mercoledì 21 novembre 2012

Claudio MOFFA - Ripristino della sovranità monetaria dello Stato italiano

Ripristino della sovranità monetaria dello Stato italiano
Giovanna Canzano intervista Claudio Moffa
18 novembre 2012

CANZANO – Prof. Moffa, lei è coautore della proposta di legge d'iniziativa del deputato Scilipoti dal titolo: ‘Ripristino della Sovranità Monetaria dello Stato italiano nel rispetto dei Trattati Internazionali’, ci può dire cos’è questo progetto di legge?
MOFFA  -L'obbiettivo immediato del progetto di legge è la riacquisizione della rendita da sovranità monetaria, attraverso una zecca o una banca di stato al cui interno operi un organo consultivo dei Produttori, dalla Confapi alle Associazioni sindacali, e delle Associazioni dei consumatori. Il tutto nel rispetto degli attuali Trattati internazionali che ingabbiano il nostro paese e l'economia italiana. Ma siamo ben pronti a ad andare oltre, e a chiedere anche l'uscita dall'euro se, dopo il primo passo, e dopo aver verificato la disponibilità della BCE a non frapporre ostacoli al nostro legittimo obbiettivo, dovesse fallire un'azione concertata di tutti i paesi membri per cambiare la natura privatistica della Banca centrale dell'UE.
CANZANO - Certa  stampa  ha come  sport  preferito  attaccare  l'onorevole  Scilipoti,  accusandolo peraltro di essere un 'traditore'  di Di Pietro.  Lei  ha scelto  da  tempo di  collaborarci, come mai? E non  la  imbarazza  sommare la mala  attenzione giornalistica che lei  subisce da un paio d'anni, con quella subita dal leader del MRN?


MOFFA  No, anzi, per me è un onore: primo, il caso Scilipoti mi fa letteralmente simpatia, perché l'onorevole ha subito una campagna ignobile, anche a sfondo razzista antisicialiano, da parte dello stesso giro di infami che attacca in contiuazione anche me. La casta dei giornalisti è la più corrotta oggi in Italia, anche più dei politici. Secondo, Scilipoti si interessa con coraggio - unico dei parlamentari italiani - di banche. Terzo, perché Scilipoti non ha tradito un bel nulla, ne ho scritto in tempi non sospetti su un quotidiano teramano, in concomitanza con la sua scelta di salvare nel dicembre 2010 il governo Berlusconi. Non solo perché Scilipoti ha continuato a parlare delle stesse cose - le Banche - di cui parlava già, sei mesi prima la rot tura con Di Pietro, a un suo convegno sull'usura ospite di Palazzo Chigi (25 giugno 2010, se non sbaglio), ma per altri due motivi: perché l'IDV è stato sempre un treno per i candidati più diversi - vedi il comunista Vattimo - e perché i fatti recenti hanno dimostrato che Scilipoti aveva ragione.

CANZANO   - In che senso?

MOFFA - Nel senso che Di Pietro sta rischiando di diventare un piccolo Berlusconi. Non si capisce bene come stanno le cose, ma una cosa a me pare certa: se oggi di Pietro è inquisito è anche perché ha continuato a stare all'opposizione anche col governo Monti, non capendo che - nonostante il sostegno del Pdl a quel governo, espressione di uno sbandamento che è sotto gli occhi di tutti - Monti non è altro che il terminale, il punto di arrivo, della sua indefessa lotta, fin dai tempi di Tangentopoli e dei suoi viaggetti negli USA e della conseguente fondazione di Forza Italia, contro il pre e post berlusconismo e contro Berlusconi.
Domenico Scilipoti - Giovanna Canzano - Disegno di Legge su signoraggio bancario

 
Introduzione della proposta di legge:
Onorevoli Colleghi! L’Italia ha conquistato la sovranità monetaria nel 1936. L’ha confermata e anzi rafforzata con l’avvento della Repubblica e la promulgazione della Costituzione del 1947 (1). L’ha cominciata a perdere nel 1981, con una lettera del ministro del Tesoro Andreatta al governatore della Banca d’Italia Carli. L’ha persa definitivamente con le privatizzazioni della notte del 31 luglio 1992 e con l’adesione all’eurosistema del 1998-2002. Il Trattato di Lisbona del 2007-2009 ha perfezionato il processo di espropriazione: oggi la sovranità monetaria appartiene all’Autorità europea competente - la BCE - e con essa la rendita da emissione monetaria derivante dalla differenza tra il costo tipografico della banconota e il va lore nominale (ma reale, all’atto dell’immissione sul mercato) ad essa attribuita. In tal modo il Popolo italiano e i Popoli europei, che stanno vivendo la più terribile crisi economica della loro storia, sono stati privati di una risorsa certo non determinante ed esaustiva, ma comunque utile per superare la crisi da debito che li attanaglia e ferisce quotidianamente.
In prospettiva la sovranità monetaria, oggi la rendita monetaria devono essere restituite ai Popoli europei e per quel che è di competenza del nostro Parlamento, allo Stato italiano. Questa misura sempre più urgente non corrisponde automaticamente all’uscita dall’Euro, né ha colore e tonalità politici particolari: nella storia passata e presente, personalità moderate e liberali come il Presidente americano Jefferson e il primo ministro liberale canadese Mackenzie, paesi come il Canada e il Giappone, hanno convenuto o convengono sulla necessità che lo Stato detenga  il controllo e la rendita da emissione monetaria. E’ una questione di banale e basilare democrazia, e di rispetto del principio c he la moneta non può che essere, e deve essere in premessa teorica, la proiezione convenzionale dell’Economia Reale costruita dal lavoro dei  Cittadini. Occorre dunque semplicemente  procedere all’affidamento allo Stato italiano della stampa e del conio della quota di banconote e monete attribuite dalla Banca Centrale Europea al nostro paese. In tal modo la rendita da emissione monetaria tornerà allo Stato italiano, come nel periodo 1936-1992.
La sovranità statale sulla rendita monetaria non ha nulla di “statalista”: essa al contrario è la base fondante dello sviluppo della libera impresa, fino al 1992 meglio difesa e sostenuta dallo Stato, e oggi gravata dalle ristrettezze e dalla difficoltà dei rapporti con le Banche private. Il problema a tutti noto è invero quello di iniziare a porre un argine allo strapotere della speculazione finanziaria sulla produzione di ricchezza reale in un sistema di economia libera da esagerate intrusioni dello Stato. Tanto è vero quanto appena detto, che a partire dal 1999 molti partiti italiani di tutte le tendenze hanno presentato progetti di legge per il ripristino della sovranità monetaria dello Stato italiano (2).           

Un cammino da riprendere al più presto, coinvolgendo attivamente nel nuovo istituto di emissione monetaria la Confindustria, le Organizzazioni Sindacali, le Associazioni Professionali e dei Consumatori. Obiettivo è dare solide e imprescindibili basi, sotto il controllo delle categorie produttive, alla battaglia per il superamento della crisi da debito che sta strangolando le economie delle famiglie, dei lavoratori e delle imprese italiane. Il progetto di legge qui presentato persegue questi obiettivi e si ispira a sopraddetti principi, nel rispetto e in applicazione degli artt. 1 e 4 (e 117) della Costituzione della Repubblica italiana.
 [1] "Fra il 1945 ed il 1948 il ruolo strategico della Banca d’Italia nel settore del controllo e della manovra valutari, già ad essa in larga misura riconosciuto nella legislazione intervenuta in materia fra la seconda metà degli anni ’20 e la seconda metà degli anni ’30, viene ulteriormente consolidato e potenziato" (…) “la disciplina dell’ organizzazione e delle funzioni della Banca d’Italia vigen-te al momento dell’entrata in vigore della Costituzione repubblicana è destinata a rimanere pressoché intatta per circa un quarantennio”(Giusto Puccini, “L’indipendenza della Banca d’Italia dalla legge istitutiva del 1893 alla riforma del 2005”, in Quaderni dell'Associazione per gli Studi e le Ricerche Parlamentari, n. 17, Torino, Giappichelli. Puccini è ordinario di Istituzioni di diritto pubblico presso l’Università di Firenze). 

martedì 20 novembre 2012

Claudio MOFFA - Ripristino della sovranità monetaria dello Stato italiano

Ripristino della sovranità monetaria 
dello Stato italiano

Giovanna Canzano
intervista
Claudio Moffa
18 novembre 2012


CANZANO – Prof. Moffa, lei è coautore della proposta di legge d'iniziativa del deputato Scilipoti dal titolo: ‘Ripristino della Sovranità Monetaria dello Stato italiano nel rispetto dei Trattati Internazionali’, ci può dire cos’è questo progetto di legge?
MOFFA  -L'obbiettivo immediato del progetto di legge è la riacquisizione della rendita da sovranità monetaria, attraverso una zecca o una banca di stato al cui interno operi un organo consultivo dei Produttori, dalla Confapi alle Associazioni sindacali, e delle Associazioni dei consumatori. Il tutto nel rispetto degli attuali Trattati internazionali che ingabbiano il nostro paese e l'economia italiana. Ma siamo ben pronti a ad andare oltre, e a chiedere anche l'uscita dall'euro se, dopo il primo passo, e dopo aver verificato la disponibilità della BCE a non frapporre ostacoli al nostro legittimo obbiettivo, dovesse fallire un'azione concertata di tutti i paesi membri per cambiare la natura privatistica della Banca centrale dell'UE.
CANZANO - Certa  stampa  ha come  sport  preferito  attaccare  l'onorevole  Scilipoti,  accusandolo peraltro di essere un 'traditore'  di Di Pietro.  Lei  ha scelto  da  tempo di  collaborarci, come mai? E non  la  imbarazza  sommare la mala  attenzione giornalistica che lei  subisce da un paio d'anni, con quella subita dal leader del MRN?
MOFFA  No, anzi, per me è un onore: primo, il caso Scilipoti mi fa letteralmente simpatia, perché l'onorevole ha subito una campagna ignobile, anche a sfondo razzista antisicialiano, da parte dello stesso giro di infami che attacca in contiuazione anche me. La casta dei giornalisti è la più corrotta oggi in Italia, anche più dei politici. Secondo, Scilipoti si interessa con coraggio - unico dei parlamentari italiani - di banche. Terzo, perché Scilipoti non ha tradito un bel nulla, ne ho scritto in tempi non sospetti su un quotidiano teramano, in concomitanza con la sua scelta di salvare nel dicembre 2010 il governo Berlusconi. Non solo perché Scilipoti ha continuato a parlare delle stesse cose - le Banche - di cui parlava già, sei mesi prima la rot tura con Di Pietro, a un suo convegno sull'usura ospite di Palazzo Chigi (25 giugno 2010, se non sbaglio), ma per altri due motivi: perché l'IDV è stato sempre un treno per i candidati più diversi - vedi il comunista Vattimo - e perché i fatti recenti hanno dimostrato che Scilipoti aveva ragione.
CANZANO   - In che senso?
MOFFA - Nel senso che Di Pietro sta rischiando di diventare un piccolo Berlusconi. Non si capisce bene come stanno le cose, ma una cosa a me pare certa: se oggi Di Pietro è inquisito è anche perché ha continuato a stare all'opposizione anche col governo Monti, non capendo che - nonostante il sostegno del Pdl a quel governo, espressione di uno sbandamento che è sotto gli occhi di tutti - Monti non è altro che il terminale, il punto di arrivo, della sua indefessa lotta, fin dai tempi di Tangentopoli e dei suoi viaggetti negli USA e della conseguente fondazione di Forza Italia, contro il pre e post berlusconismo e contro Berlusconi.
Domenico Scilipoti - Giovanna Canzano - Disegno di Legge su signoraggio bancario

Introduzione della proposta di legge:
Onorevoli Colleghi! L’Italia ha conquistato la sovranità monetaria nel 1936. L’ha confermata e anzi rafforzata con l’avvento della Repubblica e la promulgazione della Costituzione del 1947 (1). L’ha cominciata a perdere nel 1981, con una lettera del ministro del Tesoro Andreatta al governatore della Banca d’Italia Carli. L’ha persa definitivamente con le privatizzazioni della notte del 31 luglio 1992 e con l’adesione all’eurosistema del 1998-2002. Il Trattato di Lisbona del 2007-2009 ha perfezionato il processo di espropriazione: oggi la sovranità monetaria appartiene all’Autorità europea competente - la BCE - e con essa la rendita da emissione monetaria derivante dalla differenza tra il costo tipografico della banconota e il va lore nominale (ma reale, all’atto dell’immissione sul mercato) ad essa attribuita. In tal modo il Popolo italiano e i Popoli europei, che stanno vivendo la più terribile crisi economica della loro storia, sono stati privati di una risorsa certo non determinante ed esaustiva, ma comunque utile per superare la crisi da debito che li attanaglia e ferisce quotidianamente.
In prospettiva la sovranità monetaria, oggi la rendita monetaria devono essere restituite ai Popoli europei e per quel che è di competenza del nostro Parlamento, allo Stato italiano. Questa misura sempre più urgente non corrisponde automaticamente all’uscita dall’Euro, né ha colore e tonalità politici particolari: nella storia passata e presente, personalità moderate e liberali come il Presidente americano Jefferson e il primo ministro liberale canadese Mackenzie, paesi come il Canada e il Giappone, hanno convenuto o convengono sulla necessità che lo Stato detenga  il controllo e la rendita da emissione monetaria. E’ una questione di banale e basilare democrazia, e di rispetto del principio c he la moneta non può che essere, e deve essere in premessa teorica, la proiezione convenzionale dell’Economia Reale costruita dal lavoro dei  Cittadini. Occorre dunque semplicemente  procedere all’affidamento allo Stato italiano della stampa e del conio della quota di banconote e monete attribuite dalla Banca Centrale Europea al nostro paese. In tal modo la rendita da emissione monetaria tornerà allo Stato italiano, come nel periodo 1936-1992.
La sovranità statale sulla rendita monetaria non ha nulla di “statalista”: essa al contrario è la base fondante dello sviluppo della libera impresa, fino al 1992 meglio difesa e sostenuta dallo Stato, e oggi gravata dalle ristrettezze e dalla difficoltà dei rapporti con le Banche private. Il problema a tutti noto è invero quello di iniziare a porre un argine allo strapotere della speculazione finanziaria sulla produzione di ricchezza reale in un sistema di economia libera da esagerate intrusioni dello Stato. Tanto è vero quanto appena detto, che a partire dal 1999 molti partiti italiani di tutte le tendenze hanno presentato progetti di legge per il ripristino della sovranità monetaria dello Stato italiano (2).           
Un cammino da riprendere al più presto, coinvolgendo attivamente nel nuovo istituto di emissione monetaria la Confindustria, le Organizzazioni Sindacali, le Associazioni Professionali e dei Consumatori. Obiettivo è dare solide e imprescindibili basi, sotto il controllo delle categorie produttive, alla battaglia per il superamento della crisi da debito che sta strangolando le economie delle famiglie, dei lavoratori e delle imprese italiane. Il progetto di legge qui presentato persegue questi obiettivi e si ispira a sopraddetti principi, nel rispetto e in applicazione degli artt. 1 e 4 (e 117) della Costituzione della Repubblica italiana.

 [1] "Fra il 1945 ed il 1948 il ruolo strategico della Banca d’Italia nel settore del controllo e della manovra valutari, già ad essa in larga misura riconosciuto nella legislazione intervenuta in materia fra la seconda metà degli anni ’20 e la seconda metà degli anni ’30, viene ulteriormente consolidato e potenziato" (…) “la disciplina dell’ organizzazione e delle funzioni della Banca d’Italia vigen-te al momento dell’entrata in vigore della Costituzione repubblicana è destinata a rimanere pressoché intatta per circa un quarantennio”(Giusto Puccini, “L’indipendenza della Banca d’Italia dalla legge istitutiva del 1893 alla riforma del 2005”, in Quaderni dell'Associazione per gli Studi e le Ricerche Parlamentari, n. 17, Torino, Giappichelli. Puccini è ordinario di Istituzioni di diritto pubblico presso l’Università di Firenze).  
                                                                          

martedì 23 ottobre 2012

Aldo CIVITILLO


Evaldo CAVALLARO - Mauro D'ANGELO


Franco MILANESI


Fabrizio BOSIO


Francesco STORACE


Joe FALLISI


Ugo GAUDENZI


Ramadan


Monia BENINI


Andrea FELICE


a


Giovanni Luigi MANCO


giovedì 6 settembre 2012

Paolo FRANCESCHETTI

Marco OCCHETTI

Luigi DI STEFANO

Anna Maria TURI - Marcello STANZIONE

Leo Lyon ZAGAMI

Claudio CRESPINA

Fabio VERNA

Luigi DE SALVIA

Gianluigi NUZZI

Fernando RICCARDI

Vito MANCUSO

Felice VINCI

Dacia MARAINI

FLASH MOB - Varo Venturi - Angela Calvaruso - Giorgio Vitali

Giacometti

Lilian RAMOS

Marcella BOCCIA

domenica 6 maggio 2012

Patrizio MARIOTTI

Maurizio ZAMPARINI

Alfonso Luigi MARRA

Pietro CALO' Giorgio VITALI

Rolando RUBIA

Carmelo LAVORINO

Claudio SABELLI FIORETTI

 "Un giorno da pecora"

Raffaele PANICO

Carlo VIVALDI FORTI

Leo ZAGAMI

Fabio GHIONI

Federico GUIDI

Giuseppe VITALETTI - Nino GALLONI

Marco OCCHETTI

Paolo FRANCESCHETTI

Luigi DI STEFANO

Anna Maria TURI - Matcello STANZIONE

Marco TIBERTI

domenica 19 febbraio 2012

Gianfranco La Grassa

Giovanna Canzano
intervista
GIANFRANCO  LA GRASSA
12 febbraio 2012


Canzano 1-  Governo tecnico, ma, non troppo, visto che in effetti tutti i ministri del Governo Monti, non sono  ne politici, né diplomatici, né medici, ne agronomi etc., ma sono solo economisti. Tutti i problemi sono risolvibili da ‘esperti’ di banche?
La Grassa- Non confondiamo gli economisti con gli esperti di banche. I grandi economisti, anche quelli delle scuole e correnti di pensiero dominanti, non sono dei semplici esperti di banche. Inoltre, tutti sono caduti nella trappola del governo dei tecnici. Questi sono tecnici come io sono eschimese. Sono convinto che, fino all’ultimo, si fosse abbastanza incerti se servirsi ancora di Berlusconi (che nel 2011 è stato complice di tutto ciò che hanno voluto gli Usa di Obama, a partire dall’infame aggressione alla Libia) oppure cambiarlo, dato che la “sinistra”, dopo aver inoculato per vent’anni il virus dell’antiberlusconismo (nessun progetto è stato più avanzato salvo l’abbattimento, in qualsiasi modo, di costui), non poteva rinunciare a questo obiettivo, l’unico rimasto a cialtroni senza più alcuna idea costruttiva. Si è alimentato l’assurdo terrore della crisi finanziaria, dello spread, per portare al governo chi poteva avere i voti di entrambi gli schieramenti e svolgere quindi, in tutta tranquillità e con grande consenso, una politica di pieno servilismo verso gli Usa di Obama. Non abbiamo quindi a che fare con tecnici, ma con veri camerieri, anzi sguatteri, della potenza ancora predominante, che tuttavia non gode di buonissima salute e si destreggia seminando dappertutto il caos e il pantano. Sarebbe interessante capire meglio come questo governo corrisponda pure ad un possibile nuovo compromesso tra Usa e Chiesa cattolica, ma si aprirebbe qui un grosso discorso (reso forse più appetibile dalle ultime notizie, che rivelerebbero uno scontro in atto all’interno del Vaticano; meglio attenderne gli eventuali esiti). In ogni caso, la vera crisi è quella reale, che si aggrava e si farà pungente già nel corso dei prossimi due anni. Vedremo come se la caveranno; altro che Borsa e spread!
Canzano 2-  Come può un economista essere ‘tecnico’ se per tecnico intendiamo una scienza esatta?
La Grassa - I tecnici non sono scienziati, tanto meno seguaci di una scienza esatta. I tecnici sono “specialisti” (spesso scadenti come lo sono gli attuali nostri governanti) in determinati rami che fanno capo a date scienze. Un otorinolaringoiatra (che spesso oggi si intende soprattutto o di naso o di gola o di orecchio) non credo si possa considerare uno scienziato della medicina, la quale a sua volta non è scienza esatta. Nelle scienze sociali, ovviamente, l’esattezza ce l’hanno in testa solo gli “accademici” che, per andare in cattedra, devono scrivere saggi del tutto inutili, e lontanissimi da una qualsiasi realtà, in cui però si chiede loro di manovrare formule matematiche, tabelle, statistiche varie (e spesso cervellotiche), oltre a dover ormai scrivere rigorosamente in inglese. Non parliamo più di scienza, ma di “stregoni in salsa moderna”; e mi scuso con gli stregoni veri che, inseriti in altre culture, avevano una reale funzione sociale utile, pur essendo ritenuti imbroglioni da arroganti “bianchi”, ignoranti e presuntuosi. Questi tecnici governativi sono appunto gli “accademici”: non sanno gran che, non conoscono il mondo reale (al massimo un po’ quello imprenditoriale, soprattutto finanziario), e viaggiano nelle loro massonerie internazionali. Purtroppo, sono diretti da centri strategici (dotati pure, all’occorrenza, di potenza militare) che, mascherandosi dietro a loro, stanno portando ad autentici disastri in tutto il mondo. Prepariamoci (non in tempi brevissimi) a scontri di grande ampiezza, pur se avranno, credo, caratteristiche diverse, ma non meno tragiche, delle due guerre mondiali del XX secolo (del resto assai differenti tra loro come conduzione strategica, armi usate, ecc.).

Canzano 3- Con questo Governo l'Italia è nelle mani del potere economico europeo?
La Grassa - E’ nelle mani del potere politico degli Stati Uniti. Le polemiche antitedesche, ecc. servono a stornare l’attenzione dall’ignobile, e piatto, servilismo verso il paese mondialmente ancora “centrale”. Quella parte dei “berluscones”, oggi convertitasi al montismo per gli elogi (demenziali nel loro eccessivo sbrodolamento) di Obama e Clinton al loro “cameriere” andato a Washington, non sta più nella pelle pensando di essere recuperata prossimamente se si fa vedere più serva dei servi. Quella parte che invece ancora mugugna e non si è del tutto convertita al montismo (ma lo farà presto) si scatena contro Sarkozy e Merkel (notate bene; non proprio contro Francia e Germania) perché crede scioccamente di potersi proporre a Obama come ammucchiata dei migliori sgherri in Europa. Alla fine anche questa parte rientrerà completamente nei ranghi.

Canzano 4- Demonizzando come corrotti e ladri la classe politica italiana, si è, senza ricorrere a metodi antidemocratici, azzerato la politica e i politici italiani. Cioè  è stato tolto alla politica dignità e professionalità utilizzando semplicemente l’arma che oggi conta di più: la stampa e, in altri casi i giudici. Come  si può ristabilire una nuova classe politica che soddisfi tutti?
La Grassa - Nessuna classe (così denominata impropriamente, a mio avviso) politica può soddisfare tutti. Nemmeno è probabile che si renda conto degli interessi di lungo o anche medio periodo di un paese, che è nel contempo un sistema economico (parte di una più vasta rete di rapporti tra diversi ceti sociali). E’ difficile stabilire percorsi precisi per la formazione di gruppi in grado di sviluppare la politica più favorevole agli interessi di un paese, di un dato sistema sociale nazionale; intendendo per “nazione” la maggioranza dei ceti sociali i cui rapporti costituiscono quel sistema. In ogni caso, nell’attuale fase storica, credo che il primo criterio da seguire per il proprio orientamento sia la conquista di un minimo di autonomia di tale sistema o paese. Si deve saper giostrare tra le contraddizioni di più “potenze” (alcune ancora in pectore, ma che si faranno via via valere), invece di appiattirsi sulla politica di supremazia mondiale di una sola, oggi rappresentata dagli Usa, da eleggere come nemico e ostacolo principale ad un minimo di riordino dei rapporti internazionali. Tale potenza agisce in modo criminale. Questo è tuttavia pressoché normale; nella storia del mondo non credo si sia mai visto qualcosa di diverso. I potenti sono sempre prepotenti e usano mezzi delinquenziali per sopraffare gli altri. Quindi, per l’appunto, la resistenza e il non restare succubi di nessuno di loro, ma anzi destreggiarsi fra i loro contrasti con una propria autonomia, è il primo compito del momento, almeno credo. Poi si vedrà.

Canzano 5- Se i ‘tecnici’ hanno dei limiti nella ‘gestione’ politica del Paese Italia, può venire in loro ‘aiuto’ la burocrazia, e, come ci ricorda la storia di non tanti anni fa, nei paesi dove i burocrati erano ‘potenti’, non regnava certo né la democrazia né il popolo aveva diritto di voto.  In Italia, con questo ‘Governo tecnico’, si corre lo stesso rischio?
La Grassa - Le burocrazie sono semplicemente i “servitori dello Stato”. Bravi o pessimi che siano, sono i dirigenti di processi lavorativi svolti in apparati statali che apprestano determinati servizi detti “pubblici”, per la “collettività”. Hanno idee politiche, ma quanto più bravi sono tanto più devono metterle tra parentesi per funzionare sulla base delle indicazioni dei gruppi politici al comando in quel dato periodo. E’ ovvio che, quando la politica è assente, essi sembrano supplire al lavoro dei politici. Il problema è: perché la politica è ormai assente in Italia? Come mai è sparita soprattutto dopo il crollo dell’Urss, la distruzione di Dc e Psi operata per via giudiziaria con il tentativo di consegnare il governo in mano ai sedicenti (euro)comunisti, che già erano andati negli Usa (1978) a preparare il cambio di campo con il viaggio (“culturale”; sic!) di un loro alto esponente ancor oggi “molto in voga”? La classe (non) dirigente italiana economico-finanziaria ha fatto di tutto, e adesso accelera, per rendere il nostro sistema socio-economico puramente complementare a quello statunitense. Ciò risponde agli interessi parassitari di imprenditori di passate fasi dell’industrializzazione, il che comporta pure l’espansione abnorme della frazione finanziaria della classe in questione. In casi simili, la cosiddetta “classe” politica si annulla nel paese ridotto di fatto a parte (subordinata) di un altro sistema; la politica è in realtà guidata dai gruppi dominanti in quest’ultimo (quelli statunitensi, insomma). Ecco che allora, nel paese reso subordinato in quanto parte di un altro sistema, potrebbero venire in primo piano i “burocrati”, ma solo perché la politica proviene da un luogo lontano e poco visibile agli abitanti di un’area che ha subito tale processo di “semicolonizzazione”. Tuttavia, non mi sembra che in Italia si sia ancora prodotto un simile fenomeno. Siamo in pieno processo di completa subordinazione (agli Stati Uniti), ma non lo si deve far constatare con troppa evidenza; il finto governo degli inetti tecnici serve precisamente a questo scopo di nascondimento della realtà. Sono loro il tramite dei comandi del padrone (e padrino) statunitense. Ed è per questo motivo che tale governo (e tale coperta operazione di “semicolonizzazione”) non potrebbe funzionare senza la complicità del vigliaccone di Arcore, che ha tradito tutto e tutti per salvare “qualcosa”: Bossi dice aziende e libertà personale, io propenderei anche per la pellaccia (sua e forse non solo sua). Non basta la sinistra, non almeno finché Berlusconi non abbia attuato fino in fondo il suo “suicidio” politico e abbia sfasciato il Pdl per sospingerne una parte consistente, assieme a pezzi del Pd, verso il cosiddetto “centro”, creando così una palude politica che “istituzionalizzi” e renda permanente quella attuale, solo temporanea e transitoria. Importante per i gruppi sociali parassitari di cui detto sarà anche l’elezione di un capo dello Stato che continui l’opera dell’attuale.

Canzano 6- Le banche. Tremonti ha rifiutato di nazionalizzarle, e, adesso noi rischiamo il default, mentre in Inghilterra con la nazionalizzazione hanno allontanato questo rischio. Il ‘Governo Tecnico’ farà mai la proposta di nazionalizzarle come ha fatto l’Inghilterra allontanando questo pericolo?
La Grassa - Non credo che il problema sia direttamente la nazionalizzazione o meno delle banche o di qualsiasi altra impresa. In specifiche circostanze la nazionalizzazione rende più facile l’attuazione di strategie particolari condotte da determinate imprese, una volta che queste siano poste sotto il diretto controllo dei gruppi politici che governano il paese. Decisivo è però appunto l’indirizzo politico generale di tali gruppi. Rinvio quindi alle due risposte precedenti. Se manca in Italia una classe realmente dirigente, capace di esprimere vertici politici che svolgano un’azione internazionale da posizioni di autonomia, la nazionalizzazione non cambia in nulla la situazione di dipendenza o addirittura “semicoloniale”. Se invece la nazionalizzazione è una manovra compiuta per aggirare certi ostacoli frapposti dalla nostra classe imprenditoriale parassitaria (i sedicenti “poteri forti”), affidando la direzione di aziende in settori strategici a specifici gruppi o personaggi di tipo manageriale (facciamo l’esempio di Mattei), allora essa può servire a superare detti ostacoli. All’origine ci deve però sempre essere una politica nazionale di un certo tipo (autonomo), ed è dunque necessaria la presenza di una forza politica in grado di opporsi all’imprenditoria parassita. Nel dopoguerra, si creò una situazione speciale (i “due campi”, il pericolo del comunismo, ecc.) per cui un partito cattolico, pur sempre filo-atlantico e anticomunista, si impadronì del governo non però in perfetta simbiosi con gli ambienti industrial-finanziari italiani, ancora arretrati e profondamente reazionari, guidati dalla Fiat (ambienti fondamentalmente “monarchico-sabaudi”, quindi all’origine di quel falso e opportunistico antifascismo, che tradì l’8 settembre e ha sempre ricoperto un ruolo specialmente antinazionale). Ci furono frizioni e “ruggini” tra le due parti, di cui poté beneficiare un Mattei e altri alla direzione dell’Iri, ecc. Oggi, la situazione è decisamente peggiore. Occorrerebbe un rivolgimento molto radicale (diverso certamente, ma non meno profondo di quello che faceva paura ai filo-atlantici nel dopoguerra con riferimento al partito comunista) per ridare fiato ad una politica anche minimamente nazionale. Quindi, bisogna intendersi bene quando si parla di nazionalizzazione. Non esiste la “magia” delle parole; qui non c’è nominalismo che tenga, occorre il massimo realismo.

Canzano 7- Leggo dal profilo della sua pagina facebook: “Orgoglioso di essere stato comunista, un'epoca adesso conchiusa. Pensiero di derivazione marxista, che cerca di interpretare la nuova epoca”. Può dirmi qualcosa di più?
La Grassa - Più che orgoglioso, diciamo che non mi vergogno né pento minimamente di esserlo stato e resto soddisfatto della scelta effettuata allora. Dico orgoglioso quasi fosse uno “sputare in faccia” a coloro che blaterano di “crimini del comunismo”, un vero nonnulla di fronte a quelli perpetrati dai vari capitalismi nella loro plurisecolare storia. Anzi, tutta la storia umana è caratterizzata da massacri e crimini di tutti i generi; il sangue sembra essere il concime preferito da chi intende fertilizzare il campo sociale per renderlo adatto a “nuove coltivazioni”. Sono divenuto abbastanza presto critico del “comunismo” così come lo intendevano coloro che parlavano di “costruzione del socialismo”, e la critica si è andata progressivamente approfondendo nel corso di decenni. Da molti anni ormai considero il comunismo un processo storico finito. Comprendo la nostalgia e la difficoltà di abbandonare certi orientamenti da parte di schiere via via più esigue di vecchi “militanti”. Disprezzo alcuni vertici di partitelli pseudocomunisti, che considero mestatori alla ricerca di qualche sacca di voti in cui pescare per continuare a vivere alle spalle dei poveri gonzi. Ritengo il marxismo, in quanto tale, da consegnare alla storia del pensiero; non più però di quanto lo sia pure il liberismo e altre ideologie ancor oggi correnti tra le “classi dominanti”. Cerco l’uscita dal marxismo, tenendo però conto che questo è stato il mio background culturale di una vita; se non voglio librarmi in assenza di gravità, volteggiando per aria senza costrutto come una gran parte dell’intellettualità odierna (da circa 30-40 anni a questa parte), da lì debbo pur sempre prendere le mosse. Tuttavia, lo ripeto, sapendo che il marxismo appartiene alla storia; va quindi utilizzato in tal senso, così come si utilizzano sempre i grandi pensatori del passato, non certo allo scopo di “apprestare ricette per la cucina dell’avvenire”.    
BIOGRAFIA (cenni) Nato nel 1935. Dopo gli studi superiori, lavora nell’industria (paterna) per alcuni anni. Si laurea a Parma in Economia con una tesi sulla modellistica di sviluppo e i problemi del dualismo economico. E’ prima assistente e poi docente di Economia nelle Università di Pisa e Venezia fino al 1996. Nei primi anni di insegnamento all’Università ha seguito diversi corsi di specializzazione, fra cui quello alla SVIMEZ sui problemi dello sviluppo economico. Nel 1970-71 è a Parigi dove segue Charles Bettelheim, i suoi corsi su Calcolo economico e forme di proprietà e, più in generale, la “scuola” althusseriana. Dal 1953 al 1963 è stato assai vicino al Partito comunista italiano; se ne staccò per dissensi teorici e politici, in specie relativi al “socialismo reale”, allo schieramento filosovietico del Pci, seguito poi dal progressivo spostamento di campo in senso filo-capitalistico. Si è mosso a lungo nella composita nebulosa politica che si situava alla “sinistra” del PCI. Oggi si sente sciolto da legami con i vari partiti e gruppetti politici esistenti e scrive sul blog e sul sito Conflitti e strategie. Ha scritto oltre 50 volumi (tra individuali e collettanei) e pubblicato innumerevoli articoli su varie riviste italiane e straniere.
BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE  - Gli strateghi del capitale (2006) e Finanza e poteri (2008) con la Manifestolibri; Tutto torna ma diverso, Mimesis 2009; Due passi in Marx (per uscirne), Il Poligrafo (Padova 2010), Oltre l’orizzonte, Besa editrice (Lecce 2011). Poi i saggi pubblicati nel sito di Conflitti e strategie durante il 2011 (da Panorama teorico a Puntualizzazioni teoriche).