martedì 16 febbraio 2016

TOUHAMI GARNAOUI



Giovanna Canzano
Intervista
Touhami Garnaoui

13.2.2016

Giulio Regeni, la sua morte, oltre ad aver sconvolto il nostro paese, ha anche reso più difficile il rapporto con l’Egitto. La sua morte solo un errore? Era forse una spia o solo un ragazzo troppo sveglio e troppo capace che, non è riuscito a tirarsi indietro e, nonostante tutto, ha continuato a percorrere il suo cammino di ricercatore, anche se, negli ultimi giorni si sentiva in pericolo? A chi ha dato fastidio, o, cosa ha capito che non doveva in alcun modo rivelare? La tortura inflittagli per carpirgli qualche informazione che non ha voluto dare o non la conosceva? Si può morire così per eccesso di studio e per un errore di valutazione degli organi preposti per la sicurezza di uno stato? E l’Italia, accetta a suo malgrado formali scuse di errore di valutazione? Questi sono interrogativi che ho girato  a Touhami Garnaoui.
Touhami Garnaoui, nato in Tunisia, ha seguito gli studi universitari a Parigi, vive in Italia dal 1969, prima a Roma dove lavorava poi in Sabina a Tarano da pensionato. A Tarano ha coperto l’incarico di sindaco,  primo maghrebino a ricoprire quest’incarico dal 2004 al 2009.
Laureatosi in scienze matematiche, aerodinamiche e economia. Diplomatosi all'ENSAR (Ecolle Nationale de Statistiques et administration économique. E' stato dirigente di aziende del gruppo IRI delle partecipazioni statali. Ha avuto l'incarico di capo missione del Ministero degli Esteri per la Cooperazione allo sviluppo. Ha scritto diverse articoli su stampa e riviste nazionali e libri di storia, saggistica e teatro.
Tra le sue pubblicazioni ha scritto anche “LE RADICI DEL GELSOMINO”,  BookSprint, 2013


Giulio Regeni, a pochi giorni dalla sua morte, già i media ne parlano poco.

Purtroppo il martellamento mediatico continua. In realtà Giulio Regeni e l’attenzione rivolta al suo caso interessano come pretesto per sferrare una guerra psicologica contro l’Egitto. D’altronde, l’indagine per la morte del giovane friulano ha i suoi tempi. I media avrebbero potuto approfittare per effettuare qualche seria analisi sul perché dell’assassinio di Giulio in questo momento, mentre l’Egitto sta realizzando il più importante progetto dai tempi di quello della diga di Assuan: il raddoppio del canale di Suez. Al momento è in corso la realizzazione di ben sei porti lungo il Canale, che rappresentano una grande opportunità per investimenti futuri. Inoltre, l'Egitto ha bisogno di almeno 10 miliardi di dollari di risorse per bilanciare la crisi economica in corso aggravata dal crollo dei turismo e dai bassi prezzi del petrolio che hanno colpito vari paesi della regione mediorientale.
Il ministro dello Sviluppo Economico, Federica Guidi, aveva programmato una visita in Egitto per il 3 febbraio, giorno dell’annuncio del ritrovamento del corpo del giovane Regeni, alla guida di una delegazione di 60 aziende e dei rappresentanti di Sace, Simest e Confindustria. Il programma della visita prevede incontri con il presidente della Repubblica Abdel Fatah al Sisi, con il primo ministro Sherif Ismail, tutti i ministri economici, l'Autorita' del Canale di Suez e altri interlocutori. Gli incontri servono anche a delineare i contenuti del vertice governativo che il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, aveva annunciato voler tenere a breve, sempre in Egitto. La missione della Guidi è finalizzata alla firma di importanti accordi economici con l’obiettivo di intensificare l'interscambio tra i due paesi che supera i 4 miliardi di euro, con un export in crescita ad oltre 2 miliardi. Una vera manna per l’economia italiana.

Il giornale La Repubblica, sotto la firma di Paolo Valentino, scrive, invece: “Il 6 agosto scorso, contro le obiezioni degli ambientalisti e le riserve di molti economisti, è stata inaugurata la nuova corsia di navigazione del Canale di Suez”.  Basandosi poi su alcune affermazioni, guarda caso, dell’ l’Istituto nazionale Israeliano di Oceanografia, e sull’opinione della giornalista del Nyt D. Rachael Bishop, titola: “Dal Canale più merci, ma anche molluschi e pesci che rischiano di provocare una catastrofe ambientale. L’Ue timida con il presidente egiziano, indispensabile per la lotta all’Isis e il controllo dei flussi migratori.”

Altri media proseguono il loro battage quotidiano non su fatti nuovi, ma mettendo in rilievo opinioni di colleghi  e professori di Giulio Regeni.

Cambrige, una università di cui si parla molto in questi giorni, frequentata da Giulio Regeni, come altre università anche americane, ma, cosa succede a questi studenti?

La prestigiosa università di Cambridge cerca giovani talenti italiani per integrare al meglio il suo mix globale di saperi e studiosi. Soprattutto perché chi esce dai migliori licei italiani possiede un background culturale assolutamente superiore rispetto a molte high school straniere. Cambridge - che è la seconda Università al mondo nella classifica 2014/2015 (Qs World University Rankings) e la prima in Europa - «chiama» Italia a tal punto da mandare a Roma il responsabile delle Ammissioni. In un’ora di spiegazione - con slides ed interventi anche di ex alunni, illustra a studenti e genitori cosa serve per superare i difficili esami di ingresso, come fare la domanda, ecc. Ma non spiega agli eventuali candidati che i suoi laureati escono con il cervello lavato british, cioè con in testa un pensiero unico, un modello definitivo, quello del Fmi, della Banca mondiale e della Banca europea.
Dicevo prima del battage, attraverso il racconto di opinioni di professori di Giulio Regeni. A questo proposito, si legge sul Fatto Quotidiano, del 7 febbraio: “Se devo pensare a che cosa sia esattamente un cittadino del mondo, a me viene in mente Giulio. Ne è sicuro Neil Pyper, docente di strategia e leadership all’Università di Coventry, non lontano da Birmingham nel Regno Unito, e “amico personale” di Giulio Regeni. Il mondo accademico ricorda così lo studioso di Fiumicello, in provincia di Udine. La volontà è lanciare una petizione al governo britannico per far sì che i ricercatori inviati in paesi “problematici” siano più tutelati. E poi l’istituzione di una borsa di studio in suo nome o una conferenza in sua memoria. Con una certezza: la figura di Regeni deve essere difesa anche dalla ricostruzione (fatta propria anche da una parte della stampa) che mette in relazione il giovane e i servizi segreti. Secondo chi conosceva e frequentava Giulio nel Regno Unito, nessun indizio farebbe pensare a questo. “Io di certo non ne ero a conoscenza”, ha aggiunto Pyper. “Neil Pyper è un Associate Head of School - Enterprise and Commercial in the School of Strategy and Leadership at Coventry University”. Specializzato in business strategy internazionale, particolarmente interessato ai mercati dell'America Latina) 

Egitto, il Cairo, la situazione politica internazionale. Il Manifesto, l’agenzia nena-news.it. Tutto gira int0rno ad una vita che non c’è più. Tanti silenzi.

La collaborazione Roma - il Cairo, solidi legami economici e culturali tra i due paesi, in un contesto mediterraneo notoriamente agitato, sono però osteggiati da quelle potenze mussulmane ed occidentali sioniste che fanno della caduta del generale Al-Sisi, della destabilizzazione dell’Egitto, e del ridimensionamento dell’esercito egiziano, l’unico esercito arabo indipendente rimasto in piedi, con quello algerino, una priorità: l’autobomba rivendicata dall’ISIS che ha devastato l’estate scorsa e causato morti e feriti, un mese prima dell’arrivo di Giulio Regeni in Egitto, il consolato italiano del Cairo è un inequivocabile avvertimento mafioso contro l’Italia. Che abbandoni Al-Sisi e l’Egitto al loro destino o ne pagherà le conseguenze. L’Isis annunciava nuovi attacchi.
La marca dell’autovettura che è stata fatta esplodere è la stessa della macchina fatta esplodere per uccidere il procuratore generale due settimane prima. Il ministro dell’Interno egiziano si era recato al teatro dell’esplosione nei pressi del Consolato italiano al Cairo e una piccola folla lo aveva accolto ritmando grida per chiedere che venissero eseguite le condanne a morte contro i leader dei Fratelli Musulmani.  
“Soltanto Al Sisi può salvare l’Egitto. Questa è la mia posizione personale, e sono fiero della mia amicizia con lui. Darò il mio sostegno per lui e la direzione della pace», sono le parole del premier Matteo Renzi durante un’intervista a Al Jazeera. Ferma ed immediata risposta del ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni che in un tweet aveva scritto: «L’italia non si fa intimidire».  
Fra le tante incongruenze raccontate sulla vicenda della giovane vittima friulana, una colpisce in particolare: l’ambasciatore italiano al Cairo Maurizio Massari apprendendo dalle sue fonti che il corpo di Giulio era stato portato nell’obitorio di una zona abbastanza centrale della città decide di muoversi, senza chieder permesso: «Abbiamo semplicemente informato per telefono le autorità locali che stavamo per recarci all’obitorio. Non c’è stato né divieto, né autorizzazione formale». Dice l’ambasciatore: «Vederlo per me è stato devastante. Presentava segni evidenti di percosse e torture. Ho notato ferite, ecchimosi e bruciature. Non c’è alcun dubbio che il ragazzo sia stato duramente picchiato e seviziato». Le bruciature sono state smentite dall’autopsia preliminare eseguita in Italia: “Il Corriere della Sera ha scritto: «Sono state rilevate diverse fratture, in aggiunta alla rottura indotta della colonna cervicale, causa primaria della morte. Non sarebbero emersi segni di abusi o di violenze sessuali subìti dal giovane. E nemmeno di bruciature [delle bruciature di sigarette si era parlato nei giorni appena successivi al ritrovamento del corpo di Regeni, ndr]».


Giulio Regeni, avrebbe potuto destabilizzare l’Egitto? Cosa ci nascondono? Chi frequentava lo studente italiano?

Si è ricorso a diversi stratagemmi per mobilitare l’opinione pubblica:
- l’informazione mediatica distillata col contagocce sulla figura di Giulio, distorta e incompleta sui fatti, le illazioni, le petizioni, la fiacolata.
Leggiamo per esempio su La Repubblica del 4 febbraio: “L'esito tragico della vicenda del giovane di Fiumicello, il secondo studioso italiano morto in modo cruento all'estero dopo Valeria Solesin, uccisa al Bataclan a Parigi dai terroristi dell'Is.”
Sul Corriere della Sera del 6 febbraio resta: “l’eterno dilemma, non solo italiano, su quale sia la soglia del dolore nel bilanciare le convenienze strategiche con le ragioni dei diritti umani nelle relazioni fra gli Stati. I rapporti non solo dell’Italia ma di tutta l’Europa con l’Egitto vanno guardati in tutta la loro complessità. E non c’è dubbio che la dimensione del rispetto dei diritti umani ne sia componente, ancorché non unica. Dobbiamo tenerla presente e gestirla in partnership non in modo paternalistico ma cooperativo, nell’interesse anche dell’Egitto. Senza voler imporre alcun modello dall’esterno, l’Europa può aiutare l’Egitto a compiere passi in avanti e migliorare gli standard della democrazia. Tenendo presente che la lotta al terrorismo islamico è una priorità per tutti».
Ai media italiani fa eco il Nyt: è "un altro segnale allarmante di abusi da parte della forze di sicurezza in un Paese dove detenzioni arbitrarie e torture stanno diventando sempre piu' comuni".
- Gli amici di Giulio Regeni si sono mobilitati anche sul web per chiedere di fare luce sulla sua morte. Giovanni Parmeggiani ha lanciato sulla piattaforma Change.org una petizione con “la richiesta alle autorità tutte - ai governi egiziano e italiano e all'Unione Europea - di impiegare ogni possibile mezzo per far luce sulle circostanze dell'uccisione di Giulio Regeni".
Oltre 4600 gli esponenti del mondo universitario internazionale hanno firmato una lettera aperta scritta dall’Università inglese di Cambridge e indirizzata al presidente egiziano al-Sisi. Obiettivo: chiedere piena collaborazione per far luce su quanto accaduto al giovane ricercatore friulano e a tutte le altre persone scomparse e torturate in Egitto. “Siamo sconvolti dal fatto che il pubblico ministero egiziano dichiari che ci sono stati ampi segni di tortura sul suo corpo. Coloro che erano a conoscenza della scomparsa di Giulio prima della scoperta del suo corpo erano assai preoccupati per la sua sicurezza, dal momento che è scomparso nel bel mezzo di una campagna di sicurezza che ha portato ad arresti arbitrari di massa, un drammatico aumento di casi di tortura all’interno di stazioni di polizia, e altri casi di sparizioni, secondo la documentazione delle organizzazioni locali e internazionali per i diritti umani.”
- Fiaccolata a Fiumicello, per Giulio Regeni. Domenica 7 feb. Sera, per le strade del paese in provincia di Udine centinaia di persone hanno partecipato alla fiaccolata in ricordo del giovane ricercatore. "Giulio è stato ucciso per quello in cui credeva - ha detto il parroco, don Luigi Fontanot - Devo dire grazie a Dio, Jhavè, Padre, Allah o come vogliamo chiamarlo, grazie a Dio per averci dato Giulio".

Perché proprio uno studente italiano catturato ed ammazzato dopo la pubblicazione di un articolo e fatto trovare durante la visita di una delegazione italiana in Egitto?

Vorrei fare notare che l’articolo è stato pubblicato sul Manifesto soltanto il 5 febbraio, per la prima volta con il nome di Giulio Regeni, mentre si è saputo della morte del giovane friulano la sera del 3 febbraio. Quella sera, l’ambasciatore Maurizio Massari dava un ricevimento nella sua residenza con tutta la comunità degli affari italo-egiziana, passaggio decisivo per una missione economica, occasioni dove si parla di contratti e opportunità d’investimento. Dice l’ambasciatore Massari: «E’ successo all’inizio, verso le otto. Una fonte del ministero degli Esteri mi ha dato la brutta notizia che Giulio era stato ritrovato morto alla periferia della città». Il ricevimento viene interrotto, gli invitati se ne vanno senza toccare cibo. Massari fa le sue verifiche e purtroppo riceve solo conferme: la notizia è vera. Così, insieme al ministro Guidi, si reca di persona nell’appartamento di Giulio, dove alloggia la famiglia, per la parte più ingrata: informare i genitori del ragazzo arrivati da qualche giorno dal Friuli e con i quali è in costante contatto. Un annuncio doloroso, la fine di ogni speranza. Nel frattempo viene avvisata Roma, Farnesina e Palazzo Chigi. Da quel momento inizia anche lo stretto coordinamento con il ministro Gentiloni sulle cose da fare.
Ci si chiede perché gli assassini hanno scelto proprio Giulio Regeni, un giovane ricercatore di 28 anni, dottorando in commercio e sviluppo internazionale al dipartimento di politica e studi internazionali dell’università di Cambridge, nel Regno Unito, soltanto dal mese di settembre 2015 al Cairo, come visiting researcher dell'American University per una tesi sull'economia del paese. Egli viene descritto come viaggiatore, brillante studente, e già a 17 anni, durante il liceo Petrarca che frequentava a Trieste, andò a studiare per un anno nel New Mexico, negli Stati Uniti. Curioso, appassionato di teatro e conoscitore di lingue (oltre a un perfetto inglese, conosce francese, spagnolo e arabo che voleva perfezionare con questo viaggio in Egitto), politicamente a sinistra seguiva da studioso le notizie dal Nord Africa e dal Medio Oriente. Era un simpatizzante dell’opposizione al regime di Al-Sisi e, vista la sua giovane e romantica età, una preda facile per gli oppositori al regime egiziano, rappresentati essenzialmente dai Fratelli mussulmani, e più in generale per i nemici della cooperazione italo-egiziana e per la stabilità dell’Egitto. Se lo hanno giustiziato gli sbirri egiziani o tutti coloro i quali amano pescare in acque torbide, se gli sbirri hanno agito a seguito di un ordine impartito loro dalle autorità superiori o meno, questo lo potrebbe stabilire soltanto una giustizia giusta. Non molto tempo fa, Al-Sisi era pubblicamente intervenuto per condannare la brutalità della polizia, coinvolta in una serie di scandali. Noi, possiamo solo dire che tenere nascosta la verità serve a denigrare l’Egitto, il suo esercito e il suo regime, più che a indebolire l’opposizione egiziana, e tutti i nemici della pace, in nome di falsi diritti umani, come si è visto in Kosovo, Afghanistan,  Iraq, Libia, Siria.
Cosa cambierà nei rapporti Italia-Egitto?

Nelle relazioni fra Stati, rispetto alle convenienze strategiche, le ragioni etiche possono essere come una nebbia che lascia il tempo che trova. Ma chiediamoci chi avrebbe interesse a peggiorare i rapporti tra Italia ed Egitto e perché.
Soltanto sei mesi fa, i media notavano che la stabilizzazione avviata da Al-Sisi fa bene ai rapporti economici tra i due Paesi e che,  con la Libia atomizzata e fatta eccezione per l’Algeria, l’Egitto oggi è il più importante mercato italiano in Africa. Nel 2014 l’interscambio è stato pari a 5,180 miliardi di euro, e vale l’8 per cento dell’export egiziano.  Il viceministro con delega per il Commercio estero Carlo Calenda aveva affermato: «Dall’arrivo di al Sisi al governo l’interscambio italiano ha avuto un enorme impulso. Piaccia o no, i processi di stabilizzazione politica rafforzano i rapporti economici». 
A metà luglio 2015, quasi tutte le grandi aziende quotate hanno firmato o stanno per firmare importanti accordi di investimento. Eni, Edison, Intesa Sanpaolo, Pirelli, Italcementi, Ansaldo e ancora Tecnimont, Danieli, Techint, Cementir. La Stampa Mondo notava che, non è solo una questione di petrolio o cemento. A fare lauti affari con l’Egitto oggi sono anche le imprese medie e piccole padane: basti dire che la meccanica strumentale è la principale voce dell’export verso il mercato egiziano. L’Italia è il terzo Paese fornitore dell’Egitto dopo Cina e Stati Uniti, il primo cliente davanti a India e Arabia Saudita. La quota dell’interscambio Italia-Egitto è cresciuta fra il 2013 e il 2014 del 10 per cento ed è destinata a salire ancora. Più che le esportazioni ad essersi rafforzata l’anno scorso è stata la quota delle importazioni italiane dall’Egitto, cresciute addirittura del 28 per cento. È il segno di una stabilizzazione dell’economia interna: tutti i report raccontano di un Paese che ha rimesso ordine nei conti pubblici. Al Sisi è molto attento a non pestare i piedi agli investitori stranieri: mentre con i Fratelli Musulmani Intesa Sanpaolo ha rischiato la nazionalizzazione della controllata Banca Alexandria.
In quel momento, siamo nel mese di luglio 2015, viene compiuto un attentato al consolato italiano al Cairo, con almeno due morti e diversi feriti. L’attentato è rivendicato dall’Isis.
Tre mesi dopo, il 31 ottobre scorso un aereo della compagnia aerea russa Metrojet è precipitato nell’area della penisola del Sinai, in Egitto. L’aereo era partito da Sharm el-Sheikh, in Egitto, ed era diretto a San Pietroburgo, in Russia: tutte le 224 persone a bordo sono morte. l’Isis della provincia del Sinai (“Wilayat Sinai”),  rivendica l’abbattimento dell’aereo russo. 
Il primo governo a esprimersi apertamente sulla possibilità di una bomba è stato quello britannico. Il ministro degli Esteri Philip Hammond aveva detto: «Abbiamo concluso che c’è una significativa possibilità che lo schianto sia stato causato da un dispositivo esplosivo a bordo dell’aereo». Il Regno Unito aveva anche sospeso tutti i voli diretti verso il suo territorio e con partenza da Sharm el-Sheikh.
Il governo egiziano aveva reagito con durezza alle dichiarazioni del governo britannico e alle successive ipotesi delle intelligence statunitense ed europea. Il ministro del Turismo egiziano aveva anche detto che la decisione delle compagnie aeree di sospendere i voli verso Sharm el-Sheikh era  “ingiustificabile”, e avrebbe potuto danneggiare molto il settore locale del turismo.
Allora per rispondere alla domanda chi ha interesse ad eventuali cambiamenti nei rapporti Italia-Egitto, la risposta qui è evidente: il governo britannico e le intelligence statunitense ed europea.
Nel caso della morte violenta di Giulio Regeni mi sembra che il quotidiano Il Foglio riassuma abbastanza la posizione dei due governi italiano ed egiziano; soprattutto dopo la sconfitta dell’Isis e degli amici dell’opposizione in Siria e gli accordi di Monaco di Baviera sulla cessazione delle ostilità tra il governo di Assad e l’opposizione ad esclusione dell’Isis e di al-Nusra, gruppo armato di al-Qaeda:  “Xi Jinping aveva preceduto di pochi giorni la missione italiana, offrendo strabilianti occasioni di business: come è noto i cinesi non confondono gli affari con i diritti umani. Né lo fanno i russi, gli ultimi grandi venuti fra i clienti dell’Egitto. E in fondo nemmeno inglesi, francesi e americani sono così rigorosi quando si devono vendere squadriglie di caccia Rafale. C’è ressa alle porte dell’Egitto come di ogni regime che abbia un peso economico e geopolitico. Se usciamo dalla coda, gli altri in attesa sono solo contenti. Ma questo non esclude che un Paese autorevole – se con l’Egitto lo siamo – mostri comunque la sua dignità e chieda giustizia”.




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1 commento:

  1. Gli apparati di sicurezza egiziani avrebbero dovuto monitorarlo, ma siamo sicuro che lo abbiano fatto ? Chi erano quelli che lo seguivano ? Fratelli musulmani che probabilmente sono infiltrati sia nella polizia che nel governo. Perche' torturarlo con metodi superati ? Se fosse stato il governo egiziano, sarebbe bastato metterlo dentro in una "bella" cella di un carcere e c'era pure il valore aggiunto del ricatto alle autorita' italiane, si ricollega alla bomba fuori il consolato, alla bomba sull'aereo russo, farina del sacco di Londra e fratelli musulmani. IMHO

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