sabato 12 novembre 2016

Mehmet PAÇACI

Giovanna Canzano
intervista
Mehmet PAÇACI 
Ambasciatore della Repubblica di Turchia presso la Santa Sede
8 novembre 2016

Mehmet PAÇACI 



1)   In Turchia c’è stato un tentato di colpo di Stato, per fortuna fallito. Qual era l’obiettivo dei golpisti?

Innanzitutto, mi rallegra il fatto che Lei veda in modo positivo il fallito tentativo di colpo di Stato e vorrei ringraziarLa, in quanto, in alcuni ambienti vi è chi si è quasi dispiaciuto per il mancato successo di questo cruento episodio accaduto in Turchia. In ordine all’obiettivo dei golpisti, Le posso dire che si tratta di un gruppo di persone che, infiltratesi all’interno dello Stato da quaranta anni, voleva arrivare al potere, creando uno stato parallelo all’interno di esso. In Turchia il gruppo è nominato FETO, l’acronimo di Organizzazione Terroristica di Fethullah (Gülen). Da numerose dichiarazioni e prove concrete oggi si evince che questi hanno iniziato le proprie attività mediante la fondazione di istituti di educazione scolastica e, nel corso degli anni, hanno collocato i giovani, cui facevano il lavaggio del cervello, all’interno dell’esercito, del sistema giuridico, della polizia, dei media e degli ambienti universitari. Per tale fine, hanno utilizzato ogni metodo privo di religione e morale, benché affermassero di essere un gruppo religioso. Le stesse dichiarazioni e prove, di cui sopra, dimostrano come abbiano divulgato ai propri membri le risposte dei concorsi di ammissione a queste istituzioni, al fine di far loro superare l’esame. Una volta in esse, hanno adottato comportamenti di mobbing nei confronti di coloro che non facevano parte del loro gruppo; anzi nell’esercito e nella polizia si sono servite delle torture chiamandole esercitazioni professionali; hanno fatto condannare degli innocenti, producendo accuse basate su prove false per coloro che si opponevano. Hanno intercettato le telefonate della gente, hanno ripreso le persone di nascosto in situazioni particolari e le hanno ricattate con quelle immagini. Oggi, in Turchia, vengono riesaminati i fascicoli irrisolti relativi agli attentati degli ultimi 30 o addirittura 40 anni. Inoltre, vengono ripresi in mano molti altri processi giuridici che, sulla base di false prove ed accuse, hanno causato inique sentenze a svariate persone. Per decina d’anni, abusando di un nobile concetto che è il dialogo, hanno nascosto le loro cattive intenzioni. Benché affermassero di essere favorevoli al dialogo e contrari alla violenza, alla fine, la notte del 15 luglio u.s., hanno compiuto il più sanguinoso tentativo di Colpo di Stato avvenuto nella storia della Turchia. Hanno ammazzato 250 persone e ferito più di 2000. Per la prima volta nella storia della Repubblica Turca, hanno bombardato diverse volte il Parlamento. Dai mezzi aerei, così come dai carri armati, hanno aperto il fuoco sulla popolazione civile che si è sdraiata davanti ai carri armati, fermando così la rivolta. L’eroica opposizione e il comportamento a difesa della democrazia, mostrati quella notte dal popolo turco, sono, in realtà, anche una reazione alle menzogne, all’iniquità ed alla mancanza di religione e morale, visto che queste persone hanno ingannato e creato delle situazioni ingiuste per molte persone. Ma ci pensate? Tutti coloro che erano membri di questo gruppo, sono usciti con il massimo punteggio in concorsi, dove partecipano migliaia di persone. A centinaia hanno visto i propri diritti calpestati. Il nostro popolo lo ha sempre saputo, anche se loro tentavano di nascondersi; alla fine, però, con una reazione da loro inattesa, è riuscito a porre fine alle ingiustizie, alle menzogne, allo sfruttamento di sentimenti religiosi e morali, alla violenza, proteggendo così il Presidente eletto della Repubblica Turca ed il Parlamento e manifestando ciò al mondo intero. Lo scopo di questo gruppo era impossessarsi dello Stato, ritenendo legittima ogni condotta immorale. Ma questo si è visto chiaramente la notte del 15 luglio 2016.

2)  In Europa c’è una certa preoccupazione sulla reazione a quel colpo di Stato. Da parte sua, il presidente Erdogan ha usato parole molto severe nei confronti dei governi europei, che non avrebbero protestato con sufficiente vigore contro il tentativo di rovesciare un presidente democraticamente eletto. I rapporti tra Europa e Turchia sembra siano a un punto molto basso. C’è speranza di portarli di nuovo ai buoni livelli di una volta?
Sì, ho provato a rispondere a ciò anche alla domanda precedente, così come hanno già fatto il nostro Presidente della Repubblica, Erdogan, il governo, l’opposizione cioè tutte le Autorità turche. Non sono d’accordo nel definire dure queste espressioni, in quanto noi Turchi, la notte del 15 luglio u.s., siamo scampati a una dittatura che sarebbe stata in mano ad un gruppo deviato, e alla conseguente situazione di violenza e caos che ne sarebbe scaturita. Le Autorità turche hanno soltanto espresso ciò in maniera diretta, lamentandosi di come i nostri amici non avessero visto questa realtà. In effetti, in merito al Colpo di Stato, non abbiamo ricevuto alcuna parola di sostegno, come necessario che fosse, dai Paesi cosiddetti “amici”, con cui abbiamo dei buoni rapporti. Al contrario, facendo finta di non vedere un così cruento tentativo di Colpo di Stato, si è scelto di criticare quei passi che qualunque Nazione democratica avrebbe intrapreso in seguito a tale evento. Cominciamo solo ora a sentire affermazioni di questo genere dall’Europa. In realtà, non si limita soltanto a questo. Anche per il problema dell’immigrazione abbiamo vissuto una situazione simile. È da anni che la Turchia, con la sua Amministrazione e con il suo popolo, ha accolto a braccia aperte 3 milioni di immigranti. Quando, poi, questi hanno scelto la via per l’Europa, l’argomento è finalmente diventato all’ordine del giorno, nel vero senso del termine. Alla Turchia è stato detto: “Tu tieniti questi immigrati, noi, nel frattempo, iniziamo a darti quell’aiuto economico che, in realtà, avremmo dovuto fornire per loro dall’inizio fino a ora”. Tuttavia, in qualche maniera, ciò è stato interpretato come se la Turchia volesse mercanteggiare per ricavare soldi dal traffico di immigrati. Ora sono sei anni che la Turchia assiste i suoi vicini e i suoi fratelli, senza aver ricevuto alcun corposo sostegno finanziario al riguardo, e, se si vogliono guardare i conti, ha già speso un importo prossimo ai venti miliardi di euro per assistere gli immigrati come dovere umanitario. In realtà, quando si tratta di dovere aiutare un vicino, per la cultura turca è inopportuno parlare di soldi. Per questo, noi non ne parliamo molto. L’aiuto finanziario, di cui si parla, equivalente a tre miliardi di euro da dare per gli immigrati, è un dovere umanitario che l’Europa compie per gli immigrati, non per la Turchia. Anche se l’Europa non fornisse questo sostegno, comunque la Turchia ha già assistito gli immigrati, con il suo Stato ed il suo popolo, e continuerà a farlo. Se così fosse, però, l’Europa non avrà realizzato un impegno fondamentale, ma questo già lo sa. Sembrerebbe quasi come se il problema principale dell’Europa fosse tenere lontano da sé quegli immigrati. Un atteggiamento simile si ha in merito al terrore separatista che da dieci anni miete vittime in Turchia. Queste organizzazioni terroristiche sono libere in Europa. L’esenzione dal visto, stabilita in base ad accordi bilaterali; alla fine questa esenzione per mano dell’Europa è stata vincolata alla riduzione della lotta al terrorismo. Mentre ciò che faceva la Francia era ben visibile, si è ignorato il fatto che la Turchia combattesse ogni giorno contro il terrore. Pertanto, in ordine all’esenzione da visto, il popolo turco ha visto non rispettata la parola datagli. È stato così anche per ciò che concerne i negoziati che la Turchia da cinquanta anni ha in corso con l’Unione Europea. Malgrado ciò, la Turchia difende il proprio desiderio e i propri sforzi per continuare i negoziati. Tuttavia, la popolazione osserva tutti questi episodi e sta sviluppando un certo atteggiamento relativo ai rapporti con l’UE. Le espressioni del Presidente della Repubblica, in primis, e delle Autorità turche non rispecchiano altro che questo.
3)   La Turchia ha sospeso provvisoriamente la Convenzione sui Diritti dell’uomo. In molti si sono scandalizzati in Europa, dimenticando che la Francia aveva fatto la stessa cosa, pochi mesi prima, per rispondere agli attacchi terroristici. Ora, però, c’è la questione della pena di morte. Nessun Paese in Europa contempla questa pena al proprio interno. Se la Turchia reintroducesse la pena di morte nel proprio ordinamento, ciò sarebbe legittimo, in base al principio di sovranità popolare e territoriale. Tuttavia, in questo modo, la strada del dialogo con l’Europa potrebbe chiudersi in maniera drastica. Che cosa mi dice al riguardo? A che punto stanno le cose? Ci sarà una proposta di legge costituzionale in merito?
La Turchia, in seguito al cruento tentativo di Colpo di Stato, allo scopo di poter spazzar via l’organizzazione in oggetto dalle strutture statali, proprio come ha fatto la Francia, ha derogato alla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo. Non è certo una sospensione, ma, comunque sia, anche questo è stato interpretato come tale. Venendo al tema della pena capitale, anche ciò è stata la manifestazione della rabbia dei cittadini contro i golpisti. Il nostro popolo che ha neutralizzato il tentativo di Golpe, se non mi sbaglio, ha espresso questa richiesta durante il primo discorso che il nostro Presidente della Repubblica, Tayyip Erdogan, eseguì a faccia a faccia con la popolazione nelle prime ore della mattina del 16 Luglio. Anche il nostro Presidente della Repubblica ha affermato che non vi è altra soluzione, se non quella di approvare un tale cambiamento richiesto dal nostro popolo, nel caso in cui la richiesta passasse ufficialmente per il Parlamento turco e gli venisse posta davanti. Riportando in sintesi ciò che il nostro Presidente della Repubblica disse in un’intervista in merito ai rapporti con l’UE: “I nostri negoziati con l’UE già non sembrano andare da nessuna parte da più di cinquanta anni. In altre parole, non è avvenuto alcun cambiamento in positivo nei rapporti con l’UE, anche dopo che la Turchia ha abrogato la pena capitale”.
4)  Negli ultimi tempi i rapporti tra la Turchia e la Santa Sede sembra che abbiano conosciuto alti e bassi, con alcuni momenti di tensione. Come possono ora definirsi questi rapporti e quali sono le prospettive?
È appropriato dire che l’anno scorso si è vissuta una certa tensione. Il motivo di ciò è stato perché, il 12 aprile 2015, Papa Francesco utilizzando un termine che la Turchia non accetta, ha pronunciato il termine genocidio per descrivere gli eventi del 1915.  La Turchia ritiene che questo non rappresenti la realtà e che ciò sia un’offesa nei confronti dei caduti di tutte le parti durante gli eventi del 1915 e anche prima di questi. La Turchia ha più volte espresso il proprio rammarico per le morti di numerosi Armeni avvenute in seguito alla decisione di deportazione presa dall’Amministrazione dell’epoca. In realtà, durante quegli avvenimenti, non morirono soltanto Armeni. È altresì vero che dalla seconda metà del 1800 fino al 1915 morirono migliaia di Turchi, Curdi e Arabi per le violenze provocate dalle numerose ribellioni. Furono spazzati via dalla carta geografica numerosi villaggi. Le persone furono bruciate vive nei luoghi di culto. Il motivo di ciò fu che le Grandi Potenze promisero di fondare uno Stato nazionale armeno in un territorio geografico dove i Turchi erano la maggioranza. Tenendo fede a questa promessa, furono eseguiti cruenti massacri e fu perpetrata con terrore una pulizia etnica nei confronti di Turchi, Curdi e Arabi che, per quasi mille anni, avevano vissuto insieme alla comunità armena. La giustizia richiederebbe il difendere insieme il ricordo di tutta questa gente. D’altro canto, la storia che soltanto gli Armeni furono uccisi o deportati in quanto Cristiani, non si attiene alla realtà e alimenta l’islamofobia, l’avversità nei confronti dei musulmani. Le comunità musulmane e cristiane hanno vissuto insieme per centinaia di anni sotto l’Amministrazione musulmana. Perché, per esempio, non si è vissuto un tale episodio precedentemente, per esempio due o quattro cento anni fa? Ciò indica che vi sono altre ragioni. Inoltre, il vocabolo “genocidio” è un termine legale tecnico, che è entrato a far parte del linguaggio internazionale giuridico alla fine della Seconda Guerra Mondiale e, quindi, non può essere usato per eventi antecedenti quella data. D’altro lato, sappiamo che un grande massacro del XX sec. fu perpetrato in Namibia nel 1904. Simili stermini o pulizie etniche furono eseguiti per quasi tutto il XIX sec. e all’inizio del XX sec. nei Balcani. In tale processo, persero la vita più di 4 milioni di persone e uno stesso numero di persone fu esiliata in Anatolia. Un’altra pulizia etnica e massacro fu effettuato nel Caucaso settentrionale contro svariate popolazioni indigene. Anche in questo caso, si sa che furono ammazzati e deportati più di un milione di persone per diversi motivi. È noto che i Circassi non mangiarono più pesce catturato nel Mar Nero in quanto quel mare fu tinto di rosso a causa del sangue versato dei loro antenati. In quella area geografica questo periodo fu caratterizzato dai processi di nascita del concetto di nazionalità e di stato nazionale; fu un periodo molto cruento e doloroso. Questi fatti sono verità documentate negli archivi. In questo contesto la Turchia ritiene più giusto commemorare tutti questi eventi insieme a quelli degli Armeni. Bisogna inoltre ricordarsi che all’epoca della I. Guerra Mondiale l’Impero Ottomano combatteva su diversi fronti; di conseguenza non ha potuto impedire che avvengano tanti episodi incontrollabili durante le deportazioni. Infatti il governo Ottomano dell’epoca a causa delle illegalità verificate durante le deportazioni ha processato più di 1600 dipendenti propri di cui 67 furono condannati all’impiccagione e tanti altri furono carcerati. Inoltre alla fine delle guerre tra gli Armeni condotti alla deportazione ci sono stati quelli che si sono stabilizzati dove sono stati deportati mentre molti altri sono tornati alle proprie case; però la maggior parte di questi ultimi in seguito ha scelto di trasferirsi, per motivi diversi, in Europa e in America.    
Papa Francesco, nel 2016 durante la sua visita in Armenia, ha pronunciato la stessa parola anche se non risultava sul testo scritto del suo intervento. Questa volta la Turchia ha valutato questo fatto come se fosse un atteggiamento personale del Papa. Infatti il Papa, durante il volo di rientro a Roma, ha affermato di non aver utilizzato questa parola come un termine legale tecnico. Un altro esempio a dimostrazione del fatto che lui non abbia usato questa parola come un termine legale tecnico è che il Papa durante la sua visita in Bosnia non ha usato il termine “genocidio” per il massacro di Srebrenica quando il Tribunale Penale Internazionale per l'ex-Jugoslavia lo ha riconosciuto come tale. Tuttavia lo Stato Vaticano nel tentativo di definire correttamente gli eventi del 1915, ha dimostrato una certa sensibilità e di conseguenza la Turchia ha evitato di creare una tensione nei rapporti bilaterali interpretando questa sensibilità come l’espressione di buona volontà. Il riscontro della Turchia in questo contesto dovrebbe essere valutato positivo in quanto comprova esattamente la volontà della Turchia di proseguire i rapporti esistenti evitando le tensioni. Dunque penso che se il Vaticano mantiene questo attitudine i rapporti tra la Santa Sede e la Turchia continueranno migliorando nel tempo. Non trovo nessun ostacolo perché questo non avvenga. Inoltre credo che il nuovo nunzio apostolico ad Ankara, da poco iniziato la sua missione, farà del tutto quanto me per migliorare questi rapporti; conosco benissimo quanto lui sia volenteroso per potenziare insieme numerosi progetti. Per quanto riguarda le relazioni tra la Turchia e l’Armenia, come è ben espresso anche da parte di Papa Francesco, crediamo che bisogna orientarsi verso il futuro non verso il passato.           
5)  Molti analisti seguono con interesse l’evoluzione dei rapporti tra Turchia e Russia. In passato gli antenati di questi due Paesi non avevano rapporti proprio eccellenti: pensiamo, solo per fare un esempio, alla Guerra di Crimea (ricordiamo, tra l’altro, che il Regno di Sardegna, antenato dell’Italia odierna, appoggiò l’Impero Ottomano, da cui è nata la moderna Turchia). Siamo di fronte a una svolta epocale? Cosa deve aspettarsi l’Europa dal nuovo dialogo tra Turchia e Russia? E’ possibile che questo contribuisca alla lotta contro il terrorismo internazionale?
Innanzitutto la Russia confina con la Turchia e come Lei ha fatto presente le relazioni di questi due Paesi hanno le basi storiche. La Turchia e la Russia dopo il crollo del blocco sovietico si sono impegnate tanto per sviluppare i rapporti bilaterali. Tuttavia, la crisi siriana e novembre scorso l’abbattimento del jet russo che ha violato il confine turco-siriano hanno danneggiato i rapporti. La Turchia e la Russia si sono accorte che per l’interesse di entrambi Paesi bisognava rincontrarsi per discutere i problemi e hanno cercato di sanare le relazioni. Come sapete prima del 15 luglio scorso il ghiaccio si è sciolto. La notte del 15 luglio il Presidente della Federazione Russa Vladimir Putin è stato la prima persona a chiamare e ad esprimere fortemente il suo sincero sostegno per la democrazia e questo fatto ha condotto le relazioni su un altro livello. Dopo il fallito tentativo di colpo di stato il nostro Presidente ha realizzato il suo primo viaggio all’estero recandosi a San Pietroburgo il 8 agosto e là le relazioni economiche e politiche bilaterali sono state di nuovo esaminate. Nei giorni seguenti le delegazioni dei due paesi hanno continuato con gli incontri. Si capisce che le relazioni economiche e culturali si svilupperanno. Tra l’altro si può immaginare che i rapporti che stanno migliorando in questo modo porteranno contributi positivi nella risoluzione della crisi siriana che ha inflitto sofferenze nella regione e nell’eliminazione del terrorismo che è una conseguenza della crisi stessa. In primo luogo si potrebbe ipotizzare una soluzione, che coinvolge anche l’Iran, per mettere fine al Daesh e per il futuro della Siria. Infatti le dichiarazioni che arrivano sia dalla Turchia che dai Paesi in questione sono in questa direzione. L’avvicinamento della Turchia alla Russia non è un’alternativa alle alleanze che ha con l’Occidente; inoltre la Turchia rimarrà un forte membro della NATO. L’operazione dello scudo dell’Eufrate contro Daesh avviata dalla Turchia e la creazione della zona cuscinetto che la Turchia riteneva cruciale fin dall’inizio creeranno speranza affinché il terrorismo possa essere sradicato e i siriani esiliati possano ritornare alla loro patria. Già durante i primi giorni dell’operazione ci sono stati dei siriani che sono ritornati a casa loro. Il numero continuerà ad aumentare.  
Sua Eccellenza il Signor Mehmet Pacaci, ambasciatore di Turchia preso la Santa Sede, è nato nel 1959 a Bolu, è sposato e ha tre figli.
Si è laureato in teologia all'Università di Ankara (1989) e ha svolto attività docente come professore di teologia presso il medesimo ateneo (1992-2008).
Ha svolto l'incarico di consigliere per gli Affari religiosi e i Servizi sociali presso l'ambasciata turca a Washington (2008-2011).
Dal 2011 è direttore generale del dipartimento per le Relazioni estere presso l'ufficio presidenziale per gli Affari religiosi.
TC 2014- Vaticano Ambasciatore

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