mercoledì 17 febbraio 2016

ANTONIO CARACCIOLO E GRILLO


ANTONIO CARACCIOLO E GRILLO
Roma
17 febbraio 2016
Campo dei Fiori
Giovanna Canzano - Antonio Caracciolo

Una nuova vittima di Beppe Grillo, ha un nome e cognome, e, tanto coraggio, tanto da non farsi intimidire da una candidatura 'abortita'. Antonino Caracciolo  è ormai abituato alle prime pagine dei quotidiani e ai titoloni delle tv. Ma questa volta proprio non ci sta'. 
Questa volta a restare senza parole è proprio lui, lui che credeva che la libertà a trecento sessanta gradi era a portata di mano, garantita da questo nuovo movimento che non rispettava le vecchie regole della politica, ma rispettava i cittadini. 
Questa mattina, dopo una lunga telefonata, ha ribadito che non aveva nessuna intenzione di lasciare interviste a giornalisti di regime, ma con me ha dato libero sfogo a quella che è  stata la delusione, il tradimento di quei 'cittadini' con i quali ha diviso tante ore di discussioni, dove, in ogni momento, parlava del suo pensiero e della libertà di ricerca.
Le verità storiche sono argomenti 'tabù ', tanto che, se le metti in dubbio, o per caso ti sfiora la voglia di citare qualcuno che non è allineato al sistema, solo per dire che, forse bisognerebbe approfondire quel argomento, vieni deriso e ridicolizzato.  
No, questa volta Grillo ha toccato il fondo. Caracciolo non ha intenzione di trascorrere le ore a vedere in tv o sui giornali cosa si inventa la stampa su di lui. No, questa volta, Caracciolo ha intenzione di scendere in campo e fare in prima persona una guerra personale al movimento che lo ha tradito. Oggi, ha dato appuntamento ai suoi 'amici' a Campo dei Fiore dove Giordano Bruno scrisse una nuova pagina sulla libertà. 
Dopo tante epurazioni, di Grillo, questa volta Caracciolo vuole vederci chiaro e, forse, di epurazioni c'è  ne saranno tante, tutti quelli che in certe idee ci credono. 
Giovanna Canzano 
Giovanna Canzano - Antonio Caracciolo

martedì 16 febbraio 2016

TOUHAMI GARNAOUI



Giovanna Canzano
Intervista
Touhami Garnaoui

13.2.2016

Giulio Regeni, la sua morte, oltre ad aver sconvolto il nostro paese, ha anche reso più difficile il rapporto con l’Egitto. La sua morte solo un errore? Era forse una spia o solo un ragazzo troppo sveglio e troppo capace che, non è riuscito a tirarsi indietro e, nonostante tutto, ha continuato a percorrere il suo cammino di ricercatore, anche se, negli ultimi giorni si sentiva in pericolo? A chi ha dato fastidio, o, cosa ha capito che non doveva in alcun modo rivelare? La tortura inflittagli per carpirgli qualche informazione che non ha voluto dare o non la conosceva? Si può morire così per eccesso di studio e per un errore di valutazione degli organi preposti per la sicurezza di uno stato? E l’Italia, accetta a suo malgrado formali scuse di errore di valutazione? Questi sono interrogativi che ho girato  a Touhami Garnaoui.
Touhami Garnaoui, nato in Tunisia, ha seguito gli studi universitari a Parigi, vive in Italia dal 1969, prima a Roma dove lavorava poi in Sabina a Tarano da pensionato. A Tarano ha coperto l’incarico di sindaco,  primo maghrebino a ricoprire quest’incarico dal 2004 al 2009.
Laureatosi in scienze matematiche, aerodinamiche e economia. Diplomatosi all'ENSAR (Ecolle Nationale de Statistiques et administration économique. E' stato dirigente di aziende del gruppo IRI delle partecipazioni statali. Ha avuto l'incarico di capo missione del Ministero degli Esteri per la Cooperazione allo sviluppo. Ha scritto diverse articoli su stampa e riviste nazionali e libri di storia, saggistica e teatro.
Tra le sue pubblicazioni ha scritto anche “LE RADICI DEL GELSOMINO”,  BookSprint, 2013


Giulio Regeni, a pochi giorni dalla sua morte, già i media ne parlano poco.

Purtroppo il martellamento mediatico continua. In realtà Giulio Regeni e l’attenzione rivolta al suo caso interessano come pretesto per sferrare una guerra psicologica contro l’Egitto. D’altronde, l’indagine per la morte del giovane friulano ha i suoi tempi. I media avrebbero potuto approfittare per effettuare qualche seria analisi sul perché dell’assassinio di Giulio in questo momento, mentre l’Egitto sta realizzando il più importante progetto dai tempi di quello della diga di Assuan: il raddoppio del canale di Suez. Al momento è in corso la realizzazione di ben sei porti lungo il Canale, che rappresentano una grande opportunità per investimenti futuri. Inoltre, l'Egitto ha bisogno di almeno 10 miliardi di dollari di risorse per bilanciare la crisi economica in corso aggravata dal crollo dei turismo e dai bassi prezzi del petrolio che hanno colpito vari paesi della regione mediorientale.
Il ministro dello Sviluppo Economico, Federica Guidi, aveva programmato una visita in Egitto per il 3 febbraio, giorno dell’annuncio del ritrovamento del corpo del giovane Regeni, alla guida di una delegazione di 60 aziende e dei rappresentanti di Sace, Simest e Confindustria. Il programma della visita prevede incontri con il presidente della Repubblica Abdel Fatah al Sisi, con il primo ministro Sherif Ismail, tutti i ministri economici, l'Autorita' del Canale di Suez e altri interlocutori. Gli incontri servono anche a delineare i contenuti del vertice governativo che il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, aveva annunciato voler tenere a breve, sempre in Egitto. La missione della Guidi è finalizzata alla firma di importanti accordi economici con l’obiettivo di intensificare l'interscambio tra i due paesi che supera i 4 miliardi di euro, con un export in crescita ad oltre 2 miliardi. Una vera manna per l’economia italiana.

Il giornale La Repubblica, sotto la firma di Paolo Valentino, scrive, invece: “Il 6 agosto scorso, contro le obiezioni degli ambientalisti e le riserve di molti economisti, è stata inaugurata la nuova corsia di navigazione del Canale di Suez”.  Basandosi poi su alcune affermazioni, guarda caso, dell’ l’Istituto nazionale Israeliano di Oceanografia, e sull’opinione della giornalista del Nyt D. Rachael Bishop, titola: “Dal Canale più merci, ma anche molluschi e pesci che rischiano di provocare una catastrofe ambientale. L’Ue timida con il presidente egiziano, indispensabile per la lotta all’Isis e il controllo dei flussi migratori.”

Altri media proseguono il loro battage quotidiano non su fatti nuovi, ma mettendo in rilievo opinioni di colleghi  e professori di Giulio Regeni.

Cambrige, una università di cui si parla molto in questi giorni, frequentata da Giulio Regeni, come altre università anche americane, ma, cosa succede a questi studenti?

La prestigiosa università di Cambridge cerca giovani talenti italiani per integrare al meglio il suo mix globale di saperi e studiosi. Soprattutto perché chi esce dai migliori licei italiani possiede un background culturale assolutamente superiore rispetto a molte high school straniere. Cambridge - che è la seconda Università al mondo nella classifica 2014/2015 (Qs World University Rankings) e la prima in Europa - «chiama» Italia a tal punto da mandare a Roma il responsabile delle Ammissioni. In un’ora di spiegazione - con slides ed interventi anche di ex alunni, illustra a studenti e genitori cosa serve per superare i difficili esami di ingresso, come fare la domanda, ecc. Ma non spiega agli eventuali candidati che i suoi laureati escono con il cervello lavato british, cioè con in testa un pensiero unico, un modello definitivo, quello del Fmi, della Banca mondiale e della Banca europea.
Dicevo prima del battage, attraverso il racconto di opinioni di professori di Giulio Regeni. A questo proposito, si legge sul Fatto Quotidiano, del 7 febbraio: “Se devo pensare a che cosa sia esattamente un cittadino del mondo, a me viene in mente Giulio. Ne è sicuro Neil Pyper, docente di strategia e leadership all’Università di Coventry, non lontano da Birmingham nel Regno Unito, e “amico personale” di Giulio Regeni. Il mondo accademico ricorda così lo studioso di Fiumicello, in provincia di Udine. La volontà è lanciare una petizione al governo britannico per far sì che i ricercatori inviati in paesi “problematici” siano più tutelati. E poi l’istituzione di una borsa di studio in suo nome o una conferenza in sua memoria. Con una certezza: la figura di Regeni deve essere difesa anche dalla ricostruzione (fatta propria anche da una parte della stampa) che mette in relazione il giovane e i servizi segreti. Secondo chi conosceva e frequentava Giulio nel Regno Unito, nessun indizio farebbe pensare a questo. “Io di certo non ne ero a conoscenza”, ha aggiunto Pyper. “Neil Pyper è un Associate Head of School - Enterprise and Commercial in the School of Strategy and Leadership at Coventry University”. Specializzato in business strategy internazionale, particolarmente interessato ai mercati dell'America Latina) 

Egitto, il Cairo, la situazione politica internazionale. Il Manifesto, l’agenzia nena-news.it. Tutto gira int0rno ad una vita che non c’è più. Tanti silenzi.

La collaborazione Roma - il Cairo, solidi legami economici e culturali tra i due paesi, in un contesto mediterraneo notoriamente agitato, sono però osteggiati da quelle potenze mussulmane ed occidentali sioniste che fanno della caduta del generale Al-Sisi, della destabilizzazione dell’Egitto, e del ridimensionamento dell’esercito egiziano, l’unico esercito arabo indipendente rimasto in piedi, con quello algerino, una priorità: l’autobomba rivendicata dall’ISIS che ha devastato l’estate scorsa e causato morti e feriti, un mese prima dell’arrivo di Giulio Regeni in Egitto, il consolato italiano del Cairo è un inequivocabile avvertimento mafioso contro l’Italia. Che abbandoni Al-Sisi e l’Egitto al loro destino o ne pagherà le conseguenze. L’Isis annunciava nuovi attacchi.
La marca dell’autovettura che è stata fatta esplodere è la stessa della macchina fatta esplodere per uccidere il procuratore generale due settimane prima. Il ministro dell’Interno egiziano si era recato al teatro dell’esplosione nei pressi del Consolato italiano al Cairo e una piccola folla lo aveva accolto ritmando grida per chiedere che venissero eseguite le condanne a morte contro i leader dei Fratelli Musulmani.  
“Soltanto Al Sisi può salvare l’Egitto. Questa è la mia posizione personale, e sono fiero della mia amicizia con lui. Darò il mio sostegno per lui e la direzione della pace», sono le parole del premier Matteo Renzi durante un’intervista a Al Jazeera. Ferma ed immediata risposta del ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni che in un tweet aveva scritto: «L’italia non si fa intimidire».  
Fra le tante incongruenze raccontate sulla vicenda della giovane vittima friulana, una colpisce in particolare: l’ambasciatore italiano al Cairo Maurizio Massari apprendendo dalle sue fonti che il corpo di Giulio era stato portato nell’obitorio di una zona abbastanza centrale della città decide di muoversi, senza chieder permesso: «Abbiamo semplicemente informato per telefono le autorità locali che stavamo per recarci all’obitorio. Non c’è stato né divieto, né autorizzazione formale». Dice l’ambasciatore: «Vederlo per me è stato devastante. Presentava segni evidenti di percosse e torture. Ho notato ferite, ecchimosi e bruciature. Non c’è alcun dubbio che il ragazzo sia stato duramente picchiato e seviziato». Le bruciature sono state smentite dall’autopsia preliminare eseguita in Italia: “Il Corriere della Sera ha scritto: «Sono state rilevate diverse fratture, in aggiunta alla rottura indotta della colonna cervicale, causa primaria della morte. Non sarebbero emersi segni di abusi o di violenze sessuali subìti dal giovane. E nemmeno di bruciature [delle bruciature di sigarette si era parlato nei giorni appena successivi al ritrovamento del corpo di Regeni, ndr]».


Giulio Regeni, avrebbe potuto destabilizzare l’Egitto? Cosa ci nascondono? Chi frequentava lo studente italiano?

Si è ricorso a diversi stratagemmi per mobilitare l’opinione pubblica:
- l’informazione mediatica distillata col contagocce sulla figura di Giulio, distorta e incompleta sui fatti, le illazioni, le petizioni, la fiacolata.
Leggiamo per esempio su La Repubblica del 4 febbraio: “L'esito tragico della vicenda del giovane di Fiumicello, il secondo studioso italiano morto in modo cruento all'estero dopo Valeria Solesin, uccisa al Bataclan a Parigi dai terroristi dell'Is.”
Sul Corriere della Sera del 6 febbraio resta: “l’eterno dilemma, non solo italiano, su quale sia la soglia del dolore nel bilanciare le convenienze strategiche con le ragioni dei diritti umani nelle relazioni fra gli Stati. I rapporti non solo dell’Italia ma di tutta l’Europa con l’Egitto vanno guardati in tutta la loro complessità. E non c’è dubbio che la dimensione del rispetto dei diritti umani ne sia componente, ancorché non unica. Dobbiamo tenerla presente e gestirla in partnership non in modo paternalistico ma cooperativo, nell’interesse anche dell’Egitto. Senza voler imporre alcun modello dall’esterno, l’Europa può aiutare l’Egitto a compiere passi in avanti e migliorare gli standard della democrazia. Tenendo presente che la lotta al terrorismo islamico è una priorità per tutti».
Ai media italiani fa eco il Nyt: è "un altro segnale allarmante di abusi da parte della forze di sicurezza in un Paese dove detenzioni arbitrarie e torture stanno diventando sempre piu' comuni".
- Gli amici di Giulio Regeni si sono mobilitati anche sul web per chiedere di fare luce sulla sua morte. Giovanni Parmeggiani ha lanciato sulla piattaforma Change.org una petizione con “la richiesta alle autorità tutte - ai governi egiziano e italiano e all'Unione Europea - di impiegare ogni possibile mezzo per far luce sulle circostanze dell'uccisione di Giulio Regeni".
Oltre 4600 gli esponenti del mondo universitario internazionale hanno firmato una lettera aperta scritta dall’Università inglese di Cambridge e indirizzata al presidente egiziano al-Sisi. Obiettivo: chiedere piena collaborazione per far luce su quanto accaduto al giovane ricercatore friulano e a tutte le altre persone scomparse e torturate in Egitto. “Siamo sconvolti dal fatto che il pubblico ministero egiziano dichiari che ci sono stati ampi segni di tortura sul suo corpo. Coloro che erano a conoscenza della scomparsa di Giulio prima della scoperta del suo corpo erano assai preoccupati per la sua sicurezza, dal momento che è scomparso nel bel mezzo di una campagna di sicurezza che ha portato ad arresti arbitrari di massa, un drammatico aumento di casi di tortura all’interno di stazioni di polizia, e altri casi di sparizioni, secondo la documentazione delle organizzazioni locali e internazionali per i diritti umani.”
- Fiaccolata a Fiumicello, per Giulio Regeni. Domenica 7 feb. Sera, per le strade del paese in provincia di Udine centinaia di persone hanno partecipato alla fiaccolata in ricordo del giovane ricercatore. "Giulio è stato ucciso per quello in cui credeva - ha detto il parroco, don Luigi Fontanot - Devo dire grazie a Dio, Jhavè, Padre, Allah o come vogliamo chiamarlo, grazie a Dio per averci dato Giulio".

Perché proprio uno studente italiano catturato ed ammazzato dopo la pubblicazione di un articolo e fatto trovare durante la visita di una delegazione italiana in Egitto?

Vorrei fare notare che l’articolo è stato pubblicato sul Manifesto soltanto il 5 febbraio, per la prima volta con il nome di Giulio Regeni, mentre si è saputo della morte del giovane friulano la sera del 3 febbraio. Quella sera, l’ambasciatore Maurizio Massari dava un ricevimento nella sua residenza con tutta la comunità degli affari italo-egiziana, passaggio decisivo per una missione economica, occasioni dove si parla di contratti e opportunità d’investimento. Dice l’ambasciatore Massari: «E’ successo all’inizio, verso le otto. Una fonte del ministero degli Esteri mi ha dato la brutta notizia che Giulio era stato ritrovato morto alla periferia della città». Il ricevimento viene interrotto, gli invitati se ne vanno senza toccare cibo. Massari fa le sue verifiche e purtroppo riceve solo conferme: la notizia è vera. Così, insieme al ministro Guidi, si reca di persona nell’appartamento di Giulio, dove alloggia la famiglia, per la parte più ingrata: informare i genitori del ragazzo arrivati da qualche giorno dal Friuli e con i quali è in costante contatto. Un annuncio doloroso, la fine di ogni speranza. Nel frattempo viene avvisata Roma, Farnesina e Palazzo Chigi. Da quel momento inizia anche lo stretto coordinamento con il ministro Gentiloni sulle cose da fare.
Ci si chiede perché gli assassini hanno scelto proprio Giulio Regeni, un giovane ricercatore di 28 anni, dottorando in commercio e sviluppo internazionale al dipartimento di politica e studi internazionali dell’università di Cambridge, nel Regno Unito, soltanto dal mese di settembre 2015 al Cairo, come visiting researcher dell'American University per una tesi sull'economia del paese. Egli viene descritto come viaggiatore, brillante studente, e già a 17 anni, durante il liceo Petrarca che frequentava a Trieste, andò a studiare per un anno nel New Mexico, negli Stati Uniti. Curioso, appassionato di teatro e conoscitore di lingue (oltre a un perfetto inglese, conosce francese, spagnolo e arabo che voleva perfezionare con questo viaggio in Egitto), politicamente a sinistra seguiva da studioso le notizie dal Nord Africa e dal Medio Oriente. Era un simpatizzante dell’opposizione al regime di Al-Sisi e, vista la sua giovane e romantica età, una preda facile per gli oppositori al regime egiziano, rappresentati essenzialmente dai Fratelli mussulmani, e più in generale per i nemici della cooperazione italo-egiziana e per la stabilità dell’Egitto. Se lo hanno giustiziato gli sbirri egiziani o tutti coloro i quali amano pescare in acque torbide, se gli sbirri hanno agito a seguito di un ordine impartito loro dalle autorità superiori o meno, questo lo potrebbe stabilire soltanto una giustizia giusta. Non molto tempo fa, Al-Sisi era pubblicamente intervenuto per condannare la brutalità della polizia, coinvolta in una serie di scandali. Noi, possiamo solo dire che tenere nascosta la verità serve a denigrare l’Egitto, il suo esercito e il suo regime, più che a indebolire l’opposizione egiziana, e tutti i nemici della pace, in nome di falsi diritti umani, come si è visto in Kosovo, Afghanistan,  Iraq, Libia, Siria.
Cosa cambierà nei rapporti Italia-Egitto?

Nelle relazioni fra Stati, rispetto alle convenienze strategiche, le ragioni etiche possono essere come una nebbia che lascia il tempo che trova. Ma chiediamoci chi avrebbe interesse a peggiorare i rapporti tra Italia ed Egitto e perché.
Soltanto sei mesi fa, i media notavano che la stabilizzazione avviata da Al-Sisi fa bene ai rapporti economici tra i due Paesi e che,  con la Libia atomizzata e fatta eccezione per l’Algeria, l’Egitto oggi è il più importante mercato italiano in Africa. Nel 2014 l’interscambio è stato pari a 5,180 miliardi di euro, e vale l’8 per cento dell’export egiziano.  Il viceministro con delega per il Commercio estero Carlo Calenda aveva affermato: «Dall’arrivo di al Sisi al governo l’interscambio italiano ha avuto un enorme impulso. Piaccia o no, i processi di stabilizzazione politica rafforzano i rapporti economici». 
A metà luglio 2015, quasi tutte le grandi aziende quotate hanno firmato o stanno per firmare importanti accordi di investimento. Eni, Edison, Intesa Sanpaolo, Pirelli, Italcementi, Ansaldo e ancora Tecnimont, Danieli, Techint, Cementir. La Stampa Mondo notava che, non è solo una questione di petrolio o cemento. A fare lauti affari con l’Egitto oggi sono anche le imprese medie e piccole padane: basti dire che la meccanica strumentale è la principale voce dell’export verso il mercato egiziano. L’Italia è il terzo Paese fornitore dell’Egitto dopo Cina e Stati Uniti, il primo cliente davanti a India e Arabia Saudita. La quota dell’interscambio Italia-Egitto è cresciuta fra il 2013 e il 2014 del 10 per cento ed è destinata a salire ancora. Più che le esportazioni ad essersi rafforzata l’anno scorso è stata la quota delle importazioni italiane dall’Egitto, cresciute addirittura del 28 per cento. È il segno di una stabilizzazione dell’economia interna: tutti i report raccontano di un Paese che ha rimesso ordine nei conti pubblici. Al Sisi è molto attento a non pestare i piedi agli investitori stranieri: mentre con i Fratelli Musulmani Intesa Sanpaolo ha rischiato la nazionalizzazione della controllata Banca Alexandria.
In quel momento, siamo nel mese di luglio 2015, viene compiuto un attentato al consolato italiano al Cairo, con almeno due morti e diversi feriti. L’attentato è rivendicato dall’Isis.
Tre mesi dopo, il 31 ottobre scorso un aereo della compagnia aerea russa Metrojet è precipitato nell’area della penisola del Sinai, in Egitto. L’aereo era partito da Sharm el-Sheikh, in Egitto, ed era diretto a San Pietroburgo, in Russia: tutte le 224 persone a bordo sono morte. l’Isis della provincia del Sinai (“Wilayat Sinai”),  rivendica l’abbattimento dell’aereo russo. 
Il primo governo a esprimersi apertamente sulla possibilità di una bomba è stato quello britannico. Il ministro degli Esteri Philip Hammond aveva detto: «Abbiamo concluso che c’è una significativa possibilità che lo schianto sia stato causato da un dispositivo esplosivo a bordo dell’aereo». Il Regno Unito aveva anche sospeso tutti i voli diretti verso il suo territorio e con partenza da Sharm el-Sheikh.
Il governo egiziano aveva reagito con durezza alle dichiarazioni del governo britannico e alle successive ipotesi delle intelligence statunitense ed europea. Il ministro del Turismo egiziano aveva anche detto che la decisione delle compagnie aeree di sospendere i voli verso Sharm el-Sheikh era  “ingiustificabile”, e avrebbe potuto danneggiare molto il settore locale del turismo.
Allora per rispondere alla domanda chi ha interesse ad eventuali cambiamenti nei rapporti Italia-Egitto, la risposta qui è evidente: il governo britannico e le intelligence statunitense ed europea.
Nel caso della morte violenta di Giulio Regeni mi sembra che il quotidiano Il Foglio riassuma abbastanza la posizione dei due governi italiano ed egiziano; soprattutto dopo la sconfitta dell’Isis e degli amici dell’opposizione in Siria e gli accordi di Monaco di Baviera sulla cessazione delle ostilità tra il governo di Assad e l’opposizione ad esclusione dell’Isis e di al-Nusra, gruppo armato di al-Qaeda:  “Xi Jinping aveva preceduto di pochi giorni la missione italiana, offrendo strabilianti occasioni di business: come è noto i cinesi non confondono gli affari con i diritti umani. Né lo fanno i russi, gli ultimi grandi venuti fra i clienti dell’Egitto. E in fondo nemmeno inglesi, francesi e americani sono così rigorosi quando si devono vendere squadriglie di caccia Rafale. C’è ressa alle porte dell’Egitto come di ogni regime che abbia un peso economico e geopolitico. Se usciamo dalla coda, gli altri in attesa sono solo contenti. Ma questo non esclude che un Paese autorevole – se con l’Egitto lo siamo – mostri comunque la sua dignità e chieda giustizia”.




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Giovanna Canzano - © - 2016
Giovanna Canzano ©



sabato 13 febbraio 2016

GIOVANNI PETROSILLO


Giovanni Petrosilli

Giulio Regeni, un caso di idee non condivise

Giovanna Canzano intervista Giovanni Petrosillo
9 febbraio 2016
“Regeni poteva essere un agente al servizio di un centro straniero come il SIS (Secret Intelligence Service)? La sua vita inglese potrebbe essere un indizio che porta in questa direzione. L’Aise dovrebbe negare anche questo oppure non replicare alle illazioni, così come avviene di solito in questi ambienti quando si opera con serietà”. (Giovanni Petrosillo)
Canzano 1- Giulio Regeni, una breve carriera iniziata come ottimo studente, in modo particolare della università inglese Cambridge e finita come un attento giornalista.
PETROSILLO – Sì, Cambridge e Oxford. Oxbridge come dicono da quelle parti. Il meglio che ci si possa aspettare da un percorso di studi. Eppure, come analista e giornalista mi pare che Regeni lasciasse molto a desiderare. É vero, era molto giovane ma 28 anni non sono nemmeno pochi per farsi delle idee più serie sul mondo. Ho letto molti luoghi comuni nei suoi articoli. Troppo apostolato ideologico e davvero poca sostanza. Da un dottorando di Cambridge mi sarei aspettato qualcosa in più. A meno che i suoi intenti non fossero direttamente propagandistici e per scopi più oscuri.
Canzano 2- Forse, potremo dire: “già visto in un film”. Il film è: The Ghost Writer di Roman Polanski.
PETROSILLO – Regeni si muoveva su un teatro pericoloso e aveva contatti con personaggi invisi al regime. Era in possesso di informazioni scottanti? Può essere ma non credo che la sua condanna a morte sia dipesa unicamente da ciò o dalla sua rubrica telefonica. Forse, collaborava con una qualche Intelligence. Forse, era stato persino reclutato da una sigla segreta o era solo manipolato a sua insaputa. I sospetti ci sono e qualcuno lo ha scritto. I suoi contatti con esponenti poco raccomandabili dell’opposizione egiziana sembrano non occasionali. L’ultimo incontro gli sarebbe stato fatale. É caduto in una trappola mentre andava ad incontrare uno di essi, cioè un capo ribelle? Ma cosa c’entrano gli oltranzisti islamici con la sua passione per il sindacalismo rivoluzionario? Sta di fatto che le circostanze in cui è stato torturato e i depistaggi seguiti alla scoperta del cadavere contribuiscono ad allargare le zone d’ombra di questa “sfortunata” vicenda. Somiglia proprio ad una spy story.
Canzano 3- Le notizie relative alla sua morte, vanno, ora per ora, a modificarsi, come il caso dell’articolo pubblicato post-morte dal Manifesto contro la volontà dei genitori che, in queste ore nessun quotidiano o servizio tv ricordano.
PETROSILLO – Il Manifesto avrebbe fatto meglio a non pubblicare nulla. Nemmeno gli articoli precedenti non in linea con la sua ragione sociale apparente. Bisogna essere certi delle proprie fonti e dei propri collaboratori. E non mi pare che il Manifesto lo fosse fino in fondo. Infatti, lasciava in sospeso i suoi scritti. In ogni caso, lo smottamento politico di questo sedicente quotidiano comunista è vergognoso. L’area intellettuale di cui il Manifesto fa parte non ha più gli strumenti e le categorie per comprendere l’evoluzione storica. Per questo si ritrova sempre più spesso su posizioni reazionarie e coinvolto in strane vicende, come quella Sgrena per cui ha perso la vita Calipari. Con il pretesto di sostenere i deboli e gli sfruttati finisce per appoggiare le rivoluzioni colorate sponsorizzate dall’Occidente.
Canzano 4- Il 14 gennaio 2016, l’agenzia nena-news.it, in un comunicato scritto sul sito, dice di aver pubblicato l’ultimo articolo di Regeni, che però, nel sito non c’è traccia, l’articolo che il Manifesto rifiutava la pubblicazione.
PETROSILLO – L’ultimo articolo di Regeni sarebbe quello inviato a Il Manifesto. La Redazione dovrebbe spiegare perché non era stato pubblicato subito. Sospettava di qualcosa? Il pezzo non era di suo gradimento? E come mai dopo la morte del ragazzo si è affrettata a metterlo in prima pagina?
Canzano 5- Il 1.2.2016 l’agenzia aise.it, pubblica un articolo sulla preoccupazione per la scomparsa di un connazionale in Egitto, Giulio Regeni avvenuta il 25.1.2016.
PETROSILLO – L’Aise ha smentito che Regeni appartenesse all’apparato. Lo ha fatto inviando una nota ad un giornale, cosa alquanto irrituale. I nostri servizi operano ormai come una succursale di quelli più potenti occidentali e sono stati letteralmente smantellati dalle riforme del passato, operate soprattutto dai governi di centro-sinistra. Tuttavia, c’è un’ipotesi non abbastanza scandagliata. Regeni poteva essere un agente al servizio di un centro straniero come il SIS (Secret Intelligence Service)? La sua vita inglese potrebbe essere un indizio che porta in questa direzione. L’Aise dovrebbe negare anche questo oppure non replicare alle illazioni, così come avviene di solito in questi ambienti quando si opera con serietà.
Canzano 6- “Poi arriva la delegazione italiana in Egitto. Il ministro per lo Sviluppo economico, Federica Guidi, incontra il presidente al-Sisi e chiede informazioni. Quella sera il corpo spunta fuori”. Il nytimes.it, il 7.2.2016 ha dei dubbi sulla collaborazione tra i servizi italiani ed egiziani (confermato dalle ultime notizie), infatti scrive: “Alcuni osservatori hanno messo in dubbio l'efficacia degli investigatori italiani, infatti, per molti italiani, i principali sospettati del caso sembrano essere membri delle stesse forze di sicurezza egiziane con cui lavoreranno”.
PETROSILLO – Occorrerebbe accertare se effettivamente i servizi di sicurezza egiziani c’entrino qualcosa nella spiacevole fine di Regeni. Certo, non si faranno intimorire dalle minacce italiane. Una persona competente, ex barba finta della nostra Intelligence, ritiene che Regeni sia stato eliminato in quella maniera cruenta per ostacolare i buoni rapporti che stanno saldandosi tra governo egiziano e italiano, soprattutto in materia di cooperazione economica e militare. Un altro, sempre dello stesso giro, ha invece affermato che gli egiziani, colpendo un nostro connazionale sospettato di essere un cospiratore, abbiano voluto inviare un messaggio a chi si appresta a scatenare altro caos di piazza in Egitto per rovesciare Al Sisi. Della scomparsa di Regeni si sono interessati sia gli inglesi che gli americani, i quali stanno chiedendo indagini serie alle autorità del posto che però rivendicano la loro autonomia e non gradiscono le interferenze esterne. I nostri alleati questa volta si sono mossi subito. In altre vicende, come quella dei marò, non si sono visti. Ecco un'altra stranezza di questo turpe accadimento. Penso che non si verrà a capo di nulla e non avremo nessuna verità su questo caso. Il finale resterà aperto ed insoluto. Come in tutte le spy stories che si rispettino.
Giovanni Petrosillo
Giornalista, redattore di conflittiestrategie.it allievo dell’Economista Gianfranco La Grassa.

ENZA BLUNDO

ENZA BLUNDO

Giovanna Canzano - Enza Blundo

mercoledì 10 febbraio 2016

FOIBE MARIA ANTONIETTA MAROCCHI

Maria Antonietta Marocchi

FOIBE 
MARIA ANTONIETTA MAROCCHI

                  
…“Da molti anni, la sottoscritta ha ricordato il fatto vero, 
che la Slovenia ha dichiarato di aver versato una forte somma, in una banca di Lussemburgo, ma dove sono questi soldi? L’Italia, li ha ritirato o no?  Che fine hanno fatto?” …  “come figlia di esuli di Capodistria che lasciarono i loro beni, per restare  italiani, da tanti anni, ho deciso, prima di dare un mio modesto contributo affinché la pagina di storia quasi taciuta nei testi scolastici dei nostri giovani, 
riguardante  i fatti accaduti nelle nostre terre meravigliose, venga conosciuta interamente, sia per  quanto riguarda la tragica fine dei nostri connazionali nelle foibe e sia per descrivere il triste esodo di 350mila esuli dall’Istria, da Fiume e dalla Dalmazia.  Un contributo dato con il mio libro: 
Una vita italiana- dalle foibe alla   Ricostruzione
che dalla fine dell’anno 2000, ho presentato in molte aule Consiliari, in istituti 
scolastici e programmi televisivi. Sono stata infatti onorata, di essere chiamata,
 a raccontare la testimonianza della mia famiglia e la fine di un mio parente: 
che era poliziotto presso la Questura di Fiume ed è stato
 fucilato il 16 giugno 1945.” (Maria Antonietta Marocchi)

         8 Agosto 2009 

Canzano 1- Con l’istituzione del Giorno del Ricordo, le autorità non hanno ancora risolto molte questioni  che riguardano le foibe, come l’indennizzo dei beni che erano degli esuli, voi cosa chiedete?

MAROCCHI – Ci sono state molte Commissioni che in questi anni hanno studiato il caso che è veramente complesso. Molti anni fa, abbiamo ottenuto piccoli acconti, che sono veramente delle briciole rispetto al vero valore delle nostre proprietà con le quali sono stati pagati i danni di guerra a Tito per tutta l’Italia. Anche ultimamente è stata nominata un'altra Commissione e ancora una volta leggendo questa notizia alcuni esuli sperano che si arrivi a una definitiva decisione. Purtroppo, io non mi illudo, date l’esperienze precedenti. Ma vi rendete conto che attendiamo una soluzione definitiva da più di 60 anni?

Canzano 2- Lei, come figlia di esuli affronta questo problema non solo come studiosa, ma si sente coinvolta in prima persona nel chiedere che Le venga riconosciuto il diritto alla restituzione dei beni che erano dei suoi genitori come dichiarato da studiosi di diritto internazionale?

MAROCCHI – Sì, come figlia di esuli di Capodistria che lasciarono i loro beni, per restare  italiani, da tanti anni, ho deciso, prima di dare un mio modesto contributo affinché la pagina di storia quasi taciuta nei testi scolastici dei nostri giovani, riguardante  i fatti accaduti nelle nostre terre meravigliose, venga conosciuta interamente, sia per  quanto riguarda la tragica fine dei nostri connazionali nelle foibe e sia per descrivere il triste esodo di 350mila esuli dall’Istria, da Fiume e dalla Dalmazia.  Un contributo dato con il mio libro: Una vita italiana- dalle foibe alla   Ricostruzione, che dalla fine dell’anno 2000, ho presentato in molte aule Consiliari, in istituti scolastici e programmi televisivi. Sono stata infatti onorata, di essere chiamata, a raccontare la testimonianza della mia famiglia e la fine di un mio parente: che era poliziotto presso la Questura di Fiume ed è stato fucilato il 16 giugno 1945.
 Poi dopo l’istituzione del Giorno del Ricordo di questi fatti, per il 10 febbraio,
 finalmente  di  raccontano  i  fatti   gravissimi   accaduti,  ho pensato   sempre
 modestamente di cercare di  fare  qualcosa per ottenere  una giusta soluzione
 e definitiva per i beni che si può dire ci sono stati derubati!

Canzano 3- Lei si è rivolta agli Avvocati Carlo e Lorenzo Pietrolucci con sede a Roma per poter avere riconosciuto questo suo diritto?

MAROCCHI - Esatto, mi sono rivolta agli avvocati Carlo e Lorenzo Pietrolucci, nel maggio 2008.
Ho consegnato moltissima documentazione relativa a tutta la storia molto complessa riguardante i beni degli esuli dell’Istria di Fiume e della Dalmazia. 
Gli avocati dopo un attento studio e ricerche, hanno preparato a Novembre del  2008 un documento per una soluzione rapida per ottenere il pagamento dell’indennizzo per gli esuli giuliano-dalmati con un’azione giudiziaria.
E’ un’azione proposta contro lo Stato Italiano. Ciò che deve essere inizialmente richiesto è l’applicazione delle norme vigenti in materia di indennizzo ai cittadini ed alle imprese operanti nei territori ceduti alla ex-Jugoslavia, e già soggetti alla Sovranità Italiana.
Vi sono state diverse leggi al riguardo, fino all’ultima n. 137 del 29 marzo 2001, ma il problema sta nel fatto che tali norme non hanno mai trovato una reale e concreta applicazione, non essendo fino ad ora mai arrivati, non solo al pagamento integrale di quanto effettivamente dovuto agli esuli, ma neppure alla sua esatta quantificazione. Gli esuli hanno avuto solo miseri ed offensivi acconti.
Lo Stato Italiano è inadempiente a quanto lui stesso ha posto, firmando gli accordi ed i trattati che hanno imposto agli esuli di divenire tali e che ha ribadito con le successive Leggi nazionali.
Ci deve essere la conseguente condanna all’immediato pagamento in favore degli esuli con il risarcimento dei danni morali e materiali per il lunghissimo ritardo posto in essere dalla Pubblica Amministrazione.
Quindi, mentre gli esuli riusciranno ad ottenere finalmente dalla Stato Italiano quanto attendono da oltre 60 anni,  lo Stato Italiano può ottenere a sua volta quanto a lui dovuto  dagli Stati in questione.
Verrà notificato il tutto dinnanzi al Foro di Roma, (nel 2009) per conto mio e dei miei fratelli, eredi di nostra madre, esule di Capodistra.

Canzano 4- In ambito di diritto internazionale esiste una relazione scritta da 4 studiosi, tra i quali il  prof. Maresca, lei ne è al corrente?

MAROCCHI - Certamente, è stata scritta il 6 ottobre 2002, e dopo breve periodo mi è stata consegnata dall’On. Roberto Menia in un convegno presso la sala stampa della Camera dei Deputati, alla presenza tra gli altri, dell’On. De Michelis e dell’On. Sgarbi.
In questa relazione, vi sono scritti tutti i trattati firmati dall’Italia e i motivi con i quali gli Esuli, hanno il diritto ad avere un definitivo indennizzo per i loro beni, e le azioni che il governo italiano può intraprendere in relazione
 alle trattative con Slovenia e Croazia circa i beni sottratti a cittadini italiani nei territori ceduti.

Canzano 5- Il prof. Maurizo Maresca che insegna presso l’Università di Udine, alla Facoltà di Giurisprudenza, nel corso di Diritto Internazione Privato ha simulato come la Corte di Giustizia delle Comunità Europee avrebbe risolto in un udienza pubblica, un caso di restituzione di beni abbandonati da un esule?

MAROCCHI - Sì. Come riportato sulla Voce del Popolo di domenica 17 maggio 2009, da Rosanna Turcinovich, il procedimento riguarda un cittadino italiano, esule, che si è rivolto al Tribunale di Lubiana dopo aver saputo che la sua casa nazionalizzata dalla Jugoslavia, ora veniva venduta al Console della Slovenia a Trieste.
In questa simulazione, il proprietario, pertanto chiede, coinvolgendo il Tribunale di Trieste, che si affermi il suo diritto di proprietà ai sensi del primo protocollo della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà Fondamentali del 1950. Chiede alla Repubblica di Slovenia anche il risarcimento del danno per il mancato utile per l’esercizio delle proprietà dal 1948 ad oggi.
La  Corte  europea,  nella  sua risposta apre la possibilità  ad una soluzione del 
Contenzioso accettando come legittimo in questo caso il principio di conformità proposto dagli attori, vale a dire dagli avvocati incaricati dal richiedente.
“E’ giusto  in  questo caso invocare  il diritto di proprietà – sostiene  la Corte – 
e conferma la competenza del giudice italiano in una controversia nei confronti della Repubblica di Slovenia che risulti connessa ad una causa avviata nei confronti di un soggetto domiciliato in Italia”.
Nel caso specifico riguardante il bene di un esule, sono stati analizzati tutti i trattati  Internazionali che sono alla base del contenzioso, ma non sono stati tralasciati neanche decisioni bilaterali, dibattiti e studi condotti sulla materia. Gli “avvocati” si sono richiamati al principio di non discriminazione nei confronti di altri cittadini europei, la necessità di un intervento del governo italiano in materia, l’impegno diretto della Slovenia sul contenzioso, anche in termini di risarcimento danni con decorrenza 2004, vale a dire dalla sua entrata nell’U.E. la Slovenia, rappresentata da due avvocati, afferma con forza di avere già assolto il suo debito depositando quanto dovuto all’Italia sulla base degli accordi internazionali, presso una banca europea.
Ognuno in questa simulazione, ha potuto proporre le proprie tesi, salvo arrivare ad una soluzione.

Da molti anni, la sottoscritta ha ricordato il fatto vero, che la Slovenia ha dichiarato di aver versato una forte somma, in una banca di Lussemburgo, ma dove sono questi soldi? L’Italia, li ha ritirato o no?  Che fine hanno fatto?     

Canzano 6- Lei che conosce l’On. Roberta Angelilli, parlamentare Europea, ha avuto modo di parlarle a riguardo degli indennizzi e cosa si sta facendo presso il Parlamento Europeo?

MAROCCHI - L’On. Angelillli, ha più volte presentato interrogazioni al parlamento Europeo.
Riporto quanto richiesto in  quella presentata il 6.11.2003, dopo che ero stata a parlarle presso il suo ufficio di Roma.
Si interroga la Commissione, dopo aver elencato gli Accordi di Osimo del 1975 e quello di Roma del 1983, per sapere:
    1 - se tali Accordi non risultano contrari agli art.44 per.2e; 49; 56 del Trattato CE;
    2 - se tali Accordi non risultano contrari all’Art. 5 del Trattato UE che richiama espressamente la Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, in particolare l’Art. 14 della suddetta Convenzione;
    3 -  se tali Accordi non risultano contrari agli art. 17 e 19 della Carta              dei diritti fondamentali dell’uomo. 
A questa interrogazione, Verheugen, a nome della Commissione, aveva risposto: “Gli accordi conclusi tra l’Italia e la Jugoslavia nel 1875 e nel 1983 sono accordi bilaterali tra due Stati sovrani e riguardano questioni di proprietà”. La Slovenia ha informato la Commissione che essa, in qualità di Stato successore della Repubblica federale socialista di Jugoslavia, si è accollata gli obblighi relativi  al pagamento dei risarcimenti dovuti in conformità dell’accordo.
Il Trattato CE e il trattato dell’Unione Europea non pregiudicano i regimi di proprietà degli Stati membri e quindi le questioni relative alla proprietà sono di diritti nazionale. Da ciò consegue che a queste ultime non sono applicabili i principi dei trattati.
Quanto alle disposizioni della Carta europea dei diritti fondamentali, essa concerne le istituzioni dell’Unione e gli Stati membri solo quando attuano la legislazione dell’Unione. Poiché i regimi di proprietà non sono disciplinati dal diritto comunitario, in questo settore la Carta non trova applicazione.
Un'altra interrogazione parlamentare sui beni confiscati agli esuli giuliano-dalamti è stata depositata in data 17agosto 2004, con oggetto: Fondo di solidarietà per il risarcimento dei beni confiscati  gli esuli italiani istriano-dalmati e per il risarcimento ai familiari delle vittime delle  foibe; ci domandiamo:
1) E’ possbile questo fondo?  
2) Come far rispettare pienamente alla Slovenia gli accordi del 1975 e del 1983?
Il 28 settembre 2004 il sig. Mr Vittorino a nome della Commissione ha risposto: “La situazione descritta dall’onorevole parlamentare non rientra nell’ambito delle competenze della Comunità in quanto si riferisce alle relazioni bilaterali tra Italia e Slovenia e riguardano la restituzione dei beni confiscati ai profughi italiani provenienti dall’Istria e dalla Dalmazia ed il risarcimento alle famiglie delle vittime dei massacri delle foibe. Per questo motivo la Commissione non ha la possiblità di intervenire in questo caso”.
Nel 2006 nell’interrogazione n. E – 1811/06 sempre scritta dall’on. Angelilli vi è scritto nell’oggetto: mancato adempimento da parte della Croazie degli obblighi derivanti dai Trattati di Osimo e di Roma.
Ecco la risposta arrivata dal signor Rehn a nome della Commissione: “La Commissione è a conoscenza della controversia pendente tra Croazia e Italia                        relativa agli “esuli” i cui beni sono stati espropriati dalla ex-Jugoslavia- tuttavia, il regime di proprietà non rientra nel diritto comunitario. A norma dell’art. 295 del trattato CE il regime di proprietà esistente negli Stati membri rimane del tutto impregiudicato. Il problema della restituzione dei beni o dei relativi indennizzi è pertanto una questione bilaterale tra Italia e Croazia e la sua soluzione non costituisce un requisito di recepimento dell’acquis comunitario. Ciononostante, la Commissione incoraggia la Croazia e i suoi vicini ad adoperarsi per trovare una soluzione definitiva a tutte le controversie bilaterali pendenti, comprese tutte quelle aperte relative al regime di proprietà e segue regolarmente gli sviluppi della questione. 

Canzano 7- Con il futuro ingresso della Croazia nell’ U.E. e l’ingresso della Slovenia avvenuto nel 2004, come si profila la problematica a livello internazionale per la richiesta degli                     indennizzi?

MAROCCHI - L’On. Angelilli ha dichiarato di avere proposto molte volte l’argomento dei beni degli esuli, ma è sempre rimasta in minoranza.                          La Croazia, entrerà nel 2010 nell’Unione Europea. Il caso è chiuso. 

Canzano 8- La discriminazione continua, è recente il caso toccato a Romano Cramer, che si è accorto di non essere mai nato in Italia!

MAROCCHI - Proprio così. Romano Cramer, residente a Milano,  segretario nazionale  dell’associazione culturale: Movimento Nazionale Fiume Dalmazia, e nato ad Albona,provincia di Pola, il 7 luglio 1946,      quando Pola era una città italianissima, e sette mesi prima che quel tragico Trattato di Pace  l’assegnasse a Tito. Quindi nato, in Italia e non in Jugoslavia, e non in Croazia
che nemmeno esisteva. Mentre sottopostosi ad una visita medica, si è visto consegnare dall’azienda Sanitaria di Milano un certificato dal quale risulta “nato ad Albona, Croazia.
A questo punto, Cramer è andato dal suo avvocato Veullio Mussollini,                     patrocinante in Cassazione ed ha presentato una denuncia-querela nei confronti della Asl per omissione d’ufficio, dato che esiste una legge numero 54 del 15 febbraio 1989 che fu varata proprio a tutela delle delicate situazioni personali createsi a seguito dell’esodo che stabilisce  che venga scritto nei documenti, solo il nome del luogo dove sono nati, in italiano, senza alcun riferimento allo Stato cui attualmente appartiene.
Di questa denuncia con i motivi, sono usciti diversi articoli: sul Secolo d’Italia, il 19.6.2009, a firma di Luciano Garibaldi, su Panorama del 2 luglio 2009  di Fausto Biloslavo, e su Rinascita. Il tutto inoltre è stato riportato su vari periodici degli esuli.

Canzano 9- Mi parli dell’associazione culturale: Movimento Nazionale Istria Fiume Dalmazia della quale lei è la delegata per il Lazio.

MAROCCHI - E’ un associazione che da anni cerca di dare un contributo per fare luce sui fatti accaduti nelle nostre terre orientali, ricordando i morti, sia quelli gettati nelle foibe, sia quelli deceduti in seguito a gravi torture subite nei campi di concentramento di Tito, dato che  vi è stato un velo di silenzio per molti  anni, e per fare pressione in modo  di fare avere agli esuli, quella giustizia che attendono da oltre 60 anni, riguardante i loro beni confiscati. Abbiamo organizzato moltissimi convegni, in aule consiliari ed in istituti scolastici, senza aver contributi da nessuno. Siamo stati in diversi programmi televisivi e organizzato anche diverse manifestazioni.
La presidente è la prof. Maria Renata Sequenzia di Verona.  

                                                                                                                                     
BIOBIBLIOGRAFIA

Figlia di esuli di Capodistria – nata a Bologna il 30 agosto 1951.
Delegata per il Lazio dell’associazione culturale denominata:         Movimento Nazionale Istria Fiume Dalmazia .
Autrice del libro pubblicato nel 2000: 
 - Una vita italiana – dalle foibe alla ricostruzione -  
che ha ottenuto molte recensioni e diversi riconoscimenti.
Ha presentato il libro in molte città italiane, in aule consiliare ed in istituti scolastici, dove viene anche chiamata per portare la testimonianza della sua famiglia fuggita abbondando i loro beni, per restare Italiana nel 1946 e ricordare  un suo parente poliziotto, che prestava servizio presso la questura di Fiume che venne arrestato il 3 Maggio 1945 e fucilato il 16 giugno 1945, unitamente ad altri 80 poliziotti che avevano l’unica colpa di essere italiani! 
Partecipa a trasmissioni televisive dove dopo aver ricordato come i libri di testo dei nostri giovani siano ancora mancanti quasi completamente della pagina di storia vera e atroce riguardante quanto accaduto dopo la fine della seconda guerra mondiale nelle nostre terre orientali, parla dell’orribile fine di molti nostri connazionali sia nelle foibe e sia nei campi di concentramento di Tito, dato che lei stessa ha trovato molta documentazione al riguardo in archivi storici di fonti ufficiali  con i quali ha scritto un nuovo libro di prossima pubblicazione.
                        

                                      Giovanna Canzano - Maria Antonietta Marocchi