussa conferenza di Faurisson, una vigilanza e mobilitazione di docenti, studenti e altri …”. Dove negli ‘altri’, in quei giorni caldi del 2007, non potevano non essere inclusi anche i picchiatori romani del 18 maggio precedente. Intimidazione? Dite voi. Di certo lo è stata la porta del mio ufficio che ho trovato aperta due o tre volte, l’ultima per un paio di giorni con la chiave nella toppa, e appeso un portachiavi di bandierine di plastica palestinesi …  Poi … mi fermo qui, il telegramma è diventato lungo: il quadro generale è più importante ..

CANZANO 12– Bene, qual è allora la responsabilità dell’Europa nello stato di salute degli Atenei italiani?
MOFFA – Prima dell’Europa e di Roma, c’è il quadro generale dell’Ateneo: le attenzioni non riguardano solo il sottoscritto, ma chiunque osi criticare l’indirizzo attuale. Un’impiegata ti dice “ho paura di tutti”. Un collega che aveva scritto un articolo critico dell’attuale gestione, viene avvicinato con un ironico ma anche minaccioso “ah, dunque sei diventato il capo dell’opposizione”. Clima teso anche nel CdA per le ‘magnifiche spese’ del Rettore, che va assumendo esterni all’Università, nonostante l’alto numero di personale interno disponibile e la crisi dei bilanci. La CGIL ha chiesto l’audio della riunione, dove sembra siano volate parole inappropriate. E poi le forzature continue: 42 colleghi non hanno votato il loro rappresentante al Senato grazie ad un regolamento che ha bypassato lo Statuto giocando sugli accorpamenti di aree scientifiche pretesi dal MIUR. Un Osservatorio mondo che agisce in segreto, con studenti che si alzano dalle lezioni fondamentali per andare a una loro riunione “importante”. Le nuove “spese magnifiche” di D’Amico – c’è anche una teleferica di mezzo – che potrebbero marciare in parallelo con interessi lobbistici speculativi di tipo edilizio.
CANZANO 13–  L’Europa e il Miur dunque
MOFFA – L’Università sta cambiando radicalmente: da una parte in meglio, la sacrosanta richiesta di un maggiore impegno da parte dei docenti e dei ricercatori: dall’altra in peggio, i rischi per la libertà di ricerca, la militarizzazione e aziendalizzazione dell’insegnamento, e il ritorno di un eurocentrismo impensabile per quegli storici e politologi della mia generazione che sono cresciuti professionalmente nella grande stagione della decolonizzazione. Stanno facendo esattamente come con Tangentopoli: allora la giusta lotta alla corruzione servì da grimaldello per sottrarre al Popolo italiano l’immenso patrimonio dell’Industria di stato, per privatizzare la Banca d’Italia e per demonizzare un intera classe politica grazie all’assalto congiunto mediatico e giudiziario, incanalato nella voluta confusione tra finanziamento illecito dei partiti e corruzione personale. Oggi il sasso lanciato nel 92 si allarga a nuovi cerchi, ed ecco il ‘nuovo che avanza” negli Atenei … Docenti e ricercatori vengono deprivati passo dopo passo della loro autonomia, non sono più soggetti autonomi con i loro limiti e errori, le loro meschinità, ma anche le loro capacità e meriti professionali: sono meri esecutori di regole pseudovalutative decise a priori, da gente mille volte più meschina di loro, e fatte essenzialmente di dati esterni alla qualità del sapere, alla qualità di quello che scrivi e insegni, e composti soprattutto da numeri: quante volte ti hanno citato le riviste ‘in’, quante volte sei dentro le banche date internazionali, quanti studenti hai …

CANZANO 14– Però lo Stato non puo’ finanziare corsi senza un numero adeguato di studenti, dunque i numeri contano
MOFFA . Contano fino a un certo punto. I numeri di cui parlo sono imposti  dal mercato, dalle grandi catene mediatiche e editoriali. La cultura libera dovrebbe muoversi lungo altre coordinate e garantita come tale dallo Stato, come è avvenuto fino a una quindicina d’anni fa. Certo, qualcuno potrà …

CANZANO 15– Ma lo Stato repubblicano non dava libertà alla cultura di destra …
MOFFA – Era proprio quello che stavo dicendo: qualcuno potrà dire quel che lei ha adesso osservato . Ma da una parte questo è solo parzialmente vero – dal grande latinista Paratore a Auriti a De Felice – e dall’altra sarebbe mai pensabile nella nuova Università modellata come una azienda, e attenta all’ossessione della sicurezza anti islamica come già richiedeva nel settembre 2001 il segretario generale della NATO Lord Robertson, sarebbe mai possibile la presenza di un filologo arabista che possa divulgare la tesi dell’accademico giordano Adnan Badran  per il quale Maimonide sarebbe stato un musulmano e non un ebreo? Tesi accolta , accolta anche in sede Unesco, con grande scandalo di una petizione di condanna da parte di associazioni sioniste? [1]
E sarebbe possibile insegnare, che so io, la storia della civiltà romana così come la insegnava Santo Mazzarino, una analisi non filtrata dall’ossessione ebreocentrica per cui i romani erano degli “imperialisti”, punto e basta?  La vera storia di Roma, fatta non solo di schiavismo – come vanno ‘insegnando’ certi libri di favole per bambini, penso a Geronimo Stilton - ma anche ad esempio di uno sviluppo tecnologico mai visto prima di allora, e di un corpo giuridico che è alla base del diritto moderno? E sarebbe ancora possibile organizzare un corso sul pensiero di Marx e sul marxismo?    ..  Diciamo forse sì, qui e là: ma se qualcuno ottenesse spazio per questo tipo di corsi ecco che arrivano i numeri: tu raccogli, in un sistema culturale in cui le catene mediatiche private sovrastano ormai l’accademia, due tre cinque studenti, e zacchete ti chiudono il corso perché non è produttivo, perché hai pochi studenti e fai pochi esami. Dunque le culture eterodosse continuano ad essere penalizzate. Una barbarie, italiana e europea ..

CANZANO 16– Ma perché l’Europa? Fino a che punto le responsabilità sono europee e non dei nostri politici?
MOFFA – Le responsabilità dei politici italiani ci sono, tutti quelli che dagli anni Novanta ad oggi hanno contribuito a dar vita al sistema attuale. Ma l’Europa è il mostro generatore: la Commissione europea è un alieno nel corpo della civiltà europea, le è estraneo, è succube del peggiore americanismo e del peggiore tribalismo sionista. Le faccio un esempio conclusivo, perché l’analisi potrebbe durare a lungo: la questione delle banche dati, quelle che servono al progresso di carriera delle nuove generazioni di studiosi.  
Da una parte c’è il discorso come dire tecnico, chi e come fa carriera: Luigi Frudà del  CUN mi ha detto una volta che il sistema che sta avanzando (speriamo che ci siano correzioni da parte del nuovo governo, ma dubito) permetterà a un giovane disinvolto di sopravanzare in termini di ‘produttività’ uno studioso che ad esempio si mette a scrivere un manuale di sociologia, due anni di impegno. Il giovane infatti pubblicherà molti articoli di tre o quattro pagine su riviste ‘in’, dotate della cosiddetta peer evaluation (cioè valutatori presunti ignari di chi è l’autore dell’articolo), essendosi messo d’accordo con i suoi colleghi per uno scambio delle citazioni del suo lavoro con quelle dei suoi compari: e in questo modo il suo impegno nel biennio o triennio verrà valutato più di quello del professore vecchio stile.
CANZANO 17– Assurdo in effetti …
MOFFA – Sì, assurdo, ma questo è niente, il problema più grave sono le banche dati “citazionali” (che registrano cioè quante citazioni hai), filtro delle carriere dei docenti e ricercatori universitari, e qui la responsabilità dell’Europa come istituzione, e di tutti i suoi Stati membri, è enorme: infatti si sarebbe dovuto creare attraverso una azione congiunta dei Ministeri della Cultura e dell’Istruzione dei 27, una grande banca dati europea, data dalla somma delle diverse banche dati nazionali. Ad esempio in Italia noi abbiamo la banca dati OPAC, organizzata dalle Biblioteche centrali italiane con il concorso di tutte le biblioteche di enti privati o pubblici. Lì finiscono tutte le pubblicazioni..In tal modo tutti i libri di tutte le case editrici, anche le più marginali nel mercato, finiscono per essere registrati. I dati dei singoli curricula sono così completi, non ci sono filtri: il filtro, in caso di concorso per la scuola e o per l’Università, potrà venire solo dalle Commissioni concorsuali, i Commissari in carne ed ossa che litigheranno o convergeranno – sulla base soprattutto dell’analisi del contenuto delle pubblicazioni, e non dei numeri di cui ho detto – su questo o quel candidato. I Commissari, esattamente come i candidati, ridiventerebbero come un tempo Soggetti del loro operare. La scelta del vincitore sarebbe comunque più approfondita, proprio perché non ci sono solo o prevalentemente regole predeterminate, ma valutazioni obbligate a formarsi sul filo principale dell’analisi del contenuto degli elaborati dei candidato.

CANZANO 18– Ma perché l’Europa non ha costruito una sua banca dati? E quali sono le banche dati utilizzate al suo posto?
MOFFA – Perché non lo so, posso solo intuirlo: per lo stesso motivo per cui la BCE è privata, il Parlamento europeo non conta nulla, e la Commissione è il mostro alieno di cui sopra. Ed ecco allora le banche dati utilizzate: ISI e Scopus, una americana e una israeliana, ed entrambe private ..
CANZANO 19–  Straniere e private? Come è possibile? E come è possibile che nessuno si sia opposto a queste decisioni?
MOFFA – Di nuovo posso solo intuire perché: per lo stesso motivo per cui tutto il ceto parlamentare italiano, tranne rarissime eccezioni, ha detto sì a Maastricht e Lisbona, al MES e a tutte le direttive liberticide e economicide che ci piovono dalla Commissione. Qui comunque, nel caso delle banche dati, l’operazione ha un carattere ancora più strategico, la formazione delle nuove generazioni, tanti piccoli alieni oggettivamente dipendenti dagli umori dei patron privati dell’ISI e Scopus: oggi forse illuminati e liberali – è una pura ipotesi – ma un domani chissà, o perché loro cambiano dopo aver ristretto le maglie della rete per acchiappare tutti, o perché vengono sostituiti da altri proprietari, ovviamente dotati del capitale privato necessario, non bazzecole, ma miliardi di euro o di dollari, per acquistare la banca dati. Ma l’aspetto quasi-totalitario va ben al di à di questo fatto, c’è ancora di peggio. Scopus non è un acronimo e non  è un latinismo per “obbiettivo”, è un Monte di Gerusalemme …

CANZANO 20– Date le premesse, mi sembra un particolare del tutto secondario
MOFFA – In parte è secondario. Ma se si entra dentro il sito di Scopus – il sito dedicato soprattutto alle materie umanistiche -  ecco l’ultima sorpresa. La banca dati è divisa in due sottobanche, una si chiama Athens e l’altra Shibbolet. .Shibbolet è una parola ebraica Il messaggio immediato è dunque chiaro, da una parte ci sarà la produzione saggistica “greca” e dall’altra quella ‘ebraica’: niente ellenismo, niente contaminazioni, e niente Roma, la civiltà romana è solo un appendice secondaria e minore di quella greca. E niente resto del mondo, scompare la Cina, l’Africa, la civiltà araba, tutta quella ‘rivoluzione storiografica’ alla Barraclough su cui ci siamo formati noi storici fino gli anni Ottanta. Tutto scompare in una visione eurocentrica dimezzata, o addirittura tribalista. E che tribalismo …
CANZANO 21– Perché, shibboleth che vuol dire?
MOFFA – “Vuol dire” che la cultura ebraica alla Rabin, il leader e colono sionista assassinato del 1994 dall’anima più oltranzista dell’ebraismo israeliano, non puo’ entrare in quella sottobanca dati. E forse neppure Sharon, convertitosi alla stessa realpolitik una decina di anni dopo. Vuol dire, andando all’origine della parola, 42.000 ebrei efraimiti uccisi dai guerrieri galaaditi, anch’essi ebrei. Il racconto è nel libro dei Giudici: gli efraimiti non solo non si erano uniti alla guerra combattuta dai Galaaditi contro un popolo gojm abitante la Terra promessa, cioè la Palestina, ma oltretutto avevano preteso di far parte del bottino di guerra dei cugini vincitori. I galaaditi non gradirono, e reagirono sconfiggendo in battaglia gli efraimiti. Fuggendo, questi dovevano attraversare un fiume: i galaditi si misero a guardia dei guadi, e a chiunque si avvicinava chiedevano di pronunciare la parola Shibbolet. Gli efraimiti non sapevano pronunciare la sci, dicevano “sibboleth”, un po’ come i Vespri siciliani con “ciciri”, la parola ceci che i francesi non sapevano pronunciare. Dunque i nemici in fuga vengono tutti scoperti, e tutti uccisi, 42.000.
Questa è la banca dati Scopus, un orrore che riflette evidentemente le idee del suo proprietario. Forse esagero, ma trovo assurdo che nessuno discuta di questo: tu puoi andare in un Consiglio di Facoltà, e incroci una capretta imbecille che gioca col pallottoliere per capire se 2 + 2 fa quattro, ma impedisce la discussione sdu questi aspetti della riforma Berliunguer-Gelmini. Nessuno ne parla

CANZANO 22– Che fare allora?
MOFFA - Non lo so. Potrei dire, questa Italia così succube dell’oltranzismo occidentale, che giunge persino a prendere le distanze da Rabin, mi fa orrore  e cambio cittadinanza, o Mosca o Teheran. Ma è una battuta, preferisco augurarmi che nel Parlamento italiano e in quello europeo qualcuno si occupi di dar vita, e presto, a una Banca dati europea
                                                                                                                                         

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[1] www.claudiomoffa.it: Incredibili dictu: Maimonide musulmano? …. “Ma appunto, nella petizione c’è di più, e di più sconvolgente. La lettera lamenta infatti anche una seconda decisione dell’Unesco, e cioè quella di aver sponsorizzato il convegno internazionale di filosofia di Teheran del novembre 2010, al cui interno sarebbe emerso un altro “terribile” caso di revisionismo, in particolare nella relazione del giordano Adnan Badran ‘Sullo stato della scienza negli Stati Arabi’. Chi è Adnan Badran? E cosa avrà mai detto di scandaloso? Alla prima domanda si può rispondere in parte con i dati forniti da Wikipedia: ministro dell’agricoltura  … Badran è innanzitutto un accademico e scienziato … Ma cosa aveva mai detto Badran a Teheran? Ce lo dice non Wikipedia, che non cita nemmeno un’opera dello studioso giordano [2], ma di nuovo il sito Europe.Israel.org, riportando il testo della petizione a Irina Bokova e presentandolo con queste parole: “l’appropriazione di Maimonide come un cosiddetto erudito musulmano deve essere (must be) corretta nel rapporto di Adnan Badran Sullo stato della scienza negli Stati Arabi, come un puro atto di revisionismo, visto che è provato storicamente che Mosé Maimonide fu uno dei più grandi eruditi ebrei dell’età d’oro spagnola, e rimane uno dei maestri del pensiero giudaico”.


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PAOLA MEROLLI

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Roma 10 maggio 2014