QUANTO
E’ DIFFICILE SCRIVERE E INSEGNARE IN LIBERTA’
Giovanna Canzano
intervista
Claudio
Moffa
26 aprile 2014
Miti e realtà della libertà di rete (prima parte)
CANZANO 1- La libertà di opinione e di pensiero è stato oggetto di
suoi studi e pubblicazioni, oggi, queste libertà sono ancora garantite?
MOFFA - Sono garantite formalmente, dalla Costituzione e da alcune
norme sull’insegnamento. Sono garantite anche da alcuni parlamentari coraggiosi
o comunque vigili, quelli che hanno fatto saltare più volte il tentativo dei soliti
noti di imbavagliare la storia. Alcuni forse sopravviveranno politicamente, altri
sono stati puniti. Penso a una deputata del PD, che alla vigilia della caduta
del governo Monti, nel dicembre 2012, sollevò con chiarezza il problema della
libertà di opinione nel votare contro l’ennesimo tentativo di introdurre in
modo surrettizio una legge liberticida alla francese o alla tedesca anche in
Italia. Non è stata ricandidata. Comunque - vedi anche l’intervento procedurale
dei grillini nell’ultimo assalto del gennaio scorso, e il ruolo del Pdl nella caduta del governo
Monti - la resistenza c’è o per lo meno c’è stata fino adesso. Ma l’aggressione ai principi costituzionali contenuti
negli art. 21 e 33 non avviene solo attraverso una legge, ma anche attraverso altri
meccanismi di censura e grazie ad altri protagonisti della questione
CANZANO 2- Puo’ fare qualche esempio?
MOFFA
- Gli esempi possono essere tanti, dalla rete ai
media, dalla polizia postale al luogo di lavoro. E ovviamente alla magistratura
…
CANZANO 3- Cominciamo dal
primo punto:
la ‘rete’ tende ad ‘uniformare’ la cultura e a proporci un modello che piace ai
‘cosiddetti governanti’, infatti, la rete è monitorata, e, continuamente
vengono ‘oscurati’ siti ‘non conformi’ alle volontà del ‘grande fratello’. Ha
avuto anche Lei problemi con la rete per le sue iniziative?
MOFFA – Sì, la mia lezione su Shoah tra Storia e Politica,
giudicata da magistrati che l’hanno letta priva di alcun disvalore antisemita,
e anzi persino apprezzata, e oscurata ogni tanto su you tube come la
video-intervista di David Cole: una icona rossa che non apre nulla e una
scritta di accompagnamento che avvertiva che per il suo contenuto quel video
non era visibile. E’ il delirio censorio dei soliti noti, che usano la loro ‘giustizia’
privata, non essendo ancora riusciti, in Italia, a imbavagliare la storia per
legge . Questo il caso più evidente: e poi, come tantissimi blogger tutte
quelle forme di mobbing informatico che ti fanno perdere tempo, ti diffamano, si
infilano nei siti o su FB con amici-fakes utili a reindirizzare i dibattiti su
binari ortodossi. Magari la stessa persona con due nicknames, che litigano tra
loro, e tu parli di una cosa e loro spostano l’attenzione su altro
CANZANO 4- Nel tempo, questa situazione diventa insopportabile,
anche a me capitano cose del genere …
MOFFA - Verissimo, ci sono tanti modi indiretti e ‘privati’ di
censurare in rete: su fb 3 o 4 tag e poi ti bloccano; siti che non riesci a
caricare in rete, interpelli il fornitore e non capisci perché. E allora
bisogna fare una corretta analisi della ‘rete’ e stabilire un paio di principi
per regolarla: l’analisi vuol dire che la rete non è sempre il preteso regno
della libertà, i cui cittadini devono ribellarsi a ogni tipo di normazione. La
rete ha una potenzialità liberatoria enorme e contribuisce alla crescita
qualitativa e quantitativa dell’alfabetizzazione di massa, ma presenta anche rischi:
vedi a proposito dell’alfabetizzazione il degrado della lingua delle
giovanissime generazioni, un linguaggio-chat pieno di o, ah, aoh, zeppo di
errori forse anche a causa della piccola tastiera dell’ iphone, ma che comunque,
reiterati, finiscono per produrre un pessimo italiano, dove la famosa x al
posto di ‘per’ da cui la nota scenetta su Bixio trasformato in Biperio, è il
minimo. Quanto alla libertà della rete, il carattere privatistico dei grandi
server, provider etc – peraltro sempre o quasi con sedi legali in paesi lontani
- è la base di tutti gli abusi. Bisognerebbe tentare con dei fornitori
autoctoni, come si provò nella Francia di Chirac anni fa, un nuovo motore di
ricerca concorrente di google, un progetto ambizioso poi fallito.
CANZANO 5– Ma anche la Cina ha fatto muro contro google e ha
creato un suo motore di ricerca. Ma non si puo’ dire che sia un paese libero …
MOFFA - Vero, ma innanzitutto è da chiedere ai cinesi cosa pensano
della cosa. E poi noi siamo in Europa, si potrebbe pensare a un mega motore di
ricerca europeo, e ad altri servizi di eguale spessore, altrimenti gli abusi continueranno
a dilagare grazie al monopolio di fatto esistente.
CANZANO 6– E dunque quali principi bisognerebbe applicare?
MOFFA – In primo luogo, a monte, bisogna affermare e pretendere il
principio di responsabilità e di identificazione di chiunque pubblichi sulla
rete; a valle, chiedere che le leggi dello Stato vengano applicate anche sulla
rete. Esistono ovviamente leggi ingiuste o da riformare, come la stessa legge
Mancino del 1993, ma il terreno di scontro va spostato in Parlamento, senza
cercare e sperare di fare della rete una zona franca, un’isola felice dove
pensi di poter scrivere quello che vuoi, perché così ci si rimette soltanto: tu
ti dichiari a favore dell’abolizione della Mancino, o fai una lezione
innocentissima e priva di risvolti antisemiti, o scrivi un articolo sull’Iran o
sulla Palestina, e ti ritrovi da una parte insultato, diffamato, minacciato da
veri o presunti soggetti in rete, e dall’altra emarginato con le censure di cui
sopra. Dunque i codici penali e civili vanno applicati anche su internet, contrariamente
a una tendenza finto-libertaria e fino-anarchica in rete, e gran parte della
giurisprudenza che reputa i reati compiuti on line meno gravi di quelli su
cartaceo. Non è vero, semmai certi reati sono ancora più gravi in rete, per
almeno due motivi: perché sono reiterati nel tempo: se ti diffama un quotidiano,
la cosa resta lì, un giorno o una settimana e poi torni a respirare. Ma in rete
le cose restano a volte persino oltre la circolazione ufficiale - ad opera
dell’autore - dello scritto diffamatorio o minatorio.
Secondo motivo, perché chi li compie si nasconde meglio …
Secondo motivo, perché chi li compie si nasconde meglio …
CANZANO 7– Dunque siamo arrivati al principio di responsabilità e
di identificazione di chi pubblica in rete …
MOFFA – Proprio così: una prima regola etica da diffondere è che
bisogna chiedere a tutti di assumersi la responsabilità pubblica delle proprie
prese di posizione. Alcune volte comunque ciò è impossibile, ci sono
professionisti – penso agli stessi avvocati -
che possono necessitare di un nickname. Oppure qualcuno si diverte a
firmare con un soprannome simbolico. Tutto bene: ma se quel qualcuno commette un qualsiasi reato,
deve poter essere identificato sia dalla vittima, sia dalla magistratura. L’IP
del computer dovrebbe essere la base di questa identificazione, un po’ come il
telaio delle auto, una carta d’identità del computer su cui è stato commesso il
reato. A difesa della vittima e delle vittime, non a lesione della ‘libertà
della rete’ come pretendono certi furbi o ingenui.
C ANZANO 8- Ma non mi pare
così semplice, il computer puo’ essere rubato, oppure puo’ entrarci un hacker
per attribuire al malcapitato il reato da lui commesso …
MOFFA – Ma intanto c’è la base da cui partire, in parallelo si
deve pensare a vere difese dagli hacker con l’aiuto di altri poteri forti ma
democratici e liberali, quale potrebbe essere lo stesso Stato-governo italiano
… Gli ostacoli veri dunque non sono questi, ma altri due: da una parte c’è
Aruba che si è messa inventare una pluralità di IP per caricare i siti, IP però
che non dovrebbero essere quelli anagrafici del computer stesso. In questo modo
si creano però molte ambiguità di rintracciamento degli autori dei post su quel
sito, che potrebbe essere stato infiltrato da un hacker. Dall’altra ci sono i
PM archivia tutto, quando chi compie il reato appartiene a giri forti, alle
caste intoccabili che imperversano nel nostro paese. Tre miei esempi, a cui
potrebbero aggiungersi in un dossier di centinaia di pagine quelli di
tantissimi altri navigatori della rete: la Polizia postale di Viale Trastevere
che afferma che non si puo’ far nulla contro le intrusioni di hackers nella mia pagina FB, segnalatemi da Facebook
con tanto di luogo di compimento dell’incursione! Un Pm del Giudice di pace,
che ripete la stessa cosa, dopo aver individuato e interrogato l’autore di un
messaggio contenente una minaccia di aggressione (e forse di morte, visto il
richiamo alla solita “resistenza”). E due PM, uno romano e uno teramano, che
alle prese con un sito di sedicenti anarchici (alla Pinelli o alla Bertoli?)
che mi aveva minacciato e diffamato se avessi partecipato a un dibattito sulla
Palestina, chiedono e alla fine ottengono (quello di Teramo) l’archiviazione.
Eppure a disposizione del GIP e dei due PM c’erano due indirizzi postali a
Firenze e a Milano, un conto corrente postale, forse un numero di telefono …
niente le ulteriori indagini non si fanno: l’IP dei computer non vale nulla …
CANZANO 8– Forse però l’IP del computer non è sufficiente,
esistono dei margini di errore
MOFFA - Forse sì, senonché, uno, non si capisce perché non
provarci ed escluderlo invece a priori; due e soprattutto, un giorno apro TG1
mattina e vedo un funzionario di polizia che racconta della scoperta e arresto
di una banda di pedofili attraverso l’IP del computer. E allora? Due pesi e due
misure: se quella banda fosse appartenuta ad un giro forte, non è da escludere
che un altro funzionario avrebbe teorizzato il contrario. Ma attenzione, anche
se così fosse, dovrebbe essere compito del legislatore esaminare attentamente
la questione, e fare in modo di impedire – anche con convinzioni
internazionali, e con oscuramento dei server fuori regola – che la rete
continui a vivere nell’anonimato, senza possibilità di identificare chi di
volta in volta, caso per caso la utilizza. Senza limiti, come è senza limiti la
fantasia informatica degli hacker: cito al proposito un caso, nel sito della
mia università, Teramo, la mia casella postale …
Il degrado dell’università nell’era della globalizzazione (seconda parte)
CANZANO 1- La libertà di opinione e di pensiero è stato oggetto di
suoi studi e pubblicazioni, oggi, queste libertà sono ancora garantite?
MOFFA - Sono garantite formalmente, dalla Costituzione e da alcune
norme sull’insegnamento. Sono garantite anche da alcuni parlamentari coraggiosi
o comunque vigili, quelli che hanno fatto saltare più volte il tentativo dei
soliti noti di imbavagliare la storia. Alcuni forse sopravviveranno
politicamente, altri sono stati puniti. Penso a una deputata del PD, che alla
vigilia della caduta del governo Monti, nel dicembre 2012, sollevò con chiarezza
il problema della libertà di opinione nel votare contro l’ennesimo tentativo di
introdurre in modo surrettizio una legge liberticida alla francese o alla
tedesca anche in Italia. Non è stata ricandidata. Comunque - vedi anche l’intervento
procedurale dei grillini nell’ultimo assalto del gennaio scorso, e il ruolo del Pdl nella caduta del governo
Monti - la resistenza c’è o per lo meno c’è stata fino adesso. Ma l’aggressione ai principi costituzionali
contenuti negli art. 21 e 33 non avviene solo attraverso una legge, ma anche
attraverso altri meccanismi di censura, e grazie ad altri protagonisti della
questione.
CANZANO 2- Puo’ fare
qualche esempio?
MOFFA
- Gli esempi possono essere tanti, dalla rete alla
stampa e alle TV, dalla polizia postale al luogo di lavoro. E ovviamente alla
magistratura …
CANZANO 3- Cominciamo dal primo punto: la ‘rete’ tende
ad ‘uniformare’ la cultura e a proporci un modello che piace ai ‘cosiddetti
governanti’, infatti, la rete è monitorata, e, continuamente vengono ‘oscurati’
siti ‘non conformi’ alle volontà del ‘grande fratello’. Ha avuto anche Lei
problemi con la rete per le sue iniziative?
MOFFA – Sì, la mia lezione su Shoah tra Storia e Politica,
giudicata da magistrati che l’hanno letta priva di alcun disvalore antisemita,
e anzi persino apprezzata, e oscurata ogni tanto su you tube come la
video-intervista di David Cole: una icona rossa che non apre nulla e una
scritta di accompagnamento che avvertiva che per il suo contenuto quel video
non era visibile. E’ il delirio censorio dei soliti noti, che usano la loro
‘giustizia’ privata, non essendo ancora riusciti, in Italia, a imbavagliare la storia
per legge . Questo il caso più evidente: e poi, come tantissimi blogger tutte
quelle forme di mobbing informatico che ti fanno perdere tempo, ti diffamano, che
si infilano nei siti o su FB con amici-fakes utili a reindirizzare i dibattiti
su binari ortodossi. Magari la stessa persona con due nicknames, che litigano
tra loro, tu parli di una cosa e loro spostano l’attenzione su altro
CANZANO 4- Nel tempo, questa situazione diventa insopportabile,
anche a me capitano cose del genere …
MOFFA - Verissimo, ci sono tanti modi indiretti e ‘privati’ di
censurare in rete: su FB 3 o 4 tag e poi ti bloccano; siti che non riesci a
caricare in rete, interpelli il fornitore e non capisci perché. E allora
bisogna fare una corretta analisi della ‘rete’ e stabilire un paio di principi
per regolarla: l’analisi vuol dire che la rete non è sempre il preteso regno
della libertà, i cui cittadini devono ribellarsi a ogni tipo di normazione. La
rete ha una potenzialità liberatoria enorme e contribuisce alla crescita
qualitativa e quantitativa dell’alfabetizzazione di massa, ma presenta anche rischi:
vedi a proposito dell’alfabetizzazione il degrado della lingua delle
giovanissime generazioni, un linguaggio-chat pieno di o, ah, aoh, zeppo di
errori forse anche a causa della piccola tastiera dell’ iphone, ma che comunque,
reiterati, finiscono per produrre un pessimo italiano, dove la famosa x al
posto di ‘per’ da cui la nota scenetta su Bixio trasformato in Biperio, è il
minimo. Quanto alla libertà della rete, il carattere privatistico dei grandi
server, provider etc – peraltro sempre o quasi con sedi legali in paesi lontani
- è la base di tutti gli abusi. Bisognerebbe tentare con dei fornitori
autoctoni, come si provò nella Francia di Chirac anni fa, un nuovo motore di
ricerca concorrente di google, un progetto ambizioso poi fallito.
CANZANO 5– Ma anche la Cina ha fatto muro contro google e ha
creato un suo motore di ricerca. Ma non si puo’ dire che sia un paese libero …
MOFFA - Vero, ma innanzitutto è da chiedere ai cinesi che pensano
de loro motore di ricerca. E poi noi siamo in Europa, si potrebbe pensare a un
mega motore di ricerca europeo, e ad altri servizi di eguale spessore,
altrimenti gli abusi continueranno a dilagare grazie al monopolio di fatto
esistente.
CANZANO 6– E dunque quali principi bisognerebbe applicare?
MOFFA – In primo luogo, a monte, bisogna affermare e pretendere il
principio di responsabilità e di identificazione di chiunque pubblichi sulla
rete; a valle, chiedere che le leggi dello Stato vengano applicate anche sulla
rete. Esistono ovviamente leggi ingiuste o da riformare, come la stessa legge
Mancino del 1993, ma il terreno di scontro va spostato in Parlamento, senza
cercare e sperare di fare della rete una zona franca, un’isola felice dove
pensi di poter scrivere quello che vuoi, perché così ci si rimette soltanto: tu
ti dichiari a favore dell’abolizione della Mancino, o fai una lezione
innocentissima e priva di risvolti antisemiti, o scrivi un articolo sull’Iran o
sulla Palestina, e ti ritrovi da una parte insultato, diffamato, minacciato da
veri o presunti soggetti in rete, e dall’altra emarginato con le censure di cui
sopra. Dunque i codici penali e civili vanno applicati anche su internet,
contrariamente a una tendenza finto-libertaria e fino-anarchica in rete, e contro
gran parte della giurisprudenza che reputa i reati compiuti on line meno gravi
di quelli su cartaceo. Non è vero, semmai certi reati sono ancora più gravi in
rete, per almeno due motivi: perché sono reiterati nel tempo: se ti diffama un
quotidiano, la cosa resta lì, un giorno o una settimana e poi torni a
respirare. Ma in rete le cose restano a volte persino oltre la circolazione
ufficiale - ad opera dell’autore - dello scritto diffamatorio o minatorio.
Secondo motivo, perché chi li compie si nasconde meglio …
Secondo motivo, perché chi li compie si nasconde meglio …
CANZANO 7– Dunque siamo arrivati al principio di responsabilità e
di identificazione di chi pubblica in rete …
,MOFFA – Proprio così: una prima regola etica da diffondere è che
bisogna chiedere a tutti di assumersi la responsabilità pubblica delle proprie
prese di posizione. Alcune volte ciò è impossibile, ci sono professionisti –
penso agli stessi avvocati - che possono
necessitare di un nickname. Oppure qualcuno si diverte a firmare con un
soprannome simbolico. Tutto bene: ma se
quel qualcuno commette un qualsiasi reato, deve poter essere
identificato sia dalla vittima, sia dalla magistratura. L’IP del computer
dovrebbe essere la base di questa identificazione, un po’ come il telaio delle
auto, una carta d’identità del computer su cui è stato commesso il reato. A
difesa della vittima e delle vittime, non a lesione della ‘libertà della rete’
come pretendono certi furbi o ingenui.
C ANZANO 8- Ma non mi pare
così semplice, il computer puo’ essere rubato, oppure puo’ entrarci un hacker
per attribuire al malcapitato il reato da lui commesso …
MOFFA – Ma intanto c’è la base da cui partire, in parallelo si deve
pensare a vere difese dagli hacker con l’aiuto di altri poteri forti ma
democratici e liberali, quale potrebbe essere lo stesso Stato-governo italiano
… Gli ostacoli veri dunque non sono questi, ma altri due, il primo riguarda i
server: da una parte c’è Aruba che si è messa inventare una pluralità di IP per
caricare i siti, IP però che non dovrebbero essere quelli anagrafici del
computer stesso. In questo modo si creano infatti molte ambiguità per il
rintracciamento degli autori dei post su quel sito, che potrebbe essere stato
infiltrato da un hacker. Aruba negli ultimi due anni è diventata potente e
ricca, vedi la pubblicità: che relazione c’è tra questo salto quantitativo e
questa stranezza qualitativa, per la quale il principale server italiano (europeo?)
contribuisce a rafforzare l’ “anarchia” in rete?
Dall’altra – ecco il secondo problema - ci sono i PM archivia-tutto,
se chi compie il reato appartiene a giri forti, alle caste intoccabili che
imperversano nel nostro paese. Tre miei esempi, a cui potrebbero aggiungersi in
un dossier di centinaia di pagine quelli di tantissimi altri navigatori della
rete: la Polizia postale di Viale Trastevere che afferma che non si puo’ far
nulla contro le intrusioni di hackers
nella mia pagina FB, segnalatemi da Facebook con tanto di luogo di
compimento dell’incursione! Un Pm del Giudice di pace che ripete la stessa
cosa, dopo aver individuato e interrogato l’autore di un messaggio contenente
una minaccia di aggressione (e forse di morte, visto il richiamo alla solita
“resistenza”). E due PM, uno romano e uno teramano, che alle prese con un sito
di sedicenti anarchici (alla Pinelli o alla Bertoli?) che mi aveva minacciato e
diffamato se avessi partecipato a un dibattito sulla Palestina, chiedono e alla
fine ottengono (quello di Teramo) l’archiviazione. Eppure a disposizione del
GIP e dei due PM c’erano due indirizzi postali a Firenze e a Milano, un conto
corrente postale, forse un numero di telefono … quella è gente che potrebbe
aver seminato anche bombe qui e là, come da notizie di cronaca degli ultimi
anni: ma niente, le ulteriori indagini non si fanno: l’IP dei computer per
certi magistrati alle prese con certi giri non vale nulla …
CANZANO 9– Forse però l’IP del computer non è sufficiente,
esistono dei margini di errore
MOFFA - Forse sì: senonché, uno, non si capisce perché non
provarci ed escluderlo invece a priori; due e soprattutto, un giorno apro TG1
mattina e vedo un funzionario di polizia che racconta della scoperta e arresto
di una banda di pedofili attraverso l’IP del computer. E allora? Due pesi e due
misure: se quella banda fosse appartenuta ad un giro forte, non è da escludere
che un altro funzionario avrebbe teorizzato il contrario.
Ma attenzione, anche se così fosse, dovrebbe essere compito del
legislatore esaminare attentamente la questione, e fare in modo di impedire –
anche con convenzioni internazionali, e con oscuramento dei server fuori regola
– che la rete continui a vivere nell’anonimato, senza possibilità di
identificare chi di volta in volta, caso per caso la utilizza. Poteri forti
democratici che devono agire senza limiti, come è senza limiti la fantasia
informatica degli hacker: cito al proposito un caso, nel sito della mia
università, Teramo, la mia casella postale …
CANZANO 10– Anche sul luogo di lavoro? In che senso fantasia? Che
è successo?
MOFFA – Un meccanismo che
non conoscevo fino a un paio di settimane fa: il breve video di quello che
accade con la posta unite è sulla mia
pagina FB: in sintesi quando apro una mail e dò solo una sbirciata
ripromettendomi poi di leggere meglio dopo, e perciò la richiudo, la mail
scompare del tutto dalla mia casella postale, anche dalla posta spam o
eliminata. E l’ultima stranezza …
CANZANO 11– Ma all’Ateneo
di Teramo son cose vecchie, mi pare, fin dai tempi dell’invito a Faurisson,
maggio 2007
MOFFA – Sì, ma adesso non c’è nessun comunicato ufficiale del
Centro Simon Wiesenthal a pretendere di bloccare una lezione di Faurisson. E ci
sono esternazioni di magistrati che, essendosi documentati sulla mia lezione
sulla shoah del 2010, ne hanno confermato a chiare lettere l’assenza di
qualsiasi carattere antisemita, anzi l’hanno persino elogiata. Ma questo per
chi guida l’Ateneo non conta nulla. Non voglio dilungarmi perché il problema va
inserito in un contesto generale. Elenco dunque telegraficamente: boicottaggio
della mia materia a scelta, Storia del Diritto Internazionale, inserita in
tabella senza crediti al contrario delle altre; non concessione della usuale
proroga al solo Master Mattei nel periodo cruciale tra inizi novembre e metà
dicembre, col risultato che alcuni miei potenziali iscritti sono finiti in un
master concorrente; niente attivazione delle scuole superiori per i film su e
di Mattei, capolavori e documenti storici che solo un imbecille puo’ disprezzare;
coincidenza dell’inaugurazione del master con un convegno sui ‘campi di
concentramento’ abruzzesi, una iniziativa che di scientifico non ha proprio
nulla, ma la cui coincidenza col master suona come un’implementazione di una
vecchia idea lanciata sul quotidiano di De Benedetti il 25 maggio 2007, e cioè:
invece che chiudere Scienze Politiche bisogna(va) “organizzare in facoltà,
contestualmente alla discussa conferenza di Faurisson, una vigilanza e
mobilitazione di docenti, studenti e altri …”. Dove negli ‘altri’, in quei
giorni caldi del 2007, non potevano non essere inclusi anche i
picchiatori romani del 18 maggio precedente. Intimidazione? Dite voi. Di certo
lo è stata la porta del mio ufficio che ho trovato aperta due o tre volte,
l’ultima per un paio di giorni con la chiave nella toppa, e appeso un portachiavi
di bandierine di plastica palestinesi … Poi
… mi fermo qui, il telegramma è diventato lungo: il quadro generale è più
importante ..
CANZANO 12– Bene, qual è allora la responsabilità dell’Europa
nello stato di salute degli Atenei italiani?
MOFFA – Prima dell’Europa e di Roma, c’è il quadro generale
dell’Ateneo: le attenzioni non riguardano solo il sottoscritto, ma chiunque osi
criticare l’indirizzo attuale. Un’impiegata ti dice “ho paura di tutti”. Un
collega che aveva scritto un articolo critico dell’attuale gestione, viene
avvicinato con un ironico ma anche minaccioso “ah, dunque sei diventato il capo
dell’opposizione”. Clima teso anche nel CdA per le ‘magnifiche spese’ del
Rettore, che va assumendo esterni all’Università, nonostante l’alto numero di personale
interno disponibile e la crisi dei bilanci. La CGIL ha chiesto l’audio della
riunione, dove sembra siano volate parole inappropriate. E poi le forzature
continue: 42 colleghi non hanno votato il loro rappresentante al Senato grazie
ad un regolamento che ha bypassato lo Statuto giocando sugli accorpamenti di
aree scientifiche pretesi dal MIUR. Un Osservatorio mondo che agisce in
segreto, con studenti che si alzano dalle lezioni fondamentali per andare a una
loro riunione “importante”. Le nuove “spese magnifiche” di D’Amico – c’è anche
una teleferica di mezzo – che potrebbero marciare in parallelo con interessi
lobbistici speculativi di tipo edilizio.
CANZANO 13– L’Europa e il
Miur dunque
MOFFA – L’Università sta cambiando radicalmente: da una parte in
meglio, la sacrosanta richiesta di un maggiore impegno da parte dei docenti e
dei ricercatori: dall’altra in peggio, i rischi per la libertà di ricerca, la
militarizzazione e aziendalizzazione dell’insegnamento, e il ritorno di un eurocentrismo
impensabile per quegli storici e politologi della mia generazione che sono
cresciuti professionalmente nella grande stagione della decolonizzazione.
Stanno facendo esattamente come con Tangentopoli: allora la giusta lotta alla corruzione
servì da grimaldello per sottrarre al Popolo italiano l’immenso patrimonio
dell’Industria di stato, per privatizzare la Banca d’Italia e per demonizzare
un intera classe politica grazie all’assalto congiunto mediatico e giudiziario,
incanalato nella voluta confusione tra finanziamento illecito dei partiti e
corruzione personale. Oggi il sasso lanciato nel 92 si allarga a nuovi cerchi,
ed ecco il ‘nuovo che avanza” negli Atenei … Docenti e ricercatori vengono
deprivati passo dopo passo della loro autonomia, non sono più soggetti autonomi
con i loro limiti e errori, le loro meschinità, ma anche le loro capacità e
meriti professionali: sono meri esecutori di regole pseudovalutative decise a
priori, da gente mille volte più meschina di loro, e fatte essenzialmente di
dati esterni alla qualità del sapere,
alla qualità di quello che scrivi e insegni, e composti soprattutto da numeri:
quante volte ti hanno citato le riviste ‘in’, quante volte sei dentro le banche
date internazionali, quanti studenti hai …
CANZANO 14– Però lo Stato non puo’ finanziare corsi senza un
numero adeguato di studenti, dunque i numeri contano
MOFFA . Contano fino a un certo punto. I numeri di cui parlo sono
imposti dal mercato, dalle grandi catene
mediatiche e editoriali. La cultura libera dovrebbe muoversi lungo altre
coordinate e garantita come tale dallo Stato, come è avvenuto fino a una
quindicina d’anni fa. Certo, qualcuno potrà …
CANZANO 15– Ma lo Stato repubblicano non dava libertà alla cultura
di destra …
MOFFA – Era proprio quello che stavo dicendo: qualcuno potrà dire
quel che lei ha adesso osservato . Ma da una parte questo è solo parzialmente
vero – dal grande latinista Paratore a Auriti a De Felice – e dall’altra
sarebbe mai pensabile nella nuova Università modellata come una azienda, e
attenta all’ossessione della sicurezza anti islamica come già richiedeva nel
settembre 2001 il segretario generale della NATO Lord Robertson, sarebbe mai
possibile la presenza di un filologo arabista che possa divulgare la tesi dell’accademico
giordano Adnan Badran per il quale Maimonide
sarebbe stato un musulmano e non un ebreo? Tesi accolta , accolta anche in sede
Unesco, con grande scandalo di una petizione di condanna da parte di
associazioni sioniste? [1]
E sarebbe possibile insegnare, che so io, la storia della civiltà
romana così come la insegnava Santo Mazzarino, una analisi non filtrata
dall’ossessione ebreocentrica per cui i romani erano degli “imperialisti”,
punto e basta? La vera storia di Roma,
fatta non solo di schiavismo – come vanno ‘insegnando’ certi libri di favole
per bambini, penso a Geronimo Stilton - ma anche ad esempio di uno sviluppo
tecnologico mai visto prima di allora, e di un corpo giuridico che è alla base
del diritto moderno? E sarebbe ancora possibile organizzare un corso sul pensiero
di Marx e sul marxismo? .. Diciamo forse sì, qui e là: ma se qualcuno
ottenesse spazio per questo tipo di corsi ecco che arrivano i numeri: tu
raccogli, in un sistema culturale in cui le catene mediatiche private sovrastano ormai l’accademia,
due tre cinque studenti, e zacchete ti chiudono il corso perché non è
produttivo, perché hai pochi studenti e fai pochi esami. Dunque le culture
eterodosse continuano ad essere penalizzate. Una barbarie, italiana e europea
..
CANZANO 16– Ma perché l’Europa? Fino a che punto le responsabilità
sono europee e non dei nostri politici?
MOFFA – Le responsabilità dei politici italiani ci sono, tutti
quelli che dagli anni Novanta ad oggi hanno contribuito a dar vita al sistema
attuale. Ma l’Europa è il mostro generatore: la Commissione europea è un alieno
nel corpo della civiltà europea, le è estraneo, è succube del peggiore
americanismo e del peggiore tribalismo sionista. Le faccio un esempio
conclusivo, perché l’analisi potrebbe durare a lungo: la questione delle banche
dati, quelle che servono al progresso di carriera delle nuove generazioni di
studiosi.
Da una parte c’è il discorso come dire tecnico, chi e come fa
carriera: Luigi Frudà del CUN mi ha
detto una volta che il sistema che sta avanzando (speriamo che ci siano
correzioni da parte del nuovo governo, ma dubito) permetterà a un giovane
disinvolto di sopravanzare in termini di ‘produttività’ uno studioso che ad
esempio si mette a scrivere un manuale di sociologia, due anni di impegno. Il
giovane infatti pubblicherà molti articoli di tre o quattro pagine su riviste
‘in’, dotate della cosiddetta peer evaluation (cioè valutatori presunti ignari
di chi è l’autore dell’articolo), essendosi messo d’accordo con i suoi colleghi
per uno scambio delle citazioni del suo lavoro con quelle dei suoi compari: e
in questo modo il suo impegno nel biennio o triennio verrà valutato più di
quello del professore vecchio stile.
CANZANO 17– Assurdo in effetti …
MOFFA – Sì, assurdo, ma questo è niente, il problema più grave
sono le banche dati “citazionali” (che registrano cioè quante citazioni hai),
filtro delle carriere dei docenti e ricercatori universitari, e qui la
responsabilità dell’Europa come istituzione, e di tutti i suoi Stati membri, è
enorme: infatti si sarebbe dovuto creare attraverso una azione congiunta dei
Ministeri della Cultura e dell’Istruzione dei 27, una grande banca dati
europea, data dalla somma delle diverse banche dati nazionali. Ad esempio in
Italia noi abbiamo la banca dati OPAC, organizzata dalle Biblioteche centrali
italiane con il concorso di tutte le biblioteche di enti privati o pubblici. Lì
finiscono tutte le pubblicazioni..In tal modo tutti i libri di tutte le case
editrici, anche le più marginali nel mercato, finiscono per essere registrati.
I dati dei singoli curricula sono così completi, non ci sono filtri: il filtro,
in caso di concorso per la scuola e o per l’Università, potrà venire solo dalle
Commissioni concorsuali, i Commissari in carne ed ossa che litigheranno o
convergeranno – sulla base soprattutto dell’analisi del contenuto delle pubblicazioni, e non dei numeri di cui ho detto –
su questo o quel candidato. I Commissari, esattamente come i candidati, ridiventerebbero
come un tempo Soggetti del loro operare. La scelta del vincitore sarebbe
comunque più approfondita, proprio perché non ci sono solo o prevalentemente
regole predeterminate, ma valutazioni obbligate a formarsi sul filo principale
dell’analisi del contenuto degli elaborati dei candidato.
CANZANO 18– Ma perché l’Europa non ha costruito una sua banca
dati? E quali sono le banche dati utilizzate al suo posto?
MOFFA – Perché non lo so, posso solo intuirlo: per lo stesso
motivo per cui la BCE è privata, il Parlamento europeo non conta nulla, e la
Commissione è il mostro alieno di cui sopra. Ed ecco allora le banche dati
utilizzate: ISI e Scopus, una americana e una israeliana, ed entrambe private
..
CANZANO 19– Straniere e private?
Come è possibile? E come è possibile che nessuno si sia opposto a queste
decisioni?
MOFFA – Di nuovo posso solo intuire perché: per lo stesso motivo per
cui tutto il ceto parlamentare italiano, tranne rarissime eccezioni, ha detto
sì a Maastricht e Lisbona, al MES e a tutte le direttive liberticide e economicide
che ci piovono dalla Commissione. Qui comunque, nel caso delle banche dati,
l’operazione ha un carattere ancora più strategico, la formazione delle nuove
generazioni, tanti piccoli alieni oggettivamente dipendenti dagli umori dei
patron privati dell’ISI e Scopus: oggi forse illuminati e liberali – è una pura
ipotesi – ma un domani chissà, o perché loro cambiano dopo aver ristretto le
maglie della rete per acchiappare tutti, o perché vengono sostituiti da altri
proprietari, ovviamente dotati del capitale privato necessario, non bazzecole,
ma miliardi di euro o di dollari, per acquistare la banca dati. Ma l’aspetto quasi-totalitario
va ben al di à di questo fatto, c’è ancora di peggio. Scopus non è un acronimo
e non è un latinismo per “obbiettivo”, è
un Monte di Gerusalemme …
CANZANO 20– Date le premesse, mi sembra un particolare del tutto
secondario
MOFFA – In parte è secondario. Ma se si entra dentro il sito di
Scopus – il sito dedicato soprattutto alle materie umanistiche - ecco l’ultima sorpresa. La banca dati è divisa
in due sottobanche, una si chiama Athens e l’altra Shibbolet. .Shibbolet è una
parola ebraica Il messaggio immediato è dunque chiaro, da una parte ci sarà la
produzione saggistica “greca” e dall’altra quella ‘ebraica’: niente ellenismo,
niente contaminazioni, e niente Roma, la civiltà romana è solo un appendice
secondaria e minore di quella greca. E niente resto del mondo, scompare la
Cina, l’Africa, la civiltà araba, tutta quella ‘rivoluzione storiografica’ alla
Barraclough su cui ci siamo formati noi storici fino gli anni Ottanta. Tutto
scompare in una visione eurocentrica dimezzata, o addirittura tribalista. E che
tribalismo …
CANZANO 21– Perché, shibboleth che vuol dire?
MOFFA – “Vuol dire” che la cultura ebraica alla Rabin, il leader e
colono sionista assassinato del 1994 dall’anima più oltranzista dell’ebraismo
israeliano, non puo’ entrare in quella sottobanca dati. E forse neppure Sharon,
convertitosi alla stessa realpolitik una decina di anni dopo. Vuol dire,
andando all’origine della parola, 42.000 ebrei efraimiti uccisi dai guerrieri
galaaditi, anch’essi ebrei. Il racconto è nel libro dei Giudici: gli efraimiti
non solo non si erano uniti alla guerra combattuta dai Galaaditi contro un
popolo gojm abitante la Terra promessa, cioè la Palestina, ma oltretutto
avevano preteso di far parte del bottino di guerra dei cugini vincitori. I
galaaditi non gradirono, e reagirono sconfiggendo in battaglia gli efraimiti.
Fuggendo, questi dovevano attraversare un fiume: i galaditi si misero a guardia
dei guadi, e a chiunque si avvicinava chiedevano di pronunciare la parola
Shibbolet. Gli efraimiti non sapevano pronunciare la sci, dicevano “sibboleth”,
un po’ come i Vespri siciliani con “ciciri”, la parola ceci che i francesi non
sapevano pronunciare. Dunque i nemici in fuga vengono tutti scoperti, e tutti
uccisi, 42.000.
Questa è la banca dati Scopus, un orrore che riflette
evidentemente le idee del suo proprietario. Forse esagero, ma trovo assurdo che
nessuno discuta di questo: tu puoi andare in un Consiglio di Facoltà, e incroci
una capretta imbecille che gioca col pallottoliere per capire se 2 + 2 fa
quattro, ma impedisce la discussione sdu questi aspetti della riforma Berliunguer-Gelmini.
Nessuno ne parla
CANZANO 22– Che fare allora?
MOFFA - Non lo so. Potrei dire, questa Italia così succube
dell’oltranzismo occidentale, che giunge persino a prendere le distanze da
Rabin, mi fa orrore e cambio
cittadinanza, o Mosca o Teheran. Ma è una battuta, preferisco augurarmi che nel
Parlamento italiano e in quello europeo qualcuno si occupi di dar vita, e
presto, a una Banca dati europea
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[1] www.claudiomoffa.it: “Incredibili dictu: Maimonide musulmano? …. “Ma appunto, nella petizione c’è di
più, e di più sconvolgente. La lettera lamenta infatti anche una seconda
decisione dell’Unesco, e cioè quella di aver sponsorizzato il convegno
internazionale di filosofia di Teheran del novembre 2010, al cui interno
sarebbe emerso un altro “terribile” caso di revisionismo, in particolare nella
relazione del giordano Adnan Badran ‘Sullo stato della scienza negli Stati
Arabi’. Chi è Adnan Badran? E cosa avrà mai detto di scandaloso? Alla prima
domanda si può rispondere in parte con i dati forniti da Wikipedia: ministro
dell’agricoltura … Badran è innanzitutto
un accademico e scienziato … Ma cosa aveva mai detto Badran a Teheran? Ce lo
dice non Wikipedia, che non cita nemmeno un’opera dello studioso giordano [2],
ma di nuovo il sito Europe.Israel.org, riportando il testo della petizione a
Irina Bokova e presentandolo con queste parole: “l’appropriazione di Maimonide
come un cosiddetto erudito musulmano deve essere (must be) corretta nel
rapporto di Adnan Badran Sullo stato della scienza negli Stati
Arabi, come un puro atto di revisionismo, visto che è provato
storicamente che Mosé Maimonide fu uno dei più grandi eruditi ebrei dell’età
d’oro spagnola, e rimane uno dei maestri del pensiero giudaico”.
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